Capitolo 21.

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Marcus mi sta palpando il sedere.
Siamo seduti sul divano, in cucina, e non ci preoccupiamo di essere scoperti perché Thomas torna dal lavoro dopo le otto e Arianne sta riposando, dato che sta un po' male.
Mi stringe forte a sé mentre continuiamo a baciarci con intensità. Non sta andando oltre e la questione mi sembra un po' strana, ma apprezzo il fatto che voglia solo stare un po' con me e non voglia approfittarne.
«La situazione si sta facendo dura vedo», dico staccandomi un attimo e fissandolo con un sorrisetto, perché sento una spessa sporgenza opprimere sotto di me.
«Già, immagina viverlo ogni giorno e non poterci fare nulla», mi risponde catturando nuovamente la mia bocca, ma con le mani tra i miei capelli, ormai non più mossi ma completamente arruffati.
«E se ci scoprissero? Potremmo andare in camera, non cambia», provo a spiegargli, perché se lo venissero a sapere non mi guarderebbero più allo stesso modo e ne sono perfettamente consapevole.
«Con l'ansia e il timore che ci possano scoprire da un momento all'altro è più sexy, non trovi?». Un sorriso beffardo spunta sul suo volto e mi cattura il labbro inferiore con i denti, mordicchiandolo un po'.
«Ho sempre desiderato sapere che sapore avessero le tue labbra, Diane», continua tuffando il viso sul mio collo. Ciò mi porta a inclinare il capo e tenermi a lui, a causa delle vertigini che mi provoca.
«Mh, dove vuoi arrivare boy?».
«Mi pare abbastanza chiaro... proprio qui». Mi dà un lieve bacio sull'arco di cupido.
«Non ci sei ancora arrivato?».
«Non del tutto. Voglio esplorarti a fondo, tulipano».
Mi guarda fisso negli occhi.
«Ma non adesso», finisce, spostandomi dalle sue ginocchia al suo fianco. Io metto il broncio e ridacchia, gettando il capo all'indietro e sorridendomi.
«Abbiamo tutto il tempo per questo, è molto meglio godermi ogni singola parte di te piano piano e ogni giorno di più», spiega avvicinandosi e dandomi un bacio in fronte.
Amo come mi fa sentire, le farfalle ormai volano sempre più velocemente nel mio stomaco.
All'improvviso un tuono abbastanza accentuato rimbomba nella stanza, e la luce si spegne.
Sussulto e se ne accorge.
«Cazzo, è tutto ok?».
Non rispondo. I rumori improvvisi mi hanno da sempre impaurita.
«Vieni», mi attira a sé e mi abbraccia. «Aspetta qui. Accendi la torcia del cellulare, vado a prenderti la mia felpa», si allontana e si alza dal divano.
«Va bene».
Faccio come ha detto e dopo un po' torna con la felpa, inizia il diluvio e rimaniamo abbracciati per dieci minuti.
«A volte penso, e se i miei genitori non fossero venuti a vivere qui prima che nascessi?», mi chiedo ad alta voce, facendoglielo sentire.
«Non pensarlo, non ti avrei mai conosciuto in quel caso, e se non l'avessi fatto non sarei come sono adesso probabilmente», risponde iniziando a strusciare le sue dita sul mio braccio, avanti e indietro, provocandomi un brivido.
«È strano pensarlo», mi giro verso di lui, facendo sfiorare i nostri profili per un attimo.
«Mi piace quando mi guardi così», confessa abbandonando la fronte sulla mia. Anche a me piace, e non smetterò mai di farlo.
«Sono torn-», annuncia una voce dietro di noi, proprio sulla soglia della porta, mentre la stanza torna ad illuminare i nostri volti.
E le nostre mani.
«Tornato».
Cazzo, Thomas è qui, e ci ha trovati avvinghiati. Sul divano. Al buio.
Ci allontaniamo subito e ci sediamo normalmente uno accanto all'altro, facendo finta di nulla, poi Thomas poggia la sua valigetta sul tavolo senza aggiungere nulla e si dirige in camera da letto, per controllare come stia Arianne.
Avrà capito tutto, tutto. Ma non penso che ne parlerà con Arianne.
Però ci ha comunque scoperti, e non penso che sembravamo solo amici in quel momento.
«Merda, Marcus», dico voltandomi verso di lui, che si passa una mano sulla nuca con un'espressione divertita.
