ᴍᴀᴍᴍᴀ

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I mesi successivi alla morte di Hernán furono pesanti. Ofelia si era lasciata del tutto andare, e Memo non sapeva come farla tornare in sé.

Non la sentiva ridere da molto, non metteva più musica ad alto volume e, spesso e volentieri, saltava i pasti nonostante lui continuasse a chiederle di non farlo.

Era diventata quasi come un'automa: continuava a fare tutto ciò che aveva sempre fatto, ma senza più il piacere che provava una volta. Lui lo notava, eccome se lo notava; e se ne sentiva sempre più in colpa... perché gli sembrava di non star mantenendo la promessa fatta al padre.

Fu per quel motivo che, un pomeriggio come tanti altri, decise di fare qualcosa che avrebbe potuto smuovere qualche emozione nel cuore della donna.

Poco tempo prima, infatti, aveva ideato un modo per farle vedere un suo ricordo. I suoi sensori visivi gli avevano permesso di registrare tutto ciò che era stato visto da Memo. Ogni singola cosa veniva registrata su un disco a stato liquido che Hernán aveva intelligentemente impiantato all'interno del suo corpicino.

Di conseguenza, com'erano state registrate le immagini, così erano state registrate le voci e i rumori collegate a esse.

Aveva quindi preso l'iniziativa di collegarsi alla televisione della camera da letto nella quale, ormai, viveva in pianta stabile, e aveva fatto una prova.

Fu un colpo al cuore rivedere il padre il giorno dell'addio, non avrebbe mai voluto rivivere quel momento, ma doveva.

Doveva farlo per lui e per Ofelia.

Attese qualche ora, sapeva che quella sera lei sarebbe ritornata un po' più tardi: le era stato assegnato un caso di violenza domestica abbastanza delicato, per il quale voleva e doveva preparare al meglio i propri interventi in tribunale. Non voleva che quella ragazza di cui era a difesa dovesse vedersi negato il diritto di allontanare l'uomo che le aveva fatto del male.

Da un lato era felice che avesse trovato qualcosa che le piacesse di nuovo fare - ma in cuor suo era consapevole che la ragione principale per la quale si concentrava tanto sul lavoro, era la possibilità di poter procrastinare ancora l'accettazione di tutto quello che era successo.

Memo intrattenne guardando altri ricordi: la prima volta che aveva visto il padre, la prima volta che gli aveva raccontato di Ofelia, la volta in cui si era ritrovato tutto bagnato dalla Coca-Cola quando aveva provato ad aprirla dopo averla sbattuta involontariamente.

Guardò anche l'incontro con Ofelia, e riascoltò tutte le conversazioni che i due avevano avuto nell'ultimo periodo in cui lui era stato a casa.

Ce ne fu una, in particolare, che attirò la sua attenzione: lei gli confessava di essere incinta. Aspettavano un bambino quando lui era stato ricoverato e Memo non lo sapeva, non ricordava di aver mai sentito parlare di una cosa del genere.

Fu così che - quando Ofelia aprì la porta della camera da letto per cambiarsi - si ritrovò ad affrontare il discorso con il desiderio che lei capisse che, se non voleva farlo per lei, doveva almeno condurre una buona alimentazione per il bambino che portava in grembo.

Fu un errore madornale perché lei non aveva voglia di affrontare il discorso. Aveva fatto di tutto per evitare che uscisse fuori l'argomento gravidanza, ma non era servito a nulla. «Non sei nessuno per dirmi come vivere la mia vita!»

«Hai la prole di Hernán in grembo, posso dirtelo dal momento in cui è stato lui stesso a chiedermi di prendermi cura di te.»

«Non mi interessa quello che ti ha chiesto, tu non sei umano, non puoi prenderti cura di me, sei inutile!» La donna poggiò la borsa a tracolla a terra, era appena tornata e sperava di poter staccare da una giornata che era stata già di suo pessima. «Non so come abbia fatto mio marito a costruirti così difettoso!»

Memo - Cos'è il dolore?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora