Primo Capitolo

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Jeong nella cultura coreana è il legame che unisce due persone, conosciute o estranee; la connessione che lega qualcuno a un luogo.
Un po' come per Wendy la seconda stella a destra sarebbe stata per sempre il suo legame con Peter. E per questo avrebbe continuato a guardare il suo cielo, pregando che lui non la dimenticasse mai.
Ogni tocco della lancetta si fece ovattato, distante. E Il respiro sembrò spezzarsi, lasciandomi solo un senso di vuoto a stringermi lo stomaco. Spostai gli occhi da quel ciondolo a quelle parole scarabocchiate su un biglietto.
Era un controsenso. Le braccia mi caddero rigide lungo i fianchi. 
" Lui non ha mai voluto sapere nulla di te" aveva detto mamma; un suono, simile a un riso incredulo e incontrollato mi uscì dalle labbra. " Non hai bisogno di qualcuno che non ti ami "
Mi aveva mentito, realizzai.
La piega delle bocca si abbassò in un'espressione amara.
E la perplessità tramutò in consapevolezza, e questa in qualcosa di sottilmente simile alla rabbia, delusione.
Da bambina pensi che basti stringere le dita di qualcuno per rendere il corridoio meno spaventoso, ma basta anche una sola sua parola e il modo in cui guardi la realtà, improvvisamente cambia. E mamma era passata da essere un senso di protezione a qualcosa di sconosciuto

" Ivy "

Sobbalzai al suono della voce di nonna  alle spalle.

" Iv-?" mi richiamò vedendo che non mi voltavo.

" Mamma ha l'abitudine di nascondere alcuni dei suoi adorabili maglioncini. Pensavo di prenderne uno" sentii un nodo strozzarmi la voce in gola, presi un respiro ma uscii affannoso e tremante   " ma ho trovato qualcos'altro "  mi voltai  " nonna, che cosa sono questi? "

E li vidi, quei suoi occhi verdi sgranarsi all'istante.

" Per anni " sbottai incredula, serrando le mani in due pugni. Lei si mosse spasmodica verso di me. Aprì la bocca, e si perse in suoni privi di senso, cercando di dire qualcosa " per anni ho creduto di non avere un padre e ades-so scopro questo "

Girò la testa di lato mordendosi nervosamente il labbro, poi si voltò verso di me. Le sopracciglia erano aggrottate in un'espressione titubante, avvilita " Ivy "

Lei sapeva.

Trattenni inconsapevolmente il respiro mentre sentivo qualcosa dentro di me rompersi, come quando la crepa sul vetro si allarga sulla superficie e la sgretola in frantumi. Persi la forza in quella morsa in cui avevo stretto le dita in un pugno.
Mi sfuggii uno sbuffo simile a una risatina sommessa,ironica. Roteai gli occhi al cielo " Dio, tu lo sapevi " constatai, dandole le spalle.

" No, no "  negò. E la sentii avvicinarsi " so meno di quanto tu immagini "

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Era come guardare un pezzettino del mondo dall'oblò dall'aereo. Stavamo lentamente scendendo di quota,
le fitte nuvole stavano iniziando a dissiparsi e nel buio
Seoul apparì come una distesa di luci. Sentii i brividi risalire, tremarmi la pelle e fermarmi il respiro in gola. E mi domandai, come feci ingenuamente da bambina con la luna, se non fossi io ma quelle luci in realtà a scorrermi sotto i piedi. E in questo cielo più piccolo, pregai che anche da questa parte del mondo, lui non mi avesse mai dimenticato.

" Non stai pensando a qualcosa di estremo come buttarti con un paracadute, vero? "

Risi appena e mi voltai " non ancora " ironizzai
La chioma bionda, due iridi azzurre, le labbra stese in un sorriso ironico, insomma Marcel.
Mi rannicchiai raggomitolandomi su un lato della poltrona e lo guardai mentre lui, adagiandosi meglio sul sedile, chinava il viso verso il mio.
Quel bambino che, nonostante la paura di saltare, chiudeva gli occhi e scavalcava il muretto di scuola per seguirmi; quello che fingeva di perdere per lasciarmi vincere. Quel bambino era, adesso di fronte a me, diventato un uomo.











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