Non poté fare a meno di notare che quel giorno l'intervistatrice rientrava a far parte della ricca categoria da lei definita "Troppo galline per comprendere che provarci con un ventenne è di gran lunga umiliante per una quarantenne". Non riusciva a capire come potesse una donna matura e con un lavoro determinante e di una certa importanza tra le mani comportarsi in quella maniera così spudorata, senza provare un minimo di vergogna.L'intervista era cominciata ormai da mezz'ora ed Ellie non aveva fatto altro che adocchiare ammiccamenti di pessimo gusto e frasi intrise di doppi sensi da parte di quella donna francese. Aveva anche cercato con lo sguardo quello dei ragazzi, ma questi sembravano immuni a tali provocazioni, come fossero ormai abituati.
Trovava il tutto piuttosto noioso: non era la prima volta che assisteva a un'intervista e, in tutto quel tempo, aveva ricevuto conferme su conferme del fatto che le domande fossero sempre le stesse, tra cui la più odiosa e scontata: "Perché il nome Tokio Hotel?". Ormai avrebbe potuto tranquillamente dare tutte le risposte, al posto dei ragazzi, ed era inoltre sicura che le fans avessero voglia di qualcosa di nuovo, per il semplice fatto che già sapevano vita, morte e miracoli dei loro quattro beniamini tedeschi e non avevano bisogno di sentirne ancora.
Dopo qualche domanda qua e là riguardo la realizzazione portata a termine del nuovo album, che presto avrebbe sfondato in tutto il mondo, l'intervistatrice si decise a salutare i ragazzi con una calorosa stretta di mano e dei baci sulle guance di questi, facendo attenzione a mettere bene in risalto il seno non propriamente giovane e interessante da vedere, come quello di una volta. Degnò di un saluto caratterizzato da una buona dose di enfasi in meno anche Ellie e successivamente sparì dalla loro vista. David richiamò tutti quanti all'attenzione e invitò i ragazzi a recarsi nella stanza affianco, quella dove si sarebbe tenuto il servizio fotografico, mentre Ellie si rifugiò nel corridoio per soddisfare le proprie papille gustative con un po' di tè freddo alla pesca, comprato al bar affianco.
Si era ritrovata a percorrere quello stesso corridoio per minuti e minuti, tenendo saldamente in mano la lattina gelida e gocciolante e riflettendo su un qualcosa di concreto che potesse fare. Nel mentre, si era appostata all'entrata della stanza dove si trovavano i ragazzi, illuminati dai continui scatti della macchina fotografica. Si era appoggiata allo stipite della porta con la spalla, continuando a sorseggiare di tanto in tanto il liquido freddo che colava lungo la sua gola, facendola piacevolmente rabbrividire. Osservò ogni singola movenza dei ragazzi e del fotografo, mentre accanto a lei David parlava distrattamente con Saki, la loro guardia del corpo. Probabilmente l'abitudine portava a provare quasi indifferenza per determinate cose.
Scrutò ogni componente della band, uno ad uno, cercando di scovare le differenze che li caratterizzavano, i particolari che forse in altri momenti non si era soffermata a notare... Tutto per semplice noia.
Sussultò appena, quando il chitarrista pensò bene di sorprenderla con un'occhiata nella sua direzione e cogliendola in flagrante. Si maledisse mentalmente per aver guardato proprio lui in quell'esatta frazione di secondo, permettendogli così - forse - di montarsi un poco la testa.
Si voltò piuttosto seccata e riprese la sua interminabile camminata lungo quel corridoio, del quale ormai aveva memorizzato ogni singola crepa e sfumatura.
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Non riusciva a chiudere occhio. Per sbaglio, quella notte - vista la mancanza di sonno - aveva acceso la televisione della sua stanza d'albergo, a volume minimo, e la prima cosa che le era balzata all'occhio era stato un film horror. Aveva guardato qualche secondo quella scena alquanto macabra con sguardo perso e scandalizzato, fino a che non ebbe spento velocemente il televisore. Non aveva voluto assistere oltre. Era sempre stata fifona per certe cose.
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𝘐𝘕 𝘋𝘐𝘌 𝘕𝘈𝘊𝘏𝘛 -Tom Kaulitz-
Roman d'amourA volte i segreti sono immensamente difficili da mantenere. Ellie pensa sia meglio così, ma con il tempo si renderà conto che è solo da egoisti rimanere in silenzio. Bill non ne aveva colpa; l'unica ad averne, era lei. Aveva continuato a illuderlo...