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Studio del pittore, due del pomeriggio.
Fleur Gaubert siede sulla poltrona nella piccola mansarda. Fa freddo, lì dentro e un brivido le percorre visibilmente la schiena. Si guarda intorno, osservando le pareti puntellate di ragnatele e le macchie dovute alla pioggia sul pavimento di legno accanto alla finestra.
Tiene le mani posate una sopra l'altra sulla gonna ampia e dai colori tenui, le sue gambe accavallate sono ben visibili, marmoree. Piedi piccoli e delicati, in scarpe altrettano piccole.
Una collana di perle le orna i seni che sporgono compressi dal corsetto troppo stretto che le fascia il busto.
-E così lei vive qui?- chiede, spezzando il silenzio che rende l'aria pesante con la sua voce ancora immatura, da ragazzina.Le guance del ragazzo si tingono di rosso, improvvisamente conscio dell'imbarazzo che prova per l'aspetto della sua casa.
Non è un posto in cui avrebbe pensato che tale bellezza potesse entrare. Solo a Etienne era concesso assistere a simile squallore, perché anche lui viveva ormai come un bohemian da qualche anno e le loro mansarde erano tragicamente simili.
Chi ha bisogno di vivere come un re, quando è l'Arte a elevare il tuo spirito?-Sì.- risponde infine, senza alzare lo sguardo per paura di incontrare i profondi occhi nocciola della donna.
Vincent Duvall si affretta a tirare fuori dallo scaffale di legno un calice di vetro, tenendolo tra le dita affusolate della mano sinistra, mentre con l'altra prende una delle bottiglie conservate nel ripiano sottostante.
Di nuovo vino rosso.
Si volta verso la donna, ancora seduta composta nella stessa statuaria posizione. La vede sorridere come una madre che sta per rimproverare giocosamente il figlio.
-E per me, signor pittore? In casa sua gli ospiti non bevono?
Il ragazzo si rifugia ancora una volta nel riflesso che il vetro del piccolo armadio gli rimanda e cerca di soffocare l'imbarazzo. Finge per alcuni interminabili secondi di non trovare un secondo calice, muovendo la mano a casaccio verso il fondo polveroso del mobile.
-Sì, certo che— dice con voce troppo acuta— certo che bevono gli ospiti... Io... Non credevo che tu, insomma, non credevo che tu bevessi, mademoiselle.
Lei si lascia andare in una dolce risata, coprendosi la bocca con una mano.
-Come siete spiritoso. Suvvia, versatemi un po' di quel vino e ditemi come volete dipingermi. Non ho molto tempo, sapete?Vincent le porge uno dei due bicchieri e si morde il labbro inferiore, cercando di evitare di spostare lo sguardo su di lei. È sicuro che non tornerebbe mai più se sapesse che per lui è così difficile ignorare la pelle candida del suo petto. Fleur prende in mano il bicchiere e si sporge, afferrando decisa con due dita della mano libera il mento del ragazzo, girandolo verso di lei. Le sue unghie lunghe affondano leggermente nella pelle delle guance del pittore.
-Vincent, se mi permette di chiamarla per nome, perché evitate di guardarmi?
Il ragazzo non riesce più a nascondere le guance che stanno andando a fuoco e, costretto a fronteggiare la fonte del suo imbarazzo, farfuglia parole senza senso.
-Io... uh... penso... non...— sente un pizzicore agli occhi, lacrime che vorrebbero scendere a causa di un cuore sopraffatto dalle emozioni.
Un vortice nello stomaco gli provoca la nausea, non riesce a sostenere una vicinanza tale da sentire il respiro di Fleur scaldargli le labbra.La ragazza sorride nuovamente, lasciando la presa.
-Perdonatemi. Non so cosa mi sia preso.
Vincent prende un grosso respiro, cacciando al fondo della gola la sensazione di voler urlare a causa della bellezza della donna davanti a lui. Si ricompone in fretta, bevendo un altro bicchiere di vino dolciastro.
-Adesso avrai tutta la mia attenzione, ma jolie [1].
-Mi fate arrossire.
L'alcol lo rende più sicuro di sé. Vuole impressionarla, vuole renderla la sua modella, come tutti i grandi pittori.
Fleur, la sua Musa. La più bella tra tutte, come Simonetta [2].Il ragazzo si volta nuovamente, prendendo un terzo sorso dal proprio bicchiere e si dirige verso un angolo della stanza. Sono disposte ordinatamente alcune tele non ancora toccate dal suo pennello, comprate mesi prima e abbandonate a prendere la polvere.
Fleur nel frattempo si alza, apre la finestra e lascia che l'aria più calda del pomeriggio le scompigli i capelli biondi e le faccia muovere l'orlo del vestito. Si ferma brevemente a guardare il panorama e Vincent si accorge di quanto sembri inqiueta mentre tamburella con le dita sul davanzale.
-Devi incontrarti con qualcuno?
-Oh?— la ragazza scuote la testa, voltandosi a guardare l'interlocutore —Stasera, forse, chi lo può sapere? Penso sempre al presente io, adesso ci sono e dopo? Chi lo sa.
Gli regala un sorriso, più dolce degli altri due, quasi malinconico.
-Una così bella ragazza non dovrebbe pensare alla morte.
-E a cosa dovrebbe pensare? Non è anch'essa un essere che respira, che vive perché il cuore batte e che muore perché, un momento dopo, questo è fermo per sempre?
-Dovresti pensare alle sensazioni della vita.
-Oh, chéri artiste [3], questa ragazza ha smesso di apprezzare la vita tanto tempo fa.Fleur chiude la finestra e si siede nuovamente sulla poltrona.
Vincent si siede sul suo sgabello, davanti al cavalletto su cui ha posto una tela immacolata. La luce è perfetta, colpisce la sua modella su un lato del viso, facendole brillare gli occhi.
-Ti dipingo così come sei.
-Oh, così? Con questo straccio addosso, fuori moda?
-Studio il tuo viso oggi e, se me lo permetterai, la prossima volta ti potrò dipingere come Venere.
Fleur non gli risponde più, rimane immobile nella sua posizione, sembra aver smesso anche di respirare.Il pittore traccia sulla tela con il carboncino, le delinea i tratti dolci del viso, senza neanche una ruga, il naso, le labbra ben definite, fino alle spalle e ad abbozzare il vestito.
Le disegna gli occhi, così grossi che sente che potrebbe riflettersi dentro, ma che trasmettono una tristezza impalpabile ed enigmatica.
Come fa a sembrare così sola, adesso?
Si accorge di essersi solo concentrato sul suo aspetto, senza domandarsi nulla sulla sua anima e si sente uno stupido.Perde il senso del tempo, più guarda i lineamenti della donna più, invece di diventare quasi grotteschi come sempre gli capita, diventano armoniosi. Due ore dopo, Fleur si alza per la prima volta dalla poltrona, sistemandosi la gonna. Vincent si ferma all'istante.
-Mi dispiace, devo andare. Il vostro orologio segna quasi le cinque del pomeriggio.L'unico rumore nella stanza adesso che Fleur è andata via è il carboncino che gratta sulla tela, accompagnato dallo sfrigolio della carta della sigaretta che brucia.
Vincent sente di aver trovato l'ispirazione perduta._____________________
[1]: "mia cara/ mia bella"
[2]: riferimento a Simonetta Vespucci, musa di Botticelli.
[3]: "caro artista"

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𝐌𝐄́𝐋𝐀𝐍𝐂𝐎𝐋𝐈𝐄
RomantizmFleur è la sua Musa e Vincent parla di lei in ogni suo quadro. -𝘜𝘯𝘢 𝘤𝘰𝘴ì 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘥𝘰𝘷𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘮𝘰𝘳𝘵𝘦. -𝘌 𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘥𝘰𝘷𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢𝘳𝘦? 𝘕𝘰𝘯 è 𝘢𝘯𝘤𝘩'𝘦𝘴𝘴𝘢 𝘶𝘯 𝘦...