🍂 𝑫𝒂𝒓𝒌𝑭𝒊𝒄 🍂

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𝘽𝙇𝘼𝙉𝙆 𝙇𝙄𝙎𝙏
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𝑷𝒓𝒐𝒎𝒑𝒕:  𝑫𝒂𝒓𝒌𝒇𝒊𝒄
𝑳𝒊𝒔𝒕𝒂: 𝑭𝒊𝒄
𝑵𝒂𝒓𝒓𝒂𝒕𝒐𝒓𝒆: "𝑮𝒆𝒕𝒐"

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⚠️ Attenzione⚠️: Spoiler e immagini cruenti













Vi era una stanza, molto ben nascosta ad occhi indiscreti, che aveva appena finito di ospitare l’ennesimo incontro con le maledizioni sue… sottoposte. Suddetta stanza era appartenuta a colui che un tempo si faceva chiamare Suguru Geto, leader di un gruppo di stregoni neri e santone di facciata nonché stregone di grande talento. Ed era proprio la sua figura, quella che in quell’esatto momento sostava immobile davanti ad una delle grandi finestre della stanza guardando l’orizzonte montano.

Eppure al tempo stesso lui era quanto di più diverso ci potesse essere.

Colui che abitava quel corpo dai capelli neri e il fisico ben piazzato, era teso nonostante fosse da solo nella stanza. Le sue spalle erano irrigidite, le mani erano strette in modo spasmodico intorno alla stoffa dell’abito, ma il viso era fermo, imperturbabile.
Tutto ciò a causato dal piccolo oggettino quadrato poggiato su un cuscino a lato del posto in cui era seduto pochi minuti prima.
La sua sola presenza avrebbe dovuto trasmettergli un senso di potere, di controllo, ma invece faceva tutt’altro.

Che sapore dolceamaro aveva la vittoria.

Normalmente si sarebbe dovuto sentire felice, appagato. Avrebbe dovuto sentir montare dentro quel delizioso appagamento che lo ricompensava di tutti i suoi sforzi, di tutte le sue rinunce e le energie impiegate. Quanto aveva dovuto sopportare per portare avanti il suo piano di una vita, a quante limitazioni a quante umiliazioni aveva dovuto sottostare pur di piazzare un'altra pedina sulla scacchiera, pur di accaparrarsi un ulteriore casella, pur di eliminare degli elementi indesiderati che gli erano solo d’intralcio. Ma alla fine tutto gli veniva ripagato, in un modo o nell’altro. Ma quella volta ciò faticava ad avvenire, nonostante tutto si fosse svolto secondo i suoi piani.

Era riuscito ad intrappolare Gojo Satoru.

Era riuscito ad eliminare la più grande minaccia che si frapponeva tra lui e la sua agognata vittoria finale. Eppure ogni volta che ci ripensava, non faceva altro che poggiare gli occhi sul Reame Prigione, sulla schiera di occhi dalle iridi azzurre che non lo perdevano di vista neanche per un istante, e a quel punto, qualcosa si smuoveva dentro di lui. Un qualcosa del tutto fuori dal suo controllo. Un sentimento che non aveva niente a che fare con la rabbia, o il fastidio. Era più un qualcosa di malinconico, qualcosa che si rimescolava all’interno di quel corpo rubato che non gli apparteneva. Era un misto di tristezza e qualcos’altro, qualcosa di indefinito che gli torceva le budella e gli faceva battere quel cuore rimasto atrofizzato prima della sua venuta. In tutta la sua vita più che longeva, non aveva mai sperimentato una simile sensazione così complicata. Un qualcosa di così…. ostico con cui fare i conti. Eppure lui di vite e di corpi ne aveva avuti molti. Eppure nessuno di loro era mai stato così ostinato come quello di Suguru Geto. Nonostante avesse il totale controllo di lui, della sua tecnica, della sua memoria, del suo essere, aveva sempre come l’impressione di avere a che fare con un animale selvatico, una bestia guidata dall’istinto di cui azioni per lui rimanevano imperscrutabili, che lo avrebbe morso al primo suo accenno di debolezza. Kenjaku si voltò verso l'oggetto in cui era imprigionato il simbolo della sua vittoria, un violento moto di fastidio che gli montava dentro come un'onda. Quel moccioso non era niente, non era nessuno in confronto a lui. Eppure la sua sola presenza lo continuava a destabilizzare. Con una lentezza degna di qualsiasi predatore, lo stregone si diresse verso il Reame Prigione, un ghigno sulle labbra - Come ci si sente??- chiese rivolgendosi a quella schiera di occhi color ghiaccio che lo seguivano passo passo - Come ci si sente ad averlo visto dopo tanto tempo?- lo scherni ricoprendo con una mano tutta la sua superficie, affondando le dita  all'interno dei bulbi oculari, tagliando con le unghie la sclera bianca fino a raggiungere la cornea, fino a quando essi non cominciarono a grondare sangue.
Quanto avrebbe desiderato infliggere dolore a colui che vi era imprigionato all'interno. Purtroppo però non sapeva se il suo caro prigioniero provasse dolore a quel suo gesto, o se lo stesse osservando veramente da dietro quelle retine spettrali. E ciò non faceva altro che far crescere la sua irritazione - Ci hai sperato per un attimo eh? Che fosse lui- continuò toccandosi il viso con la mano libera, la pelle liscia e gli zigomi cesellati di un ragazzo che aveva ricevuto una quantità infinita di doni dalla vita e che infine aveva deciso di sputare su tutti loro. L'oggetto stregato prese a tremargli in mano, come se stesse singhiozzando dal dolore. Il ghigno di Kenjaku non fece altro che ampliarsi, il sangue che gli scorreva sulle dita fino al polso come vernice, andandosi a depositare lentamente sul pavimento di legno una volta lucido come uno specchio. Il pensiero di aver inflitto al proprio giocattolo una ferita più profonda di una fisica, era un piacere perverso che non lo riusciva ad appagare del tutto. Lui desiderava vedere Satoru Gojo in pezzi, distrutto. Il più potente stregone dell'epoca moderna messo in ginocchio da lui, da un corpo che per lui era solamente un misero burattino da utilizzare a proprio piacimento. La presa sull'oggetto si fece improvvisamente più leggera, andando a perdere di potenza fino a quando non si ritrovò la scatola poggiata sul palmo della mano. Provò a richiuderla, ad affrontare nuovamente le dita nelle cavità vuote da lui create, ma la mano oppose resistenza, impedendogli di fare altro se non farla oscillare.

