Introduzione.

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❝        ( ... ) Mi chiamo Margot Duvall, sono una ricercatrice scientifica, e mi definisco una 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎𝑣𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑎 di quanto mi è accaduto.
All'epoca dei fatti narrati ero poco più che una ragazzina, ritengo che persino definirmi giovane donna sia eccessivo, poiché il fatto di aver raggiunto la maggiore età non è sufficiente per forgiarti dinnanzi a episodi di una simile intensità e gravità.
( ... ) Ricordo come ieri il giorno in cui incontrai William Baldwin per la prima volta, potrei descriverlo enunciando ogni singolo dettaglio: il giorno, l'ora, addirittura il numero dell'aula in cui ci trovavamo... la medesima in cui ancora oggi lui insegna, la medesima nella quale spesso vado ad ascoltare i suoi seminari: mi infondono sempre uno strano senso di sicurezza, come se fossi a casa. Ciò che non avrei mai potuto immaginare è come si sarebbe evoluto nel tempo quel primo, insignificante incontro: il nostro rapporto, le malignità, i provvedimenti per una colpa, un peccato, del quale non ci eravamo mai neppure macchiati...

Ho scritto questo libro spronata dal mio mentore che tempo fa mi fece capire quanto sia importante possedere una voce se la si può utilizzare per aiutare gli altri, ho scritto questo libro nella speranza d'esser d'aiuto a chi vive situazioni simili.

Cari lettori: benvenuti nel mio inferno personale.       ( ... ) ❞

***

E infatti ancora se la ricordava, Margot, la prima volta che si erano visti, e mai l'avrebbe dimenticata. Era stato un incontro che non aveva avuto davvero nulla di speciale, né tantomeno di romantico, ma al contrario, era stato pessimo e con toni a dir poco ostili.

Era un lunedì, un primo pomeriggio per la precisione, nonché primo giorno alla Columbia per la giovane, emozionantissima e assolutamente smarrita in quel dedalo di corridoi. Essendo appena arrivata non sapeva dove andare, sapeva solamente che la sua prima lezione sarebbe stata letteratura britannica e che si sarebbe svolta dalle 15:30 alle 17:30 in un'aula della quale aveva già dimenticato il numero... chissà dov'era!

Inutile dire che alle 15:30 la matricola Duvall si trovava sì alla Columbia, ma non nell'aula in cui era attesa, anzi! Girovagava tra i vari corridoi come un'anima in pena chiedendo a questo e a quello se avesse una minima idea di dove si tenesse il corso in questione.
❝ Letteratura britannica con chi? ❞
Le aveva domandato una signora che aveva tutto l'aspetto di una docente, non molto lontano dalle scale del secondo piano.
« Qui c'è scritto Baldwin. »
Aveva risposto lei, ignorando totalmente l'identità che si celava dietro quel cognome senza volto inciso con inchiostro nero su carta, ignorando addirittura che, un giorno a distanza di qualche anno, quel cognome sarebbe potuto appartenere anche a lei. La docente sconosciuta fece un'espressione quasi timorosa, arricciando le labbra.
❝ Oh, non ricordo l'aula precisa di William questo semestre, ma posso dirle che è totalmente in un'altra ala... Le conviene correre, odia i ritardatari! ❞
E già da lì Margot avrebbe dovuto intuire che il suo capitolo alla Columbia non stava cominciando affatto bene. Fortunatamente si ricordò di avere una mappa del campus nella sua borsa, e così la prese per cercare di raccapezzarsi in quel posto immenso, per cercare di capire dove si trovasse l'aula di questo fantomatico professor Baldwin.

Odiava i ritardatari, le aveva detto la professoressa, Margot se lo immaginava già dunque come un vecchio barboso che aveva perso il gusto per la vita già da diversi anni... dopotutto già dal nome si capiva: uno che si chiamava William Baldwin non poteva che essere un vecchio professore annoiato.

***

L'aula non era molto grande, al contrario, avrà potuto ricevere al massimo una cinquantina di persone alle quali erano indirizzati dei banconi stipati a mo' di anfiteatro, a scala, quasi tutti già occupati. Margot era consapevole del suo ritardo, ma non essendo sicura di essere entrata nell'aula giusta aveva avanzato con passo insicuro, titubante, come in attesa di sentire una conferma a proposito del fatto che quelle fossero proprio l'aula e la lezione di Baldwin.

Una cosa, però, la colpì nel momento in cui aveva varcato la soglia trovandosi davanti la cattedra adagiata su un piedistallo per far sì che potesse essere più alta: colui che vi stava dietro.
Non era affatto il vecchio barboso che si era immaginata per tutto il tragitto, assolutamente: era un uomo giovane, dai fluenti capelli biondo cenere, un accenno di barba incolta e profondi occhi blu; accidenti, era tanto bello che per un momento la fanciulla aveva dimenticato il posto in cui si trovava.
Le venne un dubbio: poteva mai, il professore del corso, essere così giovane? Sarà stato mica un assistente del reale professor Baldwin, intento ad annoiarsi chissà dove? Margot non riusciva a capire come fosse possibile che un uomo tanto piacente e carismatico potesse trovarsi dietro la cattedra di un college, non aveva mai immaginato i docenti universitari con quell'aspetto!

❝ Signorina, lei è già in ritardo di ben venticinque minuti, non so... va a sedersi oppure mi deve anche fare interrompere la lezione? Come si chiama? ❞

E con questa semplice frase, William Baldwin aveva appena spezzato tutta la magia. Solo in quel momento Margot si rese conto di essere rimasta imbambolata a fissarlo davanti alla porta dal momento in cui era entrata nell'aula, provando immediatamente un enorme imbarazzo.

« Pardon. Margot Duvall. »

Aveva detto rapidamente e biascicando, avviandosi verso il primo posto libero che le veniva davanti, senza accorgersi di aver risposto di riflesso in francese sebbene non si trovasse più a Parigi. Il professor Baldwin borbottò qualcosa, e Margot fu quasi sicura che fosse un commento poco carino sui francesi.

Era vero, William Baldwin era decisamente affascinante, ma gli era bastato aprire la bocca per perdere immediatamente tutto il suo fascino. Non fu bella la prima idea che Margot si era fatta di lui: okay, bello, ma il palo dal culo ogni tanto te lo potresti anche togliere.

Scandalumbia ─ Cronache di uno scandalo mai avvenutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora