IV

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Il punto di rottura era arrivato con una tazza di tè.

O piuttosto, con la sua assenza.

Non era possibile registrare il passaggio del tempo nel biancore glaciale del Paradiso, nelle lustre prospettive vuote che si spandevano a perdita d'occhio e che pungevano Aziraphale con un disagio sottile come un ago.

Dunque non aveva precisa contezza di quanto tempo fosse trascorso, dall'ultima volta che aveva potuto bere una tazza di tè in pace.

La maggior parte del tempo lo aveva passato trincerato negli archivi.

Data la sua prolungata missione sulla Terra, aveva molto da recuperare. Millenni di rapporti arretrati, di progetti da consultare, piani da rivedere.

Pazienza se in realtà, al contrario del mondo materiale, quello etereo non era effettivamente cambiato in nulla negli ultimi seimila anni.

Gli era sembrata una buona scusa per prendere tempo e restare da solo, mentre cercava di riprendere dominio di sé.
C'era anche una sorta di ironica, amara simmetria, nell'approfittare della scrivania vacante di Muriel mentre lei si trovava nel suo negozio. Ma questo era un dettaglio su cui Aziraphale non si soffermava.

Il pensiero della libreria riapriva uno squarcio su ciò che era accaduto negli ultimi istanti prima di lasciare Londra.

Appena era arrivato, Aziraphale aveva cercato di tenersi nei pressi della grande riproduzione del globo terrestre fatta per monitorare gli avvenimenti sulla Terra. Poter alzare gli occhi e vederla lì, a ruotare pigramente sul proprio asse, gli dava l'illusione di mantenere un punto di contatto; di non aver ancora reciso tutti i legami.

Ma vedere i giorni passare una inesorabile rotazione dopo l'altra, solo per avere un tuffo al cuore ogni volta che il sole toccava le Isole Britanniche, gli era diventato presto insopportabile.

Aziraphale aveva cercato l'unico rifugio che le sale sconfinate del Paradiso potessero offrirgli: i libri.
E i libri non l'avevano tradito.

Aziraphale vi si era buttato a capofitto, divorando con la medesima avidità interminabili verbali e rapporti di cancelleria, inventari, copie di dispacci e resoconti di riunioni avvenute migliaia di anni prima.

...Sapeva che negli archivi dovevano essere contenuti in bell'ordine, opportunamente editati e confezionati ad usum Paradisi, anche tutti i suoi rapporti ufficiali.
Aziraphale non li aveva cercati.

Aveva letto ininterrottamente finché tutte le parole avevano cominciato ad appiattirsi in un unico rumore bianco; e anche dopo, aveva continuato a leggere.

A un certo momento, tuttavia, aveva cominciato a desiderare una tazza di tè.

Non che Aziraphale avesse sete; nè che sentisse freddo.
Non esattamente.
In Paradiso non esisteva nessuna delle due cose.

Ma a un certo punto, mentre era immerso nella lettura di un rapporto relativo alle operazioni di ripristino post - diluvio, la sua concentrazione aveva iniziato a mostrare delle crepe.
La prima cosa abbastanza piccola da insinuarsi in quelle crepe era stata la voglia di bere una tazza di tè. 

Naturalmente, in Paradiso era impossibile trovare qualcosa del genere.

Non c'era nulla di materiale, niente che fosse cresciuto dalla terra, avesse assorbito la pioggia o fosse maturato al sole; niente che potesse consumarsi, alterarsi, o corrompersi.
Crescere.

Il suo piccolo desiderio di un tè caldo, però, rifiutava di farsi ignorare.
Aziraphale aveva provato a dirottare il pensiero con altre distrazioni.

Si era allontanato dalla scrivania per camminare un po'; ma la deprimente teoria di luci bianche tutte uguali glie ne aveva tolto presto la voglia.

Aziraphale conosceva a memoria migliaia di poesie. Un tempo, ripetersele a mente gli teneva compagnia.
Adesso, però, ciascuna gli ricordava le pagine delle sue edizioni preferite; quelle riprodotte a stampa; quelle manoscritte; i frammenti conservati su pergamena o arrotolati in antichi fogli di papiro.
Ora, ogni verso lo riportava alla libreria. E osì Aziraphale aveva lasciato da parte anche le poesie.

Aveva provato con la musica. Si era messo a canticchiare a mezza voce uno dei suoi brani preferiti di Clara Schumann.
"Più sono costretto ad ascoltarti, angelo, e più mi chiedo a chi diamine sia venuto in mente che cantare come un angelo potesse essere un complimento."

Il ricordo trapassò Aziraphale come una scarica elettrica.

Per qualche istante rimase immobile, il tempo di imporre al cuore di smettere di tremare.

Una volta, davanti alla granitica sicurezza di Gabriel, aveva confessato a se stesso di essere troppo tenero. Troppo esitante; troppo molle e insicuro.
Era stata un'ammissione di sconfitta, all'epoca.
Non era mai potuto essere come gli altri angeli; Aziraphale non avrebbe mai avuto quella risolutezza.

Aziraphale richiuse il volume aperto davanti a sé, e con un gesto lo ripose al suo posto negli archivi.

Inspirò profondamente. Il suo cuore ancora non taceva. 

"Michael!" chiamò.

La sua voce non aveva il timbro chiaro di un Arcangelo.
Non l'avrebbe avuto mai, pensò Aziraphale con un misto indefinibile di frustrazione e indocile orgoglio.

Quando Michael gli si presentò davanti con malcelata insofferenza, Aziraphale lo accolse rivolgendogli il proprio sorriso più soave e impenetrabile.

"A proposito dell'avanzamento delle operazioni," esordì in tono amabile. "Desidero comunicarti che considero conclusa la prima fase istruttoria, qui... nelle retrovie." Fece un cenno col capo simulando soddisfazione. "Per il momento, temo proprio non ci sia nient'altro che mi sia possibile apprendere negli archivi."

Michael rimase in ascolto, ma sentir definire il Paradiso le retrovie non mancò di disegnare una piccola smorfia sul suo volto, e di dare ad Aziraphale un piccolo vendicativo piacere.
Raddrizzò la schiena, studiandosi di imitare l'atteggiamento tronfio di Gabriel.

"Perciò, per completare le indagini preliminari," annunciò, "stabilirò la mia sede operativa più vicino alla prima linea."

"Che cosa vorrebbe dire la prima linea?" chiese Michael con voce acuta.

"Sarò al piano di sotto," chiarì Aziraphale, mentre già oltrepassava Michael con un cenno della mano. "Vi manderò conferma appena avrò individuato la sede adeguata!"

Michael boccheggiò, strabuzzando gli occhi. "Il Metatron ne è stato informato?!"

"Hai ragione, Michael, quasi dimenticavo!" gridò Aziraphale già da dentro l'ascensore. "Vorresti essere un tesoro e provvedere a comunicarglielo tu?"

Mentre le porte si richiudevano come un sipario sulla faccia indignata di Michael, Aziraphale aggiunse un giulivo "Grazie mille!"

Per la prima volta dopo molti mesi, sentì qualcosa di simile a un genuino sollievo alleggerirgli le spalle.

Non aveva la minima idea di cosa si sarebbe inventato, una volta tornato sulla Terra; o di cosa avrebbe fatto, se avesse incontrato...

Scrollò la testa e si costrinse a non pensarci. 

Inspirò profondamente mentre si sistemava la giacca, davanti alle porte dell'ascensore che si riaprivano.

"Prima di tutto: un tè," si disse; e uscì sul marciapiede affollato.

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