19. Falò bollente.

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È bruciò anch'essa,
infondo il male
è sempre stato più...
attraente.

Il cielo terso, spento sotto lo sguardo innocente della terra mentre viene lentamente divorata da quel buio che tanto spaventa le anime buone. Corro, tra l'alternarsi delle luci soffuse dei lampioni che si alternano al buio, fino ad arrivare alla porta di casa. Nonostante il tempo sembri in tempesta... il falò resta comunque programmato e la cosa so che porterà parecchi dissesti, amo il caos, è la mia confort zone.

Mi fiondo alla porta di casa, inserisco la chiave, la giro tre volte in senso orario ed ecco che entro; mi dirigo in camera, prendo una camicetta leggera ed un pantalone in jeans chiaro, abbastanza strappato sulle ginocchia; amo l'aria che mi rinfresca le gambe.

Mi allungo, apro un cassetto della scrivania ed ecco che tutta l'adrenalina nel mio corpo si ferma, osservo quel sacchettino trasparente, la marijuana è ancora qui, quasi me n'ero dimenticato. La osservo mentre un sorriso divertito e consapevole mi tagli le guance in maniera sublime.

L'afferro e la infilo intasca con una mossa fulminea, in modo da non poter far notare a nessuno nulla di strano, per quanto io mi trovi in casa solo; non si sa mai insomma. Mi guardo da un parte all'altra in cerca dell'intimo e dei calzini. Corrugo la fronte rendendomi conto solo ora che... le mutande polite sono nel cassetto del comodino e non sparse per la camera.

- Dove hai lasciato la testa stamattina? Ah, di certo non nel comodino – Mormora una voce nella mia testa mentre mi lascio scappare un sorriso divertito da questa mia stupidità inaspettata.

Apro il cassetto e tiro fuori una mutanda ed un paio di calzini, tutto bianco lo sfondo della camicia floreale.

M'infilo nel bagno lasciando i vestiti sulla tazza del cesso chiusa, entro in doccia ed ecco che piccole e soffici goccioline d'acqua tiepida mi bagnano il corpo, allungo la mano al pomello roteandolo verso il puntino azzurro.

Gelo, freddo, ghiaccio si scontrano sulla mia pelle bollente e rovente; per tenere a bada il diavolo serve acqua gelida come quella dei poli, come l'oceano che alloggia gli iceberg. Le gocce mi scorrono lungo la pelle scivolando lentamente lungo le cosce e fino ai piedi. Chiudo gli occhi mentre la voce distrugge in mille pezzi quel silenzio assordante.

"Mike!" Sussurro con voce tremante.

"Papà" Borbotto con voce più piena ed acuta mentre il diaframma trema sotto la pelle e lo stomaco mi si contrae. La faccia dell'uomo, gli occhi mi si spalancano.

Chiudo l'acqua passandomi lo shampoo ed il bagnodoccia in modo da profumarmi al meglio; il mio respiro è affannato, frettoloso, veloce, non ha costanza mentre quel suo viso così beffardo mi riappare nella mente molto più vivo di quanto non fosse questa mattina in negozio. Ruoto nuovamente il pomello e l'acqua torna a scorrermi lungo il corpo lasciandomi quella leggera sensazione di benessere contrastata dalla visione che mi ha scosso il corpo.

Esco dal box doccia ed ecco che il mio riflesso prende vita su quello specchio così immenso da riprodurmi nei minimi dettagli, odio guardarmi, odio osservarmi; ogni volta che guardo quei miei occhi... non posso far altro che odiarli, volerli distruggere. La realtà è che le mie pupille sono esattamente dello stesso colore di quelle di Mike e di Papà, quel grigio, quella luce che sembra nascosta dalle tenebre e dai mille lucchetti che incatenano i segreti che mi porto addosso.

Mi vesto il più velocemente possibile dirigendomi fuori dalla stanza per lasciare ogni cosa a terra sul pavimento del bagno, lascio una carezza amorevole a Rión ed esco di casa.

Mi dirigo verso il garage, la mia auto è già parcheggiata nel vialetto, solitamente la usa mamma ma... vedo che oggi non le è servita quindi... ne approfitto per poterla utilizzare io. Inserisco le chiavi ed ecco il che si accende, sistemo il sedile e gli specchietti, dopo di che metto in moto.

Kiss me once moreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora