Capitolo 5

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Quella mattina ero parecchio agitata.
Sarei dovuta andare a scuola, andare a lavoro, trovare un regalo per Melissa e trovare un vestito per me.

Non indossavo mai vestiti, non mi consideravo una brutta ragazza, ma non mi trovavo a mio agio nel mostrare il mio corpo.

Soffrivo per questo, ci ho sofferto per tutta la vita, mi sono sempre paragonata alle altre e mi chiedevo solo: "Perché non io".

Sin da piccola ho avuto una vita diversa dalle altre mie compagne...Loro pensavano a cosa mettersi per uscire il pomeriggio, io a farmi soldi per pagare le cure di mia sorella e per badare a mia nonna.

Le mie compagne erano sempre calcolate, sempre amate, sempre in compagnia, sempre invidiate e copiate.
Io ero un'emarginata, con le gambe corte e i capelli neri come la pece, con due occhi taglienti e un passato troppo turbolento.

Tuttavia, crescendo, le cose iniziarono a scivolarmi addosso, non mi importava più se nessuno mai mi avesse amato, se nessuno volesse stare in mia compagnia e se a nessuno interessava di come stessi.

Ho imparato a lottare da sola, a pensare solo alle cose importanti, ho imparato a crearmi una corazza, a dare alla gente ciò che si aspetta da me, ho imparato a non soffrire, a essere indifferente, ho imparato a sopravvivere.

Nel corso degli anni mai mi sono sentita viva come quando sfogo ogni mio pensiero in un solo pugno.
Il dolore fisico è l'unica cosa che mi fa provare qualcosa, è l'unica cosa per cui riesco a capire che effettivamente sono viva anch'io.

Con questi pensieri posai la lama sul lavandino e rivoli di sangue iniziarono a colare dalle mie cosce.
In silenzio entrai in doccia, non piangevo, non l'avevo mai fatto, stringevo solo i denti e...sopportavo.

Mi succedeva spesso di non voler nemmeno uscire di casa, e oggi era un giorno di questi.
Spesso l'apatia mi prendeva e mi divorava, così come la voglia di non fare niente.

Ma avevo dei doveri da rispettare perciò mi sbrigai e andai a scuola con Melissa.
Non sarei rimasta ferma a aspettare che la vita mi mangiasse viva, non l'avrei più fatto, avrei reagito e lottato con i denti e le unghie contro me stessa.

Sperai con tutta me stessa che la barbie rimanesse a casa ancora un po' con il suo naso rotto, perché oggi non l'avrei assolutamente tollerata.

Le prime ore fortunatamente passarono in fretta, ma quando in classe calò il silenzio e vidi Drake entrare con il suo metro e 90 capii che la fortuna non era proprio dalla mia parte.

Distolsi lo sguardo disinteressata e continuai a scarabocchiare fin quando lo strisciare di una sedia accanto a me non mi risvegliò dai miei pensieri...

Drake si era seduto vicino al mio banco, probabilmente non c'erano più altri posti e era costretto a mettersi lì.

Lo ignorai e lui fece lo stesso.
Gli lanciai qualche occhiata e mi meravigliai di quanto fosse stranamente familiare.

La sua bocca piena era avvolta su una penna nera mentre guardava con disinteresse il professore.
Aveva la schiena ampia poggiata sullo schienale della sedia e una gamba era sopra l'altra.
Tutte intorno sembravano mangiarlo con gli occhi, patetiche.

Mi girai e continuai a disegnare per alleviare il fastidio che mi recava la sua vicinanza.
Sentii Drake avvicinarsi e quando il suo profumo mi avvolse quasi chiusi gli occhi.

"Mi stai disturbando, sta ferma con questa penna" sussurrò vicino.
"Lo dici solo per rompermi il cazzo, lasciami stare non stai nemmeno seguendo" dissi acida.
"Celine, mi stai disturbando, sta ferma ho detto" lo sentii prima sospirare.
"Cambia posto" dissi facendo spallucce e continuando a disegnare.

Una presa mi avvolse il braccio e in un batter d'occhio fui scaraventata fuori su un armadietto.
"Non ti piace proprio ascoltare eh bambinetta"
disse con un sorriso.
"Ma che cazzo...Tu sei pazzo fammi subito tornare in classe!" continuai a muovermi fin quando non si fece più vicino e mi schiacciò con il suo corpo.

"Non ti ascolto, come tu non hai ascoltato me" si incamminò verso il mio orecchio e le sue labbra bollenti pronunciarono queste parole.
Stetti per rispondere quando alzò il suo sguardo e i suoi occhi verde cristallo, quasi grigi,  si conficcarono dentro i miei.

Una scossa di brividi mi passò per tutta la colonna vertebrale come un fulmine quando la sua mano prese a accarezzare e a giocare con i miei capelli.

"Perché continui a starmi vicino" decisi di domandargli.
Dopo attimi di silenzi pensai che non avrebbe risposto e quando lo scansai per andarmene, la sua voce mi bloccò.
"Mi assomigli, lo capisco dallo sguardo" disse in un sussurro quasi impercettibile e che pensai di essermi immaginata.

Alzai immediatamente lo sguardo e in quei due occhi magnetici rividi il bambino che amava stare solo con me.
Lo stesso parve farlo lui quando la fronte si aggrottò e le mani si fermarono.

La campanella suonò risvegliandoci da qualsiasi pensiero, e con un ultimo sguardo se ne andò, perdendomi di vista ancora una volta.

Uscita da scuola mi accesi la mia amata Winston blu
e mi diressi verso il mio appartamento pronta per farmi una doccia veloce e andare a lavoro.

Arrivai puntualissima ma di Drake non c'era traccia, per fortuna.
Ad accogliermi c'era la ragazza del giorno precedente che, da quanto ho capito, si chiamava Alyssa.

Le rivolsi un sorriso educato e lei mi rispose che a momenti avrei avuto un appuntamento dato che Drake avrebbe fatto ritardo.

E così fu.
Pochi minuti dopo arrivò un ragazzo con dei tatuaggi sparsi qua e là che chiese di Drake.

"Oggi sarò io la tua tatuatrice, Drake è in ritardo."
"Celine" gli rivolsi la mano che lui strinse prontamente e ci dirigemmo verso la stanza.

Il ragazzo, Cole, voleva un tatuaggio davvero grande sulla gamba, tant'è che sarebbero servite due sedute.
"Sei nuova? Non ti ho mai vista qui" disse mentre preparavo il tutto.

"Già, Drake mi ha assunto ieri" risposi io.
"Strano, solitamente è una persona parecchio selettiva" disse alzando di poco le labbra.

"Beh, sono brava" feci spallucce in modo sarcastico
"E anche modesta" disse sta volta sorridendo.
Sorrisi anch'io e passammo molto tempo in silenzio, anche se con quelle poche chiacchiere scambiate sembrava un ragazzo davvero simpatico e apposto.

Avevo finito la seduta di oggi e mentre feci per alzarmi un capogiro mi prese all'improvviso.
Le mani di Cole mi presero prima che potessi inciampare e una porta spalancata mi fece risvegliare.

"Celine" disse duro Drake
"Che state facendo" domandò a denti stretti.
"Lavoro? Ho appena finito la seduta di oggi per il tatuaggio di Cole, dato il tuo ritardo." dissi parecchio confusa dal suo tono di voce.

"Vieni con me" si rivolse a me Drake
"Ora." e così uscì dalla stanza.
"Cole arrivo tra un attimo" dissi al ragazzo che guardava con la bocca aperta.

"Allora che vuoi?" dissi a Drake una volta uscita.
"Ti ho assunta per lavorare, Celine, non per fare la gatta morta con i miei clienti e i miei amici." disse prendendomi per un braccio.

Ero altamente indignata da ciò che aveva detto.
"Cosa? Ma come ti permetti io stavo lavorando al posto tuo e di certo non ho fatto la gatta morta con nessuno." dissi incazzata al massimo e levandomi dalla sua presa.

"Le sue mani sui tuoi fianchi dicevano altro" disse con gli occhi rivolti in due fessure.
"Se proprio vuoi saperlo, Ken, la testa mi girava e lui mi ha preso prima che inciampassi, non so a che persone sei abituato, ma di sicuro io non sono tra quelle." e cosi me ne andai pronta per ripartire e cercare un regalo e un vestito.

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