Capitolo Quattro

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Aveva deciso di attendere l'arrivo di Tom rannicchiata sui sedili posteriori della sua automobile distrutta. Era ormai mezzanotte e il clima notturno tedesco non era dei migliori. Così aveva passato quelle due lunghe ore a cercare un po' di tepore - per quanto fosse possibile - nella sua macchina.

Improvvisamente, due fari accecanti le disturbarono la vista - portandola a chiudere forte gli occhi - fino a che questi non vennero spenti. Allungò appena il collo per vedere attraverso il finestrino chi fosse e, con un tuffo al cuore, si rese conto che quella Cadillac nera apparteneva a Tom.

Non molto dopo, vide proprio il ragazzo scendere da quell'enorme vettura, decidendo quindi di uscire anche lei allo scoperto. Notò il moro osservare pensieroso il muso distrutto e accartocciato della sua macchina, addosso all'albero, per poi spostare lo sguardo su di lei, che si sentì subito rincuorata.

-Ehm... ciao.- mormorò Ellie, piuttosto impacciata. -Scusa se ti ho fatto...-

-Stai bene?- la interruppe spaventato, venendole incontro.

Nel momento in cui l'aveva stretta tra le sue braccia, Ellie si era sentita finalmente a casa dopo tanto tempo. Il cuore di lui batteva furioso sulla sua guancia destra, e non si sorprese nel constatare che anche il proprio batteva esattamente allo stesso modo.

-Grazie per essere venuto- mormorò sul suo petto, staccandosi leggermente per osservarlo negli occhi.

Tom si staccò improvvisamente dal suo corpo, prendendo a grattarsi nervoso la nuca. Non si sorprese nel vederlo cambiare atteggiamento nei suoi confronti, da sobrio.

-Torniamo a casa.- disse Tom dandole poi le spalle per risalire in macchina. Ellie sospirò amareggiata, preparandosi psicologicamente ad affrontare due lunghissime ore - se non di più - di viaggio con lui.

Una volta salita, si allacciò la cintura e attese che Tom mettesse in moto per ripartire. Finalmente imboccarono di nuovo la strada e il silenzio fu l'unico suono - quasi assordante - udibile in quell'autovettura. Ellie osservava tesa il paesaggio del tutto buio al di fuori dell'auto, fino a che non si accorse che il ragazzo stava rallentando in direzione del casello autostradale. Il finestrino del guidatore venne abbassato scorrevolmente per recuperare il biglietto e poi rialzato per riaccelerare.

Voltò appena lo sguardo, senza farsi troppo notare, e lo scrutò con la coda dell'occhio. La mascella era serrata e quasi tesa, come il suo collo - dove poteva scorgere il suo pomo d'Adamo piuttosto pronunciato - fare su e giù di tanto in tanto. Una mano teneva morbida il volante, con il gomito poggiato sulla portiera, mentre l'altra giaceva tranquillamente sulla sua gamba: si vedeva che aveva dimestichezza con la guida. Il viso era serio e concentrato sulla strada di fronte a sé, e le sue labbra più scure e carnose venivano raramente inumidite dalla lingua... quelle stesse labbra che, ormai, non ricordava più che sapore avessero. Il profilo del suo naso così dritto e ben fatto. I cornrows poggiavano ordinatamente in avanti, oltre le spalle, fino a sfiorare i pettorali coperti da un'enorme maglia grigia, oversize, e da una felpa nera delle stesse enormi dimensioni. La sua fronte era quasi interamente coperta da una bandana bianca, legata dietro la nuca a mo' di fascia, e gli orecchini neri riuscivano a risplendere sulle sue orecchie attraverso il buio. Calò gli occhi sulla mano che riposava sul jeans coprente la sua gamba e si accorse - forse solo in quel momento - della sua grandezza: le dita lunghe e affusolate, e alcune vene a ricoprire il dorso. Era doloroso ammetterlo, ma la fisionomia di quel ragazzo combaciava troppo con il suo modello ideale. E la cosa la rendeva ancora più nervosa.

Distolse lo sguardo dall'analisi approfondita di quel corpo così perfetto e tornò a concentrarsi anche lei sulla strada, mentre entravano nella terza galleria.

𝘐𝘕 𝘋𝘐𝘌 𝘕𝘈𝘊𝘏𝘛 -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora