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In retrospettiva, avrebbe dovuto aspettarsi di trovare Aziraphale nel centro dei singolari eventi di quella primavera.

Crowley, che in quel momento si trovava a Roma, aveva cominciato ad interessarsi alla vicenda per via degli accenni sempre più fitti che comparivano fra la corrispondenza vaticana.

(La visita agli archivi della cancelleria papale era per Crowley una tappa fissa nelle occupazioni della settimana: ne usciva portandosi dietro pacchi di lettere provenienti da ogni angolo del mondo, che poi sfogliava pigramente stravaccato in riva al Tevere, sorbendo vino all'ombra dei platani. All'epoca, rappresentavano la sua fonte preferita per comporre i rapporti da inoltrare Di Sotto, nonché per i pettegolezzi).

Lungi dall'interessare solo le segreterie di corte, però, la storia della ragazzina che in nome di Dio aveva preso le armi per il Re di Francia accendeva la fantasia di tutti; voci sempre più inverosimili si rincorrevano nelle osterie e sui sagrati, fra i monelli nei vicoli e le donne nei mercati.

"Una pischella a comandare l'esercito. Ha! Se butta male, dal re ci mando mi' socera!"

"C'è poco da ridere. Un fatto del genere, contro la legge, contro il buonsenso e la consuetudine fomenterà ribellione e caos. Se davvero la manda Dio, è per punire l'arroganza dei Francesi."

"Eppure l'hanno interrogata, sai? Esaminata e messa alla prova in tutti i modi, e non gli è riuscito di prenderla in castagna."

"Avrà un diavoletto a bisbigliarle all'orecchio."

"Quella povera famiglia. Che vergogna. Dicono che si è tagliata i capelli, che racconta di parlare con gli angeli."

In capo a un paio di settimane, Crowley aveva ceduto alla curiosità ed era partito alla volta del regno di Francia.
O di quel che ne restava.

°°°

Da quando Crowley aveva messo piede in territorio francese, le voci, anziché quietarsi, erano aumentate; e per quanto si affrettasse verso Nord, gli eventi sembravano susseguirsi più veloci di quanto fosse possibile raccontarli.

La fanciulla conduceva l'esercito verso la città assediata di Orléans, no, l'aveva liberata; era stata trapassata da una freccia, no, era sopravvissuta a un colpo mortale a Jargeau e già guidava l'avanzata su Beaugency, sventolando lo stendardo bianco come un vessillo angelico.
Era un'adolescente esile come un giunco, portava le armi e cavalcava come un soldato; era una contadina ignorante, teneva testa ai teologi perché Dio ha un libro che nessun dotto ha mai letto; brandiva la spada, non aveva mai versato sangue, piangeva confortando i nemici morenti, scriveva al re d'Inghilterra lettere di fuoco.

Quando finalmente raggiunse l'esercito accampato, Crowley aveva pressoché la certezza di trovarci il proprio nemico ereditario.

Si trattava dell'accampamento militare più bizzarro del mondo, pieno di donne con i bambini in collo e risuonante di inni sacri; nell'aria aleggiava una tale devozione che Crowley quasi ne aveva l'orticaria.

Ed eccolo lì Aziraphale, mescolato al nugolo di ecclesiastici che accompagnavano la Pucelle come un coro angelico. Portava un saio monacale; ma in mezzo a tante figure identiche spiccava l'aureola dei suoi capelli impossibilmente biondi, illuminata dal sole radente del tramonto.

Crowley aveva appena posato gli occhi su di lui che Aziraphale alzò lo sguardo a propria volta, come si fosse sentito chiamare; e nel vedere il demone il suo viso si illuminò.

Gli corse incontro con tale slancio che Crowley si fermò, confuso, sui propri passi.

"Non posso crederci, stavo pensando a te," rise l'angelo senza fiato, appena lo raggiunse; e gli occhi gli brillavano di una tale luce che, per un momento, anche il respiro di Crowley inciampò in un improvviso affanno.

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