«Non c'è nulla di divertente!», lo sgrido io.
«Ti fai troppi problemi, te l'ho già detto, tulipano. A loro non importa nulla della mia vita», dice abbassando il volume della voce per l'ultima frase.
Non so cosa voglia dire, ma percepisco una nota di tristezza nella sua voce, che però non vuole farmi notare.
«Tutto bene?», chiedo, mettendo una mano sul suo braccio, ma la allontana.
«Non apriamo questo argomento», riesce solo a dire. Poi si alza. «Vado a dormire un po', vieni?».
Non rispondo e lo seguo, prendo il cellulare e mi stringo nella sua felpa.
Arrivati in camera, si sdraia e quando faccio lo stesso mi stringe la vita con un braccio, poi il silenzio prende il potere e ci addormentiamo, travolti dal buio e dal frastuono del temporale.
22:45, mi sveglio e lo trovo con il viso sul mio seno quasi scoperto.
Anche quando dorme, i suoi istinti maschili precedono il sonno.
Sorrido e lo abbraccio perché è avvinghiato a me, sto un po' al cellulare e ad un certo punto lo sento parlare nel sonno.
«Non farmi questo, Diane».
Mi sta...sognando? Non voglio che faccia incubi su di me.
Continua a muoversi e non riesce a calmarsi.
«Ei, Marcus», lo tranquillizzo passandogli una mano sul viso, poi si blocca, si immobilizza e il sonno lo cattura nuovamente.
Approfittando del silenzio e della solitudine, chiamo Stella come sempre, le racconto tutto e mi consiglia di scattare una foto a Marcus mentre dorme, come ha fatto lui con me.
Eseguo il suo ordine e la mando a Marcus, così la vedrà quando si sveglierà.
Una volta finita la conversazione sono le 23:00 e lui si sveglia.
«Ei, che ore sono?», chiede ancora assonnato.
«Le undici, abbiamo fatto una bella dormita», gli sorrido dandogli un bacio.
Vorrei che si ricordi dell'incubo e decida di parlarmene, invece di far finta di nulla.
A quanto pare, o non lo ricorda o non vuole dirmelo, perché prende il cellulare e sta per i fatti suoi.
Quando vede la foto sorride e non dice altro. Decido quindi di domandargli io del sogno.
«Ei, ma per caso hai avuto un incubo prima? Ho sentito qualcosa», faccio timidamente, perché so che se non ne parla vuol dire che non gli va di farlo. Ma io voglio sapere cosa gli succede, perché non si confida con me.
«Non ricordo nulla, e poi non penso di aver qualcosa su cui fare incubi, almeno a tal punto di parlare», risponde freddo.
Non continuo la discussione, mi alzo e appena arrivo davanti la porta noto che è già aperta. E mi pietrifico.
«Marcus, sei uscito dalla stanza mentre dormivamo?», chiedo girando mezzo busto.
«No».
«Saranno entrati i tuoi, e avevamo lasciato la porta chiusa... E se ci avessero visti? Poco fa eri con la faccia su-», provo a dire alquanto agitata.
«Puoi smetterla di nominarli sempre? Non me ne frega un cazzo se ci vedono mentre siamo insieme», sputa acido.
«Va bene, scusami...Ma non capisco proprio perché fai così».
«Forse perché qualcuno tira in ballo sempre lo stesso argomento».
Fa una faccia aspra, priva di ciò che gli leggevo ore fa in viso.
Allargo la bocca in una smorfia delusa e stupita, fino a che non mi fanno male gli angoli delle labbra, poi esco dalla stanza e lo lascio lì, perché penso sia il caso di dargli i suoi spazi.
Perché non vuoi farmi entrare nella tua vita, Marcus?

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SPAZIO AUTRICE:
Hello readers, rieccoci con un nuovo capitolo. È stato un periodo molto difficile, da inizio anno sono successe tante cose e non avrei mai pensato di fare certe scelte nella mia vita. Come al solito scusate per questo, ma non riuscivo proprio ad essere me stessa e a vivere in tranquillità, senza la mia solita routine produttiva. Fatemi sapere cosa ne pensate e come pensate che si evolverà la storia, adesso cercherò di essere costante con gli aggiornamenti. Scusate, scusate, scusate. Spero voi stiate bene, ci sentiamo nel prossimo capitolo, a presto!

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