Capitolo 7.

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«Marcus! Fai silenzio una buona volta?!», gli dico con un sussurro, facendo attenzione a chiudere pianissimo il portone di casa.
Sono le due e mezza di notte e tutti dormono. Tranne noi, ovviamente.
«Tranquilla, ci sono abituati», mi risponde con tono divertito, senza un minimo di rispetto verso i genitori che a quest'ora saranno al decimo sonno probabilmente.
«Se lo dici tu».
Vado in camera mia e mi segue, bussando con il dito un paio di volte per farmi voltare verso di lui.
«Adesso dormi. Devi riposare, tulipano», mi dice sussurrando.
«Ti svelo un segreto, non ho sonno», gli rispondo imitando il suo sussurro, e sorridendo.
«Se non dormirai...», dice togliendomi il cellulare dalle mani.
Ma che stronzo!
«Ei, dammelo! che fai?», dico io abbastanza innervosita, provando a riprenderlo dalle sue mani.
«Non te lo darò», conclude la frase.
«Ma se dormirò poi come farai a darmelo? Che idiota», dico roteando gli occhi.
«Tulipano, qui si fa come dico io. Va' a letto e tra un po', se dormirai, riavrai il tuo cellulare proprio sul tuo comodino. È tardi», dice con un sorrisetto da stronzo.
«Sei un grandissimo-»,provo a dire.
«Ah-ah. Silenzio, non vorrai mica rischiare di rivedere il tuo cellulare direttamente domattina, perciò adesso fa' quello che devi fare con i tuoi vestiti e dopodiché dormi, intesi?», dice serio.
Senza dire nulla sbuffo, lui resta lì ad aspettarmi e io prendo il mio pigiama, poi mi dirigo in bagno. L'avevo lasciato seduto sul mio letto e, quando finisco di usare il bagno, lo vedo ancora lì, fissandomi negli occhi appena mi vede.
«Perfetto, a domani», annuncia alzandosi e mettendosi il mio cellulare in tasca.
«Lascia il mio cellulare, Marcus».
«Ti ho già det-», prova a dire.
Lo interrompo, di nuovo.
«Non mi importa un cazzo di ciò che mi hai detto. Voglio il mio cellulare qui e questa è un'imposizione, non una domanda», dico con molta convinzione, perché i suoi giochetti non mi piacciono.
Non mi faccio dare ordini da lui, fine della storia. Ha funzionato poco fa alla festa ma quello era un altro discorso.
«Ti ho già detto che sei una bambina testarda?», dice con tono arrogante, inclinando la testa e chiudendo di poco gli occhi.
«Mh. Sai, mi pare di no», faccio guardandolo negli occhi e avvicinandomi lentamente al suo volto.
Voglio fare come ha fatto lui, quindi appena arrivo ad un centimetro dalle sue labbra, lo fisso dritto negli occhi e gli strappo il mio cellulare dalle mani, allontanandomi subito dopo.
Stava per farsi baciare da me? Ha allentato la presa delle mani quando stava per succedere, perciò era alquanto agitato...
4 punti per me, 0 per Marcus.
«Va bene, Callher. Vuoi giocare? Giochiamo».
Ad un tratto mi prende per i polsi e mi spinge verso l'armadio, non preoccupandosi del rumore che ha prodotto ma premendosi su di me e sfiorandomi lo zigomo destro con le labbra mentre parla.
«A quanto pare non sai contro chi ti stai mettendo. Pensi di potermi fottere? Stai provando a farlo con la persona sbagliata, non puoi pensare di arrivare qui e comportarti come se nulla fosse con me. Penso che tu abbia capito come sono fatto, sei una mia responsabilità adesso che sei qui, perciò mi occuperò di te e ti tratterò come una semplice ospite, ma ciò non vuol dire che puoi fare quello che vuoi e non ascoltare i miei ordini. Quindi fa' come dico, vedi di non comportarti da stronza e non cercare di metterti contro di me, perché perderesti in partenza. Se non ti sta bene ciò che ho messo in chiaro, puoi anche prendere la tua fottuta roba compreso quel computer di merda Wze andartene immediatamente da qui, perché a me non cambierebbe nulla e sarei solamente più tranquillo senza te tra i piedi. Hai capito, tulipano?», dice tutto ad un fiato sul mio collo.
«Vaffanculo», dico togliendomelo di dosso e staccandomi, per poi uscire dalla stanza.
«Merda», sussurra lui, dando un calcio alla scrivania.
Non so precisamente cosa voglia dire, ma forse pensa veramente che io sia un peso per lui. Gli ho chiesto io di prendersi cura di me e di starmi addosso? No. Sta facendo tutto lui e ha scelto lui di mettersi in questo guaio, se lo considera tale.
Non voglio che pensi a me come una ragazza che ha bisogno di lui e della sua protezione, perché so cavarmela benissimo da sola e sono venuta qui solo per accontentare i miei genitori, che a quest'ora staranno godendo di ogni comfort presente nella loro camera d'hotel, in vacanza.
Vado in cucina, prendo un po' di succo d'arancia senza far rumore e sciacquo il bicchiere in fretta, poi ritorno in camera e non lo trovo più lì. È andato a dormire finalmente?
«Diane», dice con tono autoritario una voce dietro di me.
«Oh, cazzo. Mi hai spaventata», gli dico voltandomi velocemente verso di lui, impaurita, per poi far ritornare nel mio viso l'espressione infastidita di prima.
«Stiamo distanti e non avremo più discussioni», dice piano, andandosene in camera.
Prima mi dice delle cose orribili che mi fanno incazzare ad ogni parola, e poi se ne esce con questa stupida frase? Non capisco cosa stia cercando di fare con me, ma so solo che non mi piace affatto e che tra noi due non può continuare di certo così.
Nonostante tutto, lo preferivo raffigurante la parte del tipo geloso.

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SPAZIO AUTRICE:
Hello readers. Eccoci qui con il settimo capitolo. Come avete visto, i nostri protagonisti non riescono ad andare d'accordo per un lungo arco di tempo, ma solo per un po', e raramente. Prossimamente vedrete molte più novità e fatemi sapere se vi sta piacendo.
Ci sentiamo nel prossimo capitolo, a presto.

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