Capitolo 3

23 22 8
                                    

La sera prima avevo infilato in cartella il resto degli appunti che potevo prestare ai gemelli Paige e durante la prima ora, quando arrivarono in classe, mi avvicinai al loro banco porgendo i quaderni.
"Questi sono gli appunti che ho tenuto finora. Come ho già detto se avete bisogno di aiuto non esitate a rivolgervi a me..."

Li guardai e loro guardarono me. Non li avevo nemmeno salutati...Che idiota. Era chiaro che non ero tagliata per i rapporti umani.
"Grazie, è gentile da parte tua." Disse Eireen sorridendo.

Accanto a lei il fratello mi guardava di sottecchi, con un'espressione seria.
Eireen guardò me, poi il ragazzo e si batté una mano sulla fronte.
"Ma certo! Che sciocca, non vi ho ancora presentati. Alzati, pigrone, ricordati un po' di buone maniere." Disse schiaffando il dorso della mano sul petto del fratello e costringendolo ad alzarsi in piedi, afferrandolo per la maglia.

Quando la lasciò, Robert guardò per un secondo la stoffa stropicciata, se la sistemò con calma, poi mi porse la mano.
Si muoveva con gesti lenti, che infondevano una certa sicurezza, ma allo stesso tempo, chissà come, erano in grado di mettermi a disagio.

"Io sono Robert, molto piacere." La voce era morbida, cadenzata e profonda come me la ricordavo.
"Jacqueline..." Mormorai.
Fui sul punto di commettere lo stesso errore fatto con Eireen a proposito del fatto che tutti mi chiamavano con il diminutivo, ma ebbi la creanza di cambiare frase.
"Ma se vuoi puoi chiamarmi Jackie."
Suonava peggio. Decisamente peggio. Era come se gli avessi permesso di chiamarmi così per avere un rapporto più confidenziale.
Dannazione!

Percepii un calore alle guance e sperai solo che non fossi diventata paonazza. Ci sarebbe mancato anche quello!
"Spero tu stia bene." Disse Robert. Ancora stringendo la mia mano.
La sua pelle era fresca senza essere necessariamente umidiccia e viscida come se stessi stringendo un pesce morto.

Mi era capitato spesso di avere quell'impressione stringendo la mano ad alcune persone.
Era morbida, grande abbastanza da avvolgere la mia ed era tanto pallida che sotto la pelle potevo facilmente intravedere il blu verdastro delle vene.
"Come scusa?"
"Parlo dell'incidente. Di ieri. Stai bene, vero?"
"Oh..." Sorrisi.
"Certo, sto bene. Non è successo niente di brutto e comunque stavi andando di fretta, posso capirlo. Non lo hai fatto di proposito."
Non rispose, scambiandosi uno sguardo con sua sorella.
Lasciò andare la mia mano.
"Già." Confermò, poi si rimise a sedere. Forse era solo una mia impressione, ma era come se non avesse molta voglia di interagire.

"Scusa mio fratello, Jackie. È un po' timido. Grazie ancora per gli appunti."
Il sorriso che mi rivolse fu enorme. Sembrò coprire il malumore di Robert, ma di certo non aveva bisogno di giustificare il suo comportamento.
Non riguardava me.
Ricambiai il sorriso e li salutai, anche se udii in risposta solo la voce della ragazza.

Mi sedetti al mio posto, da sola, a causa dell'assenza di Faith.
Non era arrivata in ritardo e non era a casa a dormire.
Un suo sms mi aveva prontamente avvisato dell'arrivo di sua cugina dell'Australia.
Avrebbe fatto un giro con lei e per quel motivo non sarebbe venuta.

Quella mattina la mia mente fu altrove, lontana dalle lezioni ed estremamente influenzata da ciò che era successo con Robert Paige.
Sentii sua sorella rimproverarlo a bassa voce prima che il professore entrasse in classe, ma a parte un lasciami in pace borbottato da lui per tutta risposta, non udii altro.
Non credevo ce l'avesse con me in particolare, perché non gli avevo fatto nessun torto.
Non ci conoscevamo neppure e poi lui mi aveva ancora chiesto scusa per avermi spiaccicata contro la cattedra. Era sembrato un perfetto gentiluomo, ma poi...
Nonostante mi fossi convinta che non era colpa mia, tutta la mattinata fu dedicata anche a quei pensieri, oltre che alle solite riflessioni sul tempo, e la noia.

The Immortality KissDove le storie prendono vita. Scoprilo ora