VI

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A Muriel era occorso tempo, prima di rendersi conto che la libreria era tutta avvolta da una trama di piccole benedizioni.

Una, la più evidente, serviva a proteggere la soglia; un'altra assicurava che certe bottiglie allineate nel retrobottega non restassero mai vuote.

Una serviva a togliere istantaneamente l'appetito a topi, tarme e tarli.

Poi c'era quella che aleggiava intorno al sofà in fondo al negozio, che anche nelle giornate più fredde era sempre tiepido, soffice e impercettibilmente odoroso di tè e di bergamotto.

Inizialmente, Muriel non ci aveva badato.

Il solo fatto di trovarsi sulla Terra la stordiva come un caleidoscopio troppo colorato: in confronto alla perfetta uniformità del Paradiso, era quasi vertiginoso.

Quell'immenso nugolo di individualità minuscole, esseri umani e oggetti, animali e piante, vorticava trascinato avanti dallo scorrere del tempo come da un fiume impetuoso.

Muriel iniziava appena ad abituarcisi, quando era stata calamitata dai meravigliosi contenuti della libreria!

Nessuno l'aveva avvertita che gli oggetti potessero avere un'anima.

I libri erano come persone, ma assai più accessibili per uno scriba di 37° livello senza alcuna esperienza sulla Terra.

Non si spazientivano, per dirne una; e non si spaventavano.

Non ce n'era uno uguale all'altro; e mentre alcuni le parlavano delle cose del mondo, moltissimi altri raccontavano di cose che non erano più, o che non erano state mai, oppure parlavano di altri libri, oppure di niente affatto, inanellandole davanti rosari di parole che avevano il sapore dell'alba e il colore di rintocchi di campane, e il cui suono sulla lingua le faceva correre lungo la schiena brividi di piacere.

I libri erano pieni di vita ed immortali, multiformi eppure immutabili, erano diversi e contraddittori ma facevano tutti parte di un unico, ininterrotto discorso; un lungo dialogo sussurrato, che l'umanità intratteneva con se stessa fin dalla creazione.

Muriel era caduta nei libri, e i libri l'avevano accolta benignamente.

Grazie a loro, poco alla volta sentiva di prendere confidenza con gli esseri umani; e dopo aver letto uno dopo l'altro tutti i volumi della libreria, si sentiva pronta a navigare il mondo esterno.

Tutti i volumi... O quasi.

"Pensavo che ormai fossimo amici," mormorò, aggrottando le sopracciglia di fronte allo scaffale nascosto in fondo al negozio.

Era un vecchio mobile scuro, che Muriel non aveva notato immediatamente, tanto pareva rintanato dentro una nicchia nella penombra. I suoi scaffali, che andavano da terra fino al soffitto, erano quasi curvi sotto il peso di file e file di volumi.

Alcuni erano rivestiti di cuoio, altri di tessuto sbiadito dal tempo; ma su nessuna delle loro coste comparivano un nome o un titolo.
Aveva provato a prenderne uno per studiarne il frontespizio; ma aveva scoperto che non aveva alcuna intenzione di separarsi dalla scaffalatura.

Aveva provato a sfilarne un secondo, e poi un terzo; niente da fare.

Perplessa, Muriel si era fermata un istante a riflettere.

Non era da lei insistere.
Forse quei libri non desideravano essere letti.

Si era guardata attorno per qualche momento, in cerca di qualcos'altro che potesse attirare il suo interesse; ma aveva ormai letto tutto ciò che era possibile leggere dentro la libreria, compresi due vecchi elenchi telefonici, dieci menu del ristorante cinese in fondo alla strada (rivelatisi, a un attento esame, tutti identici), e un fascicoletto scritto a caratteri fittissimi che si dichiarava manuale di istruzioni per un Commodoro.

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