capitolo 1^

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Una fredda notte d'autunno prosperava su un vecchio paesino dell'alto piano Veneto. Le foglie aranciate riposavano a terra mischiate col fango e i sassi. La nebbia dominava l'orizzonte e l'odore di pioggia profumava l'aria. Una luce in lontananza spezzava il leggero equilibrio di paesaggio naturale, era il "Gattopardo" piccolo bar che un tempo era il ritrovo abituale dei locali, ma anche di nomi rinomati.

Era, perché la guerra stava rovinando anche quel gioiello. Tutto era cambiato, anzi, tutto era tornato come negli anni delle famose guerre del 900, che sembravano tanto lontane a noi, ma che invece, erano più vicine di quando potessimo mai immaginare.

Eppure eravamo la, a cantare in quel vecchio locale, come se ci fossimo solo noi, la resistenza.
Considerati criminali dal governo e salvatori dal popolo e dalla gente comune, dovevamo rimanere nell'ombra, non farci scoprire per nessun motivo.

Almeno in quelle poche ore che passavamo al bar del Gattopardo, potevamo sentirci finalmente liberi di professare qualcosa di veramente nostro, e non imposto dal regime.

Poco prima di iniziare la performance, un gruppo di militari entrò nel bar. Normalmente saremmo andati via; il concetto di bar non è illegale, ma meglio essere vigili, anche se non sembravano ostili.

Mi tolsi il lungo cappotto color carbone e la mia sciarpa rossa, mi sistemai i lunghi e folti ricci, e feci un cenno ai miei amici, già pronti con gli strumenti in mano.

Quando iniziarono a suonare, cominciai all'unisono a cantare Bella Ciao.

Il barman, nostro amico, stava tranquillamente ascoltando la canzone da noi proposta mentre preparava i drink a quegli strani uomini.

Non erano fascisti, in realtà non li avevamo mai visti da queste parti, sulle loro scure uniformi era segnato uno strano stemma, un teschio circondato da una corona di alloro, il nome? Task force 141.

Non sembravano ostili, ma non ci si può fidare di nessuno a questi tempi quindi meglio restare vigili.

Le frasi provocatorie e libertine della canzone riecheggiavano nel bar, se i fascisti avessero mai scoperto che vi erano ancora persone come noi in libertà.. non so cosa ci avrebbero fatto.

Mentre cantavo, notai che un uomo di loro mi stava fissando particolarmente intensamente; gli altri stavano sorseggiando le loro birre e passando una piacevole serata. Da quel che riuscivo a sentire parlavano inglese, non sembrava di capire l'italiano, anzi, nessuno di loro lo capiva veramente.

Anche se non erano fascisti, non mi trasmettevano un buono presentimento. In realtà ogni soldato non me lo trasmetteva, ma questi sembravano abbastanza tranquilli.

L'atmosfera calda e confortevole aveva dato spazio alla nostra musica, che veniva dal cuore. Le candele e il camino erano la coppia perfetta; mista al freddo e nebbioso clima esterno.

E dopo tutto, gli occhi di quel tipo erano ancora fissