Capitolo 16.

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Siamo arrivati di fronte casa dell'amico di Marcus.
La serata sembra già iniziata, perciò ci immergiamo nella festa e veniamo subito raggiunti dal proprietario, che saluta Marcus con una pacca sulla spalla.
«Ei, Marcus! Siete arrivati finalmente!», inizia Dwight.
Poi squadra me e Stella da capo a piedi, e gli volge un sorriso.
«Amico, mi avevi detto di portare due ragazze, ma non avrei mai pensato a queste due bombe. Caspita», continua dandogli un pugnetto sul braccio.
«Nessuno deve scherzare con loro stasera, intesi? Specialmente con lei», risponde Marcus in tono serio, poi mi indica con un cenno del capo e lo fissa negli occhi come per fargli intuire qualcosa. Quando si accorge che l'amico non coglie a pieno il suo messaggio, si avvicina al suo orecchio e gli sussurra qualcosa, che io e Stella non comprendiamo, ma l'altro annuisce.
«Va bene, amico. Nessuno le disturberà». Si lascia sfuggire un sospiro, ma Marcus lo raggela con lo sguardo.
«Ei, io voglio divertirmi! Diane può anche stare con Marcus, in fondo... staranno assieme e nessuno potrà preoccuparsi», piagnucola Stella. Arrivata all'ultima frase mi fa l'occhiolino, mentre io vorrei sprofondare.
«Va bene, ma tienila d'occhio tu», risponde Marcus rivolto a Dwight.
«Sarà fatto. Andiamo, bambolina!», esulta lui, mentre prende Stella per mano e si dirigono al centro della stanza a ballare.
«Perfetto, adesso vieni con me». Una volta restati soli, Marcus non mi dà il tempo di replicare e mi trascina con lui in un angolo della stanza.
«Prendiamo qualcosa da bere?», chiedo implorante.
«Diane». Vuole farmi capire che non è d'accordo, ma non cedo davanti a lui, soprattutto per qualcosa che desidero davvero.
«Ti prego, per favore, per favore. Solo una cosa», gli dico io prendendogli le mani e facendo gli occhi dolci.
«E va bene, solo una cosa», mi concede lui.
Ce l'ho fatta, lo sapevo. I miei occhioni dolci non falliscono mai.
«Sì!». Sto davvero esultando come una bambina appena vede delle caramelle? Non ho il tempo di realizzare che mi alzo in punte di piedi e mi scappa un bacio sulla guancia.
Cosa. Cazzo. Sto. Facendo.
Perché non ho riflettuto?
Ormai l'ho baciato, non posso tornare indietro.
Ad un certo punto, appena mi stacco da lui, si irrigidisce e serra la mascella. Potrebbe spaccarsi in mille pezzi come uno specchio per quanto forte sta serrando. Cerca di non farlo notare e si dirige verso un tavolo con varie bibite, prendendo una birra per me e una vodka lemon per lui.
Non è giusto, anch'io voglio quella.
«Marcus, voglio anch'io la vodka», dico io posando la birra al suo posto.
«O questa, o nulla, Diane».
Perché è così serio? È perché gli ho dato quel bacio sulla guancia? Non è stato nulla.
«Marcus, non iniziare a fare lo stronzo. Voglio divertirmi senza preoccupazioni, e... penso anche tu. Andiamo, su», lo tiro verso di me e sospira, poi mi concede un sorriso e mi poggia le mani sui fianchi. Iniziamo a ballare e ogni tanto mi fa assaggiare un sorso della sua vodka, perché lo imploro talmente tanto da farlo cedere. Sembra andare tutto perfettamente.
Dall'altro lato della sala vedo Stella che si diverte con Dwight, mentre manda giù di tutto.
Lei è fatta così, ama le feste.
Ad un certo punto si abbassa di poco la musica e alcuni ragazzi con lei compresa, si mettono seduti a terra formando un cerchio. Successivamente Stella mi fa cenno di raggiungerla ed io tiro nuovamente Marcus nella loro direzione, seguendolo.
«Tulipano, non vorrai davvero giocare a queste cazzate», dice svogliato mentre mi siedo con loro.
«Dai, Marcus, sta' tranquillo. Vogliamo solo divertirci», dice Stella con l'espressione di chi non ha tempo da perdere.
«Giochiamo a sette minuti in paradiso. Vi avverto, lo sgabuzzino è davvero stretto», dice Dwight facendo sorridere tutto il gruppo. A qualcuno scappa anche qualche risatina.
«Stella, inizia tu! Gira la bottiglia e colui che verrà indicato con il tappo sarà il tuo partner per sette minuti», spiega un ragazzo accanto a lei.
«Okaaay», risponde lei sorridendo, e nel frattempo gira.
La bottiglia punta un ragazzo palesemente ubriaco, che però è molto carino e sembra innocente.
«Oh-oooh. Andate, ragazzi», ride Dwight chiudendoli dentro.
Mentre i sette minuti passano, gli altri parlano tra di loro ed io e Marcus ci lanciamo sguardi d'intesa ogni tanto.
«Ragazzi, sono usciti!», esulta all'improvviso un altro ragazzo del cerchio, mentre Stella si rimette a sedere.
«Non è successo nulla», sbuffa Stella con una faccia annoiata.
«Adesso gira tu, Diane!».
Appena qualcuno urla il mio nome, Marcus alza immediatamente il capo verso di me, con uno scatto deciso, e si mostra innervosito, ma con uno sguardo lo tranquillizzo.
«Va bene», dico girando la bottiglia.
La bottiglia indica un ragazzo di fianco a Marcus. Per poco non è capitato lui, che cazzo.
Diane, perché continui a voler passare del tempo con lui...?
Basta, passiamo al tizio. È circa alto quanto lui, biondo e con uno sguardo poco rassicurante. Ho un po' d'ansia, devo ammetterlo, ma siamo solo ad una festa e non succederà nulla.
Si alza e mi tende la mano, per farmi alzare.
«Ce la fa anche da sola, come vedi ha le gambe». Marcus assume un tono aggressivo, e in un attimo il mio sguardo cade sulle sue mani, strette in un pugno. Le sue nocche sono praticamente bianche.
«Tranquillo, amico. È la tua ragazza per caso?», chiede il biondo.
Nessuno risponde, e vedo che c'è molta tensione nell'aria, perciò mi alzo e raggiungo il ragazzo.
Dwight ci chiude dentro e mi metto subito a braccia conserte, poggiata al muro, con lui di fronte.
«Beh, visto che siamo qui, come ti chiami?», gli dico.
«Finn. Tu sei Diane, giusto?».
«Sì», gli sorrido timidamente, e lui fa lo stesso.
«Ma, dimmi...tu e Marcus siete fidanzati? O comunque vi state vedendo?», mi chiede.
«No, no... Non c'è nulla tra noi», gli rispondo con una risatina falsa.
«Ah, ho capito. Te lo chiedo perché è da tutta la sera che si mostra innervosito se... insomma, se ti rivolgiamo parola. Ma era solo curiosità».
Allora l'ha notato anche lui, benissimo.
«Sì, lui è fatto così. Gli piace prendersi cura di me ed è molto protettivo nei miei confronti, ma non c'è nulla di mezzo», gli spiego.
«Ho capito. Ma tu sei fidanzata...in generale?», chiede ancora.
Ma cos'è, un interrogatorio?
«No, sono single e non mi sto sentendo con nessuno. Ma quando passano 'sti sette minuti?». cerco di fargli capire che non mi interessa parlare con lui.
Fissa per tutto il tempo il vestito che ho messo, e non so che fare.
«Penso si siano dimenticati di noi», dice ridendo.
Sorrido timidamente e comincia ad avvicinarsi.
Oddio, no, per favore.
«Sei molto carina, devo dirtelo», inizia.
«Grazie, ma scusami non sei il mio tipo», lo avverto prima che possa farsi strane idee. Lui però non fa caso alle mie parole e continua e strusciarsi, provando a mantenere un contatto fisico. Ma che problemi ha?
«E dimmi, chi è il tuo tipo? Ah, no penso di aver già capito...è Marcus, non è così?». È abbastanza infastidito, perché capisce in fretta che mi riferisco a lui e qualcosa in lui si rattrista.
«Lui è il ragazzo perfetto, vero?». Inclina il capo con un'espressione furiosa.
«Io...».
Sono terrorizzata, non so che fare, è troppo vicino.
«Potresti allontanarti?», provo a spingerlo.
«È il tipico ragazzo che vi fa sognare, che vi fa credere di poter stare con lui e vi riempie di attenzioni, ma non sapete nulla di lui».
Volto il viso di lato, stringendo forte le palpebre, come se potessi teletrasportarmi fra le braccia di Marcus in un attimo e scappare da questa situazione. In un attimo è a cinque centimetri da me e il panico prende il sopravvento.
«Lui usa qualsiasi persona si avvicini a lui, e in uno schiocco di dita...dimentica tutte quante. Cazzo, ho sempre odiato quel Lester, si crede il dio del mondo solo perché tutte le ragazze gli vanno dietro».
Comincia a diventare veramente pesante, mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e subito immagino che sia Marcus a farlo. Busso insistentemente alla porta, per farmi aprire da qualcuno.
Qualsiasi persona sia di passaggio...può cambiare tutto.
«Ragazzi, ei potete aprire?».
Non devo apparire disperata, sarà solo peggio.
«Peccato, non ci sentono da qui dentro... Le mura sono fatte di sughero, Diane», annuncia divertito.
Vorrei solo avere Marcus con me.
Perché non l'ho ascoltato? Perché ho deciso di partecipare a questo gioco? Ma soprattutto perché sono entrata proprio con lui? Sono un'idiota.
All'improvviso la porta si spalanca e Finn coglie l'occasione per buttarsi addosso a me, provando successivamente a baciarmi, ma io mi scosto uscendo di corsa dalla stanza.
Trovo Marcus davanti a me e mi getto fra le sue braccia. Riesco a sentire il suo cuore pulsare velocemente, mentre non ho quasi più fiato.
«Oh-oooh, a quanto pare vi siete divertiti lì dentro eh? Questo fiatone promette bene!», si congratula Dwight a Finn, mentre non mi degna di uno sguardo.
«Tulipano, che è successo?», mi chiede Marcus, stringendomi ancora più forte.
«Possiamo andare via per favore?».
«Ti ha fatto qualcosa? Ti ha... sfiorata, per caso?».
Dentro di lui arde il fuoco, glielo leggo negli occhi. Sta letteralmente impazzendo, è più agitato e furioso di me. Nel mio silenzio intuisce una risposta e si stacca come una molla, correndo verso Finn.
«No, aspetta, fermati!», provo a raggiungerlo, ma é già addosso a lui.
«Pezzo di merda, che cazzo le hai fatto?», gli urla dritto sul viso sferrandogli un pugno alla tempia. Mentre iniziano a prendersi a botte, Dwight e il ragazzo con cui è andata prima Stella cercano di dividerli, ma invano.
Stella mi raggiunge e mi chiede cosa è successo, ma io mi concentro su Marcus e sulla furia che gli leggo sul viso mentre prende a botte quel ragazzo. È come se... come se aspettasse solo questo.
Perché non aspettavi altro che prendertela con lui, Marcus?
La mia testa è come un casinò, piena di urla e baccano che mi consumano le orecchie. Gli occhi di Marcus sono un incendio, mentre Finn non sta letteralmente reagendo a tutti i pugni che gli sferra. Questo significa solo che sta per cedere del tutto, e io non posso permetterlo. Mi fiondo su di loro, cerco di far ragionare Marcus ma tutto ciò che ottengo è una vista ancora più allucinante: il viso di Finn è un completo dissanguarsi, così come le nocche di Marcus, sbucciate e ferite. Ma mai quanto la sua espressione.
Una volta tirato fuori dagli amici, Finn non è morto per un pelo e Marcus viene verso di me. Mi tira per il polso senza dire nulla, furiosamente ma con delicatezza, ed io faccio cenno a Stella di seguirci.
Ci ritroviamo tutti e tre in macchina e il viaggio si mostra completamente silenzioso. Fisso le mani di Marcus al volante e il cuore mi si spezza in mille pezzi. Perché deve risolvere tutto così? Perché gli piace farsi del male? Perché...si complica la vita in questo modo?
Siamo davanti all'Hotel di Stella, che prima di scendere mi fa cenno di chiamarla più tardi per spiegarle tutto. Una volta soli, io e lui ci guardiamo e mi rivolge uno sguardo strano, come se fosse tutta colpa sua.
«Marcus, io...», provo a dirgli.
«Mi dici cosa avete fatto per favore?», mi interrompe passandosi una mano sul viso. La sua voce è come spezzata e i suoi occhi adesso sono colmi di disperazione.
«All'inizio parlavamo tranquillamente, poi mi ha chiesto di noi due e si è subito gettato addosso a me... non riuscivo ad allontanarlo perciò ho bussato più volte per far sì che apriste la porta, ma non potevate sentirci», spiego con la voce tremante.
«Figlio di puttana», dice sotto voce. «Ora non pensarci, è tutto finito per adesso. Quel bastardo non rimarrà in vita per neanche cinque di minuti, Diane», continua lui guardandomi con uno sguardo rassicurante.
Ma io non sono mai stata peggio di così.
«Non dovevi fare nulla, Marcus. Sai che succederebbe se morisse sul serio?», provo a dirgli con la voce bassa.
«Avrei dovuto lasciare che quel pezzo di merda andasse in giro tranquillamente, senza pagare per come si è comportato con te? Mai. Non mi importa a cosa andrò in contro, almeno l'avrò fatto per una buona ragione», dice tutto ad un fiato. «Sei una mia responsabilità, fine della storia. Ti succede qualcosa? dimmelo e me la vedrò io, semplice. Se non ti sta bene non far accadere più nulla», continua, pentendosi dell'ultima frase in una frazione di secondo.
«Quindi sarei io la causa di ciò che è successo?», sbotto.
«Diane, non ho detto questo», prova a giustificarsi.
«Sì che lo hai detto! Hai detto che la prossima volta non devo far accadere nulla, quindi poco fa ho fatto accadere tutto io!?», urlo abbastanza innervosita.
«Diane, se non fossi entrata e avessi rifiutato di giocare, adesso non saremmo qui», mi spiega tenendomi i polsi ben saldi nelle sue mani, con un tono fermo.
«Quindi è colpa mia se i tuoi amici non sanno controllarsi? Potevo tranquillamente entrare lì dentro e non sarebbe successo niente se Finn si fosse contenuto almeno un po', ma tu continui ad incolpare il fatto che sono entrata in quel fottuto sgabuzzino, senza dar peso a ciò che fanno gli altri. Non ho parole», mi libero dalla sua presa e scendo dalla macchina.
«Diane, porca puttana, entra», mi dice dal finestrino.
Non dico nulla ma inizio a camminare, quindi esce anche lui dall'auto e corre verso di me.
«Cosa. Cazzo. Vuoi», gli dico prima di girarmi, ma quando mi decido a voltarmi incontro i suoi occhi e non capisco più nulla.
«Torni in auto con me, tulipano? È tardi».
«E smettila di chiamarmi così!», provo a dire, ma mi blocca tirandomi verso la macchina. Non fa conto dei tacchi, perciò cado addosso a lui e mi avvolge in un abbraccio.
L'avrà fatto apposta?
«Torniamo a casa, Diane».

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SPAZIO AUTRICE:
Hello, readers. Eccoci qui con il capitolo sedici. Non so cosa dire, uno dei tanti capitoli che ha ricevuto più scleri, dico solo questo. (In certe parti volevo gettare tutto dal balcone, ma mi sono trattenuta). Ci sentiamo nel prossimo capitolo, a presto.

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