L'irritazione divenne rapidamente rabbia, una rabbia talmente feroce e repentina che per un attimo ci vide doppio - STUPIDO RAGAZZINO!- esclamò lanciando il Reame Prigione contro un muro della stanza, formando un incanalatura perfettamente quadrata e perfettamente tinta di rosso scarlatto. Kenjaku serrò la mano insanguinata, il respiro veloce.

Non lo accettava.

Quello non lo accettava.

Non aveva speso tutti quegli anni della sua vita a pianificare la propria immacolata vittoria per poi farla macchiare da un insignificante stregone di terz’ordine. Si guardò la mano ancora tremante, i denti così serrati che tutte le ossa della mascella cominciarono a fargli male -Tu mi appartieni…- sibilò tra i denti, afferrandosi il polso con violenza come se si volesse staccare di netto l’intero braccio. Il tremore cessò, così come la sua perdita di controllo momentanea. Prese un profondo respiro, ricomponendosi.

Era lui ad avere il controllo su quel corpo. Gli apparteneva, era suo, solo suo. Non c’era più nessun’altro lì dentro oltre lui.

Posò nuovamente lo sguardo sul grumo melmoso che era diventata la scatola, pieno di odio e risentimento – Lui è morto- disse con così tanta enfasi da far risuonare quelle parole fin dentro le ossa di quel corpo indegno – Ed è solo colpa tua-

Non contento, si diresse a grandi passi verso il Reame Prigione riprendendolo tra le mani – Tu l’hai ucciso- lo accusò desiderando ardentemente di vedere l’espressione di dolore sul viso dell’altro             –Avresti potuto salvarlo, ma invece non l’hai fatto. Non ci sei riuscito- i ricordi di Suguru Geto navigavano dentro il suo cervello come navi sospinte senza controllo dalle onde.

Geto che si spegneva giorno dopo giorno, perdendo fiducia nella società degli stregoni e in quella degli esseri umani. Geto che guardava Satoru, prima pieno d’amore e d’affetto, poi con sempre più rabbia e odio ed invidia. Geto che si rigirava nel letto con il rumore degli applausi che gli rimbombavano nelle orecchie. Geto che alla fine perdeva ogni controllo su sé stesso, avvelenato da quel mondo ingiusto e dalla sua stessa ingordigia –Lo vedevi ogni giorno, era il tuo "amico speciale"- lo schernì crudele, sapendo benissimo che dietro quell’etichetta superficiale ci fosse ben altro –E non sei riuscito a notare il suo cambiamento, il suo dolore. C’è da chiedersi se ci tenessi davvero a lui- insinuò godendosi appieno il momento in cui dai bulbi rimasti intatti cominciarono a sgorgare delle lacrime trasparenti e pure come acqua di una sorgente.
Kenjaku sorrise candidamente, imitando il modo in cui Geto era solito sorridere a Gojo – Distruggerò tutto ciò che hai amato nella tua patetica vita. Farò in modo che tu assista a tutto- sussurrò portandosi il Reame Prigione vicino alle labbra, sfiorando la scatola proprio come l’ex possessore di quel corpo impuro era solito sfiorare la pelle di quell’irritante ragazzino prodigio       – Vedrai la persona che hai amato più di ogni altra prendersi la vita dei tuoi amichetti e dei tuoi studenti una dopo l’altra- mugugnò estasiato, la sua mente annebbiata da un piacevole languore. Si passò la lingua sulle labbra, socchiudendo gli occhi.

Quell’insignificante contenitore era utile, troppo utile per potervici rinunciare. Perciò se quest’ultimo non si fosse piegato completamente a lui, allora lui avrebbe fatto in modo di assecondarlo. Ma a modo suo. Avrebbe tenuto lo stregone per sempre imprigionato, per sempre alla sua mercé, per sempre soggiogato e pronto ad essere usato proprio come un pupazzo. Quel languore che provava in quel momento si trasformò in eccitazione. Gli piaceva quel pensiero, il pensiero che alla fine avrebbe potuto avere Gojo tutto per sé.

Alla fine, scendere a patti con il corpo di Geto forse non sarebbe stato così male.

Preso dalla voglia di far scorrere ancora più lacrime da quell’oggetto, Kenjaku ripescò dal mare in tempesta che era la sua memoria una frase, una frase che quello sciocco di Geto aveva sussurrato a Satoru molti anni prima in una notte d'estate racchiusi in un bozzolo di soffici coperte e cullati l'uno dal respiro dell'altro –Non importa cosa succederà al mondo, o cosa ci capiterà di affrontare, alla fine rimarremo sempre insieme tu ed io....- enunciò come se fosse un attore di fronte ad una platea

- Per sempre, ricordi?-

Wʀɪᴛᴏʙᴇʀ 𝟸𝟶𝟸𝟹 🍂SᴀᴛᴏSᴜɢᴜ🍂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora