Cap. 1.2

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DRIIIIIIIIIIN

– Nooooooo non voglioooo – e buttò giù dal comodino la sveglia.

Poi si fece lo scrupolo di guardare l'ora ed erano già le 8, da lì a un'ora doveva trovarsi in ufficio bella, pulita e sveglia abbastanza per affrontare la giornata...sperando non ci fossero sorprese come il giorno prima!

Diede un rapido sguardo all'armadio e optò per un vestito bianco di pizzo sangallo, meglio approfittare di quegli ultimi giorni di temperature semi estive! Lasciò i lunghi capelli biondi sciolti, soffriva spesso di emicrania e legarli stretti in code o crocchie di certo non aiutava.

La mattinata in ufficio trascorse relativamente tranquilla, volontariamente evitò di approfondire il fascicolo per il giorno dopo ma si limitò a scrivere una e-mail al capo per chiedere tutti i dettagli della riunione alla LCC. Passò la pausa pranzo in compagnia di alcuni colleghi a sparlare di clienti e avventure varie. Rientrò in ufficio per finire un conteggio di alcune buste paga e le squillò il cellulare. Giselle.

– Ciao Giselle dimmi! Se mi stai dando buca per stasera sappi che ti attacco subito –

– Niente buca ma volevo chiederti se potessi passarmi a prendere agli studi...stamattina non mi è partita la macchina e non puoi capire cosa ho dovuto fare per arrivare in orario –

– Saranno 5 anni che ti dico di cambiarla! A che ora dovrei venire? –

– Appena faccio i tuoi soldi me la compro – disse ridendo – Comunque alle 16 –

– Giselle ma se anche io stacco alle 16 come potrei? –

– E dai Luna stacca prima! Fallo per la tua amichetta adorata – fece con vocettina implorante

– Va bene, ma solo perché hai dato buca a Roberto per stare con me! A dopo allora – e attaccarono.

Mancavano due ore alle 16 ma la voglia di lavorare l'aveva abbandonata e quindi decise di prendersi due ore di permesso e raggiungere prima la sua amica. Non si sa mai trovava qualcosa di interessante da fare agli studi televisivi. Chiamò Edoardo con il telefono interno e gli disse di coprirla con i clienti qualora ne fosse venuto qualcuno fuori appuntamento. Raccolse le sue cose dalla scrivania e si avviò alla macchina che per fortuna funzionava alla grande. Rise all'idea di poter sfottere un po' la sua amica appena fossero sole.

Il tragitto fu breve, a quell'ora Roma era sgombra. Parcheggiò poco fuori il cancello di ingresso principale e si avvicinò al gabbiotto della sicurezza. Non era la prima volta che andava a recuperare la sua amica a lavoro e i poliziotti la fecero passare senza fare storie.

Gli studi televisivi erano davvero grandi, una piccola città protetta da alti cancelli. C'erano tantissime persone che ci lavoravano e che andavano a passo spedito da uno studio all'altro. Luna vagava senza una metaa pes sicurezza. Non era la prima volta che andava a recuperare la sua amica a lavorota de bellissimo. Si soffermò davanti ad alcune riproduzioni di statue romane e si mise a scattare alcune foto. Le era sempre piaciuto immortalare momenti e posti che la colpivano, le sue amiche ai tempi dell'università ogni tanto si divertivano a soprannominarla 'la cinese' proprio perché era sempre pronta con il cellulare a scattare foto. Era persa ad ammirare le foto appena fatte, quando si sentì osservata, ci mise un po' a girarsi per paura di fare una brutta figura ma quando lo fece vide solo un ragazzo andarsene nella direzione opposta. Rimase a fissarlo andare via, con la speranza che lui non si girasse, ma distogliere lo sguardo era troppo difficile. Aveva due spalle da far invidia al miglior giocatore di basket, i capelli scuri raccolti in un codino dietro la testa e un fisico statuario. Doveva ricordarsi di chiedere all'amica se conoscesse quel tipo.

Passò una mezz'oretta all'aria aperta finché si decise ad avviarsi verso l'edificio in cui doveva trovarsi la sua amica. Entrò e fu colta di sorpresa dal silenzio che regnava...non si vedeva nessuno in giro. Dove erano finite tutte le persone che fino a poco prima vedeva correre da una parte all'altra?

L'altra faccia della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora