il senso del tatto

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-Avevi detto fosse bella, ma non così bella.
-È un angelo, ecco cos'è, amico mio. La beauté n'est que la promesse du bonheur*.
Etienne Dufour annuisce a quella citazione di Beyle, versandosi un bicchiere di vino cremisi nel calice di vetro appannato.
Schiocca le labbra, un rumore quasi osceno alle orecchie del giovane pittore. Dopo aver bevuto con Fleur, il suo fiore, Etienne sembra solamente un grottesco essere che si finge un uomo.
-Un angelo, sì. E sei riuscito a toccarla?- continua il poeta.
-Toccarla?
-Sì, mon cher, toccarla.
-Intendi sotto i vestiti?
Etienne gli sorride.
-Sai di cosa sto parlando.
No. Vorrebbe dirlo, ma si vergogna.
Non avrebbe mai potuto imbrattare una tela vergine di nero. Se c'era qualcosa che aveva imparato osservando Manet, era quello.
I colori di Fleur vibravano proprio perchè non era mai stata sporcata, ne era sicuro. Per questo non sarebbe stato lui il primo.

L'amore non è un qualcosa da fare con chiunque.

Vincent Duvall si accascia sulla poltrona foderata di verde al centro della stanza. Era tanto tempo che non andava a casa di Etienne.
Il suo gusto estetico rappresenta la sua personalità: barocca, così fuori moda da essere affascinante.
Adesso ha un impellente bisogno di cambiare paesaggio.

Sono le sette di sera.
Il poeta ha già bevuto mezza bottiglia di vino, mentre Vincent osserva il suo bicchiere ancora pieno.
Qualcosa, lo sta mangiando da dentro.
Qualcosa che sente che gli manca, rispetto al suo amico.

È veramente così neccessario amare, per fare l'amore?

-Senti, Vinc, ora ti farò una domanda.- Etienne mantiene il sorriso mentre si alza, ondeggiando elegantemente. Il sole calante illumina di arancio rossastro la stanza. Si riflette sui vetri delle credenze e sembra quasi siano macchiati di sangue.
-Sputa.
-Devi rispondermi con sincerità perchè so che fino ad ora non l'hai mai fatto. Hai sempre ignorato il discorso.
Vincent annuisce, aspettando che l'amico continui. Un rovo gli si interseca tra gli intestini, pungendoli.
-Sei vergine, non è vero?
-Sì, lo sono.
-Ma è fantastico, amico mio, vieni con me— Etienne gli porge la mano —sei proprio fortunato.
Vincent la afferra saldamente e si fa tirare in piedi. Prende il bicchiere e lo scola in un sorso.
Etienne gli lancia il cappotto ed esce con la bottiglia in mano. Vincent lo segue, lasciandosi la porta di casa alle spalle.

Si vive una volta sola, dopotutto.

Le strade della collina di Montmartre sono deserte. Vincent chiude gli occhi e si lascia trascinare dal poeta, in un susseguirsi di svolte, scalini, buche e lampioni che brillano rosastri filtrati dalle sue palpebre sottili.
Si sente un condannato che va al patibolo, ma allo stesso tempo un bambino che sa che riceverà un giocattolo che aspettava da tempo.
La stretta a tratti dolorosa di Etienne gli ricorda che è reale. Fin troppo
In lontananza sente delle voci, prima soffuse e poi sempre più chiare. Apre gli occhi.

Un uomo sta salutando una donna sull'uscio di quella che sembra una casa.
-Non ti dimenticare di me.- Vincent riesce a sentire solo quella frase mischiata al restante borbottio dell'uomo.
La donna ride mentre tiene l'orlo della gonna stretto al petto, mostrando completamente le gambe pallide e chiare come la luna nel cielo.
-Dimenticati di tua moglie, mon petit amant**.
La risata della donna è lasciva, ma alle orecchie di Vincent suona completamente nuova, come una melodia mai sentita.
L'uomo si mette in testa il cappello e si volta verso i due ragazzi poco lontani.
Vincent gli rivolge un sorriso imbarazzato, come colto a fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare.
Due occhi penetranti gli scrutano l'anima dietro a dei piccoli occhiali. Il ticchettio del bastone sul selciato è l'unico rumore nell'aria per qualche secondo.
Il vecchio gli si ferma davanti e gli prende la mano.
-Chi l'avrebbe detto che avrei ritrovato il piccolo pittore di Montmartre in un posto del genere. Bonne nuit, mes amis.

Si allontana, lasciando Vincent confuso, ma che non fa in tempo a comprendere cosa stia succedendo che Etienne si avvicina alla donna sulla porta.
-Ma belle Thérèse, è permesso o devo bussare?
Lei gli sorride, scoprendo leggermente il seno.
-Canaille***, prova a bussare qui.
Vincent distoglie lo sguardo, troppo tardi per non vedere con la coda dell'occhio la mano del suo amico affondare nella pelle bianca di Thérèse.
Quindi questo vuol dire "toccare".

Dentro la casa c'è un odore pungente di profumo spruzzato a coprire un odore sgradevole che resta nell'aria come un retrogusto amaro. Un uomo sta suonando a un pianoforte nella penombra. L'Inverno di Vivaldi.

Tre ragazze sono sedute su dei divanetti, una coperta solamente dalla vita in giù gli ricorda la figlia di un amico di suo padre con cui giocava da piccolo. Ha occhi grandi, capelli rossi e lunghi, arruffati. Non è bella, ma Vincent trova che sia più regale di molte donne nobili anche così rannicchiata in un angolo di un bordello.
Sembra avere diciotto anni al massimo, invecchiata dalla cipria sulle guance e sul naso.

Vincent si volta verso Etienne, gli prende la bottiglia dalla mano e la finisce in un sorso.
Il poeta gli dà un colpetto alla spalla.
-Hai scelto?
-Devo scegliere?
-Sono tutte per te, dice Thérèse, sei la persona più  famosa che sia mai passata di qui, oltre a me, ovviamente. E a forse un pittoruccio con le gambe da nano, mi stava appena raccontando la mia amica.
Vincent si volta e indica con la mano la ragazza rossa, che si alza in piedi, facendo maldestramente cadere l'unico pezzo di stoffa che la copriva. Il ragazzo volta lo sguardo, ma Etienne gli prende improvvisamente il mento e lo fa girare verso la ragazza, piegata a raccogliere lo straccio.
-Lei ti farà diventare un uomo, non la tua donna angelo, mon ami. Ricordatelo. Sono sempre quelle come lei.- gli sussurra all'orecchio, prima di spingerlo contro la ragazza con forza. Vincent la prende dai fianchi morbidi per non farla cadere.
-Scusami— balbetta— il mio amico è ubriaco.
La ragazza scuote la testa.
-Vieni, le stanze sono tutte vuote.
Lo porta stringendogli dolcemente la mano. È sicuro di stare sognando.

La testa è leggera per il vino, il profumo e la luce soffusa che si riflette sul corpo magro e delicato della ragazza.
Si siede sul letto, unico arredamento della stanza.
-Come ti chiami?
-Belle.
-È il tuo vero nome?
-No.
-È molto grazioso.
-Tu come ti chiami?
-Vinc.
-Vinc, possiamo fare quello che desideri.
-Io lascio decidere a te.
Gli occhi scuri e tristi della ragazza si spostano dall'esterno della camera al suo volto.
-Non l'hai mai fatto?
Non è veramente una domanda e Vincent lo sa.
Belle chiude le tende, nonostante non coprano quasi nulla. Le sue labbra sottili si posano su quelle del poeta in un bacio casto.
Poi, rapidamente, la bocca si sposta in basso.

Vincent non aveva mai provato una cosa del genere prima di quel momento. Il groviglio di arti, il mischiarsi di suoni e gemiti, lo scontro con la pelle bollente della ragazza completamente nuda e sicura di sé sotto di lui.
Il Paradiso, ancora una volta, a ogni orgasmo.

Vincent giura, uscendo dal bordello, di aver visto Dio.

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* traduzione: "La bellezza non è che una promessa di felicità." di Henri Beyle.
** "mio piccolo amante"/"mio caro amante"
*** letteralmente: "mascalzone"

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