Ognuno ha i suoi demoni

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Mi svegliai alle prime luci dell'alba. Mi sentivo stanca, dolorante e con gli occhi gonfi che faticavo a tenere aperti.
Ci misi qualche minuto a svegliarmi abbastanza da capire dove fossi e ricordarmi della sera prima.

Sbadigliando e stropicciandomi gli occhi, mi voltai nel letto, sotto le coperte. Erik non era con me. Mi misi a sedere e allora lo vidi, seduto su una poltrona in un angolo della camera.
Stava dormendo e la cosa mi lasciò perplessa. Insomma, avevamo scopato e mi ero fatta una figuraccia scoppiando a piangere... E poi mi aveva messa a letto per andarsene a dormire sulla poltrona?

Non capivo.

Mi alzai, ancora nuda, ed andai da lui. "Erik" lo chiamai a bassa voce, dandogli un colpetto leggero su un braccio.
Si svegliò di soprassalto, scattando contro di me ad una velocità allucinante per uno appena sveglio. Con una mano mi afferrò per il collo, sbattendomi al muro.

"Erik!" tentai di urlare, spingendolo via con entrambe le mani. "Erik, non respiro!" La voce mi usciva a fatica e non sapevo se le parole fossero comprensibili o meno.
Ma poco importava, lo sguardo di Erik era lontano, non mi vedeva davvero ed io iniziai a pensare solo che avevo fatto una cazzata immane.

Smisi di lottare, sentendo che più lo facevo, più lui aumentava la presa sul mio collo. "Erik..."

E allora mi vide. Il suo sguardo si mise a fuoco e mi riconobbe. Vidi il terrore sul suo volto, il disgusto per quello che stava facendo. Mi lasciò di colpo, arretrando di un passo ed iniziando a chiedermi scusa.

Tossii e mi massaggiai il collo reggendomi al muro.

"Perdonami, ti prego... Matilde... Io..."
La sua voce era puro panico, sembrava stesse per impazzire. Lo vidi mettersi le mani nei capelli mentre iniziava ad imprecare.

Mi staccai dal muro ed andai da lui, che indietreggiò di qualche passo. Non mi fermai finché non andò a sbattere contro il comò e si fermò.
Non so cosa si aspettasse.
Lo abbracciai. Mi strinsi a lui senza dire una parola e rimanendo così finché non lo sentii rilassarsi ed abbracciarmi a sua volta, stringendomi a lui come se fossi un'ancora di salvezza.

Sentivo il suo respiro irregolare, il suo petto alzarsi ed abbassarsi mentre il cuore batteva ad un ritmo impazzito.
Non so quanto passò esattamente prima che si calmasse ma, quando lo fece, lo presi per mano e lo portai a letto.
Provò a chiedermi cosa volessi fare, provò a dire che non gli sembrava una buona idea... Lo zittii con un bacio leggero e risposi semplicemente che aveva bisogno di riposare.

Non si ribellò più, mi guardò con occhi increduli e tristi ma si coricò sotto le coperte con me e lasciò che lo abbracciassi.

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