capitolo 8.

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[mattheo]

quando ethel andò via sbattendo la porta sospirai e lanciai la sigaretta il più lontano possibile.

mi aveva scoperto.

non volevo ammetterlo con lei presente, ma si, quello sulla torre di astronomia ero io.

"perché l'hai fatto?" mi aveva chiesto svariate volte..

in realtà non lo so, volevo avere un contatto più ravvicinato con lei, non i soliti litigi.

sin da piccoli non abbiamo fatto altro che litigare e ad iniziare ero sempre io.

era l'unico modo per averla vicino, anche se il terrore che potesse odiarmi mi tormentava ogni giorno sempre di più.

non volevo mi odiasse.

purtroppo odiavo ammetterlo, ma quella ragazza aveva sempre sortito su di me un effetto particolare a cui non sapevo attribuire un nome.

volevo sempre starle vicino, avere conversazioni con lei, guardare le sue iridi e sperare che iniziassero a brillare quanto le mie quando la guardavo, perché quando lo facevo dimenticavo tutto.

compreso il mio nome.

mio padre mi diceva sempre che un riddle non era capace di provare sentimenti al di fuori dell'odio, ma probabilmente ero stato scelto per essere l'eccezione alle regole.

il bene che provavo per quella ragazza superava ogni limite e confine.

"perché la tratti così?" mi chiedevano tutti.

ogni volta non riuscivo a dare una spiegazione, lo facevo per ricevere anche solo un minimo delle sue attenzioni.

ma perché litigandoci?

semplicemente perché se avessi approcciato con lei in modo diverso non sarei più riuscito ad allontanarmi.

e invece lei doveva starmi più distante possibile, perché quando era con me non ero più mattheo..

solo lei con quelle iridi chiare riusciva a far emergere la parte migliore di me.

solo lei e nessun'altra.

ed è difficile da ammettere, ma io avevo paura di ciò che mi faceva provare, avevo paura di lei.

paura delle emozioni che mi faceva provare anche quando era arrabbiata perché le avevo messo in disordine tutti i libri sullo scaffale semplicemente perché volevo che entrasse in camera mia, anche se per urlarmi contro.

avevo sempre sentito il bisogno di vederla ogni istante della mia vita, ma mi ero imposto delle regole da rispettare.

regole che nelle ultime ore non avevo rispettato.

quell'errore non doveva più ripetersi, se avessi sbagliato di nuovo sarei stato condannato.

tremai, tremai perché non sapevo come comportarmi ed ero terrorizzato.

perché ethel era l'unica persona capace di innescare in me qualsiasi cosa.

perché se mio padre avesse scoperto ciò che provavo quando la vedevo mi avrebbe fatto fuori.

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