𝐕𝐄𝐍𝐓𝐈𝐂𝐈𝐍𝐐𝐔𝐄

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Madison si svegliò verso le dieci e mezza del mattino. Lei e suo padre erano arrivati tardi da Parigi, quindi aveva avuto solo il tempo di indossare il pigiama ed era crollata a letto.
Si rese conto, mentre rientrava nel mondo reale, di aver perso la seduta d'allenamento di quel giorno, fissata al mattino, e quindi se la prese comoda facendo colazione scrollando Instagram al tavolo da sola — nemmeno nei migliori sogni le era capitato di essere in casa almeno un attimo per conto suo.

Dopo che ebbe lavato le stoviglie usate per preparare la colazione, si ritirò in bagno a sistemarsi e poi si vestì, quindi pensò di sfruttare quel tempo per recuperare le lezioni perse il giorno prima: diede un'occhiata agli appunti che la sua compagna di corso Blanca le aveva gentilmente fornito, in modo che si tenesse al passo sul libro: lesse e sottolineò i capitoli trattati alle lezioni del lunedì, e verso l'una rincasarono tutti, cosicché pranzassero insieme.

«Ora che siamo qua tutti riuniti, - intervenne ad un certo punto suo padre - vorrei dirvi una cosa.»

Madison gli lanciò un'occhiata, perché già sapeva che suo padre doveva parlare ma non aveva idea che lo facesse senza preavviso. Tenne la forchetta a mezz'aria, mentre anche sua madre e gli altri due figli lo guardarono con confusione e un po' di preoccupazione. Ma nessuno fiatò.

Così lui riprese:
«Sono andato a Parigi prima perché avevo un colloquio con degli intermediari del Paris Saint-German.»

Pacho tossì.
«Tu cosa?»

Madison era senza parole.
«Ma perché?»

«Mi hanno offerto la panchina del PSG. - spiegò il padre, percependo la tensione e, quasi sicuramente, la disapprovazione da parte della famiglia. Insomma, mancava un mese al mondiale, e avviare una trattativa, al momento, era impensabile oltre che ingiusto - Hanno offerto due anni con opzione del terzo a otto milioni netti.»

«E tu hai rifiutato, mi auguro.» si fece sfuggire Sira, che non nascose il fatto che non le piacesse la proposta.

Luis Enrique naturalmente annuì.
«Ho rifiutato, sì. Mi sono preso un incarico importante con la Nazionale e non ho intenzione di abbandonarlo, specie ora che i Mondiali sono alle porte. Ho gentilmente declinato l'offerta dicendo che, semmai ce ne fosse l'occasione, se ne può parlare più avanti, quando io avrò terminato la mia avventura con la Spagna, sempre se terminerà, e se loro dovessero ancora aver bisogno di un allenatore.»

«Hai fatto la scelta giusta. - intervenne la moglie - E hai risposto con classe, lasciando la porta aperta a quell'opportunità ma facendo intendere che non é questo il momento adatto a parlarne. E poi hai fatto bene a dircelo.»

«Lo sapete che quando si tratta di lavoro vi racconto sempre tutto, anche le trattative.» garantì lui con un sorriso rivolto alla moglie seduta affianco a lui, accarezzandole la mano che aveva poggiata sul tavolo.

Madison sorrise. Non era solo lei ad avere cose scioccanti da dire. Immaginava che suo padre avesse qualcosa di importante da dire, ma non pensava affatto che fosse di un calibro così elevato: qui si stava parlando di piantare in asso la Nazionale Spagnola che aveva puntato tutto sulla sua gestione tecnica per abbracciare un progetto di un club che pareva essere un album di figurine da quante stelle del calcio aveva ingaggiato e avere addosso la pressione di chi confidava che, quelle stelle, riuscissero a brillare a dovere.
Non era cosa da poco. Ma quella di suo padre era stata una scelta di cuore. E un po' anche di testa, se vogliamo, sapeva che si sarebbe tirato addosso l'inverosimile se avesse accettato, e sapeva pure che era meschino per un capitano abbandonare la nave, che stesse affondando oppure no.
Suo padre sapeva sempre fare la scelta giusta. Madison avrebbe tanto voluto avere quella sua capacità.

𝐅𝐈𝐗 𝐘𝐎𝐔 || Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora