II

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"L'amore è fiducia."

Mentre sul sanguinoso Golgota saliva lenta la luna, così aveva parlato quella donna disfatta ai piedi della croce.

Se ne erano quasi tutti andati, ormai.

Prima i curiosi; all'avvicinarsi della sera si erano ritirati chiacchierando, ritornando pacifici ai propri affari.

Poi, uno dopo l'altro, esitanti e come storditi, si erano ritirati i seguaci che erano venuti ad assistere. Il loro cuore era pesante, e ottenebrato dal dubbio, e camminavano come in sogno.

Alla fine, poche persone erano rimaste nella notte a vegliare, in attesa; finché un uomo era arrivato trafelato, ad annunciare a labbra strette che Pilato aveva accordato il consenso.

E così, con infinita tenerezza, come sollevando un bambino dalla culla lo avevano tolto dalla croce. E come un bambino lo avevano deposto in grembo a quella madre.

"L'amore è fiducia," aveva sussurrato, quando alzando il volto rigato di pianto aveva incontrato gli occhi di Aziraphale.

E Aziraphale fra le lacrime le aveva sorriso, annuendo sopraffatto.


"...fiducia," aveva ripetuto a bassa voce Crowley, mentre lentamente si incamminavano verso Gerusalemme.

"Sì," aveva replicato Aziraphale in un soffio.

"Lui sapeva cosa sarebbe successo."

"E lei sapeva che lui lo sapeva," sospirò Aziraphale.

"Eppure ha scelto di farlo ugualmente," mormorò Crowley fra i denti. "Cosa pensava ne sarebbe stato, di quelli che lo amavano?"

"Non lo so," aveva sussurrato Aziraphale guardando la strada bianca snodarsi davanti a loro come un nastro. "Avrà sperato che avrebbero avuto fiducia. E che l'avrebbero perdonato."

Crowley aveva fatto una smorfia. "Sarebbe questa, la fiducia di cui parlava quella donna? Comodo."

"No, credo di no," aveva scrollato il capo Aziraphale, sentendosi oppresso come se quella madre di dolore fosse ancora davanti a lui. "Io credo parlasse della propria fiducia. In suo figlio. Ed anche in Dio."

"Uno potrebbe pensare che a quest'ora le dovrebbe essere passata la voglia," uscì detto a Crowley con un rigurgito così rabbioso che Aziraphale si strinse nelle spalle.

"Ma proprio in questo sta la fiducia, no?" provò a dire. "Resistere quando è messa alla prova."

Crowley aveva bofonchiato qualcosa in cui Aziraphale avrebbe giurato di distinguere il nome di Giobbe, ma non aveva risposto.

Per un poco camminarono in silenzio, guardando le mura della città disegnarsi nel chiaro di luna.

"Non hanno prova che Dio li ama, e quindi devono crederlo e basta," disse Aziraphale rivolgendo il viso verso il firmamento.

"E tu ci credi, angelo?" aveva chiesto Crowley a bruciapelo.

I suoi occhi gialli ardevano nella notte.

Aziraphale aveva trattenuto il fiato.

Non doveva essere sorpreso di sentirlo così chiaramente.
Eppure lo era.

Sorpreso, e anche sicuro.

"Sì." aveva risposto.

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