Bacio.

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|Megan Emerson|

Era strano. Come la mia mente viaggiasse sempre a Mattheo e alla notte in cui ci siamo baciati.
Sono precisamente le tre di mattina, e non ho proprio voglia di dormire, perciò sono sulla Torre di Astronomia a guardare le stelle.

Il cielo è ancora scuro, ma la Luna splende con della luce fioca.
Una volata di vento mi scompiglia i capelli che finiscono per svolazzare in aria.

Fa freddo, parecchio anche, siamo nel pieno dell'inverno, è normale.
Ma comunque, me ne rimango a fissare la Luna senza preoccuparmi di prendere un brutto raffreddore.

Quando un'altra ventata arriva, tremo un po', perché l'aria e davvero gelata, tiro su il cappuccio della felpa che ho indossato prima di venire.

«Stai tremando, dovresti rientrare» riconosco la voce, è così bassa e roca che non mi spaventa.
Mi volto poco quanto basta, poggiando il mento sulla spalla, e guardandolo con la coda dell'occhio.

«Non rientrerò solo perché me lo hai detto tu» dico, in tutta serenità.
Mi giro verso Mattheo completamente, e mi maledico all'istante per averlo fatto.

È maledettamente bello. Anche con dei semplici vestiti come quelli; una felpa bianca e una tuta scura.
Ha i ricci scompigliati, e una sigaretta incastrata tra le labbra, una mano nella tasca l'altra sorregge con due dita il mozzicone.

Rialzo lo sguardo sui suoi occhi e lo sorprendo a fissarmi a sua volta.
Incastriamo gli sguardi, e non posso fare a meno di notare come il fumo risale in aria e di come scompare velocemente.

Sento le sue mani sui miei fianchi, una presa decisa e ferma mi spinge contro la ringhiera.
Così forte che temevo si staccasse e cadesse giù, ma subito una mano poggiata sulla mia schiena mi spinge in avanti.

Ci sono solo i vestiti a separarci, due centimetri a separare le sue labbra dalle mie.
«Perchè...» sussurra lui, tracciando con dito i contorni del mio viso.
«Cosa?» domando io mentre continuo a guardarlo mentre la luce della Luna riflette sui nostri volti.

«Perchè continui a farmi questo effetto?» risponde lui.
Sento il suo fiato caldo sulle labbra la sua voce premuta contro il mio orecchio. Solo a sentirla mi fa arrossire, volto la testa di lato leggermente fissando il pavimento.

Due dita si poggiano sotto il mio mento, così in nostri occhi si incontrano di nuovo.
«Dimmelo Megan» sussurra ancora.

Se prima stavo morendo di freddo, adesso sto prendendo a fuoco.

«Io...non so di cosa tu stia parlando» dico facendomi cullare dalla sua mano che ha iniziato a scorrere sulla mia guancia.
«Di quale effetto stai parlando?» domando.

Lui sorride, poi mi lascia un bacio sulla fronte e senza dire nulla me ne lascia un altro sulla punta del naso, altri due sulle guance, poi si ferma a guardarmi.

«Posso baciarti?» chiede.
Arrossisco, poi rimango a guardarlo e un piccolo sorriso si fa largo sul mio viso.

«Non ti hanno mai detto che i baci non si chiedono?»
«Allora perché hai ancora le cosce serrate? Avanti apri le gambe Megan» dice lui con un sorrisetto.

Avvampo in viso, era una frase a dir poco sorprendente.
«Ma-..» faccio per dire ma lui mi precede poggiando un dito contro le mie labbra.

«Shh...Non ti hanno mai detto che durante questi baci  non si parla?» dice, la sua mano scende fino all'orlo della mia felpa e quando la sua pelle fredda viene a contatto con la mia, un brivido mi percorre la schiena.

«L'unica cosa che potrai urlare è il mio nome piccola Megan»

Il mio corpo va in fiamme, non mi da il tempo di ribattere che le sue labbra si uniscono alle mie. È un bacio affamato, rude e intenso.

Tre aggettivi che descrivono Mattheo.
Ma ora non riesco a pensare se non alla sua lingua che danza a ritmo con la mia.
Mi bacia con foga, spostando una mano dietro la mia testa spingendomi verso le sue labbra con insistenza.

Mi inizia a mancare il respiro, ma a lui sembra non fare effetto, perché continua senza problemi, deve esserci abituato, ma io no.

Gli poggio delicatamente le mani sul petto, e lo sposto leggermente. Appena sento le sue labbra staccarsi dalle mie, inizio a riprendere fiato.

Nessuno dei due proferisce parola, ci limitiamo a mangiarci con gli occhi.
L'occhio mi cade sulle sue labbra, sono rosse e gonfie, e sembra anche lui senza fiato.

Mi sorride, poi mi afferra per la mano e inizia a scendere le scale.
Sgrano gli occhi sorpresa da quanto corre veloce, passando per i sotterranei arriviamo davanti alla sua stanza.

«Dormi qui» dice indicando con il pollice la porta di camera sua.
Io rimango sbalordita da quella richiesta.

Il mio cuore urla: Sì! Vai!
Il mio cervello grida: Ti userà e basta! Scappa!

Ma io sono innamorata dell'amore e nessuno potrà mai cambiare questo.
Annuisco, ho ancora le guance arrossate, mi mordo il labbro inferiore aspettando la sua risposta.

Quando lo guardo è già entrato dentro la stanza, che mi aspetta a braccia conserte, mentre io rimango sulla soglia della porta, per neanche due minuti che lui mi tira verso di sé e chiude la porta alle mie spalle.

«Bene...» sussurra mentre mi fa scontrare contro la parete e mi incastra al muro con le braccia ai lati della mia testa.
«Dove eravamo rimasti...» continua, facendo scorrere un dito tra le mie coscie.

L'eccitazione cresce come la voglia di baciarlo, ma mi trattengo e aspetto che sia lui a farlo.
«Sai non mi ricordo proprio dove eravamo rimasti...» dice.

Devi ammetterlo. Pensavo che si girasse e andasse verso il letto, dicendomi che stava scherzando e che dovevo sparire al più presto e che non mi sarei mai dovuta far più vedere.

Ma le sue parole mi rassicurarono, e allo stesso tempo, fecero crescere dentro di me una voglia assurda di gettarci su quel letto e farlo fino a spaccare il letto.

«Non mi ricordo proprio...Che ne dici di ricominciare da capo eh?» dice muovendosi verso di me fino a far scontrare la sue labbra delicatamente con le sue.

Stavolta è un bacio dolce e delicato, non affamato e rude, ma lento.
Non avevo mai visto questo lato di Mattheo, magari era una tattica che usava con tutte? Per farle cedere ai suoi piedi, illuderle per poi stancarsi e gettarle fuori dalla sua vita.

Ma, non avevo le forze di spingerlo, tirargli umo schiaffo e correre in camera mia, no. Lo lascia fare.

Gli lasciai, tirare giù la zip della mia felpa, lo lasciai sollevare la maglietta, lo lasciai slacciare il fiocchetto che mi reggeva la tuta sui fianchi.

Lo lasciai privarmi di vestiti.
Sentivo le sue mani percorrere ogni centimetro del mio corpo, come se fosse una nuova giostra su cui fare un giro.

Ma questa giostra sarebbe stata così bella da non poterne fare più a meno, così sarebbe tornato, ancora e ancora, spendendo ogni sterlina, ogni dollaro, ogni secondo. Fino a rimanere, senza nulla. Ed è allora che lei sarebbe stata lì, a ricambiare, tutto quello che lui gli aveva dato.

                                                                           

light blue eyes~||Mattheo Riddle||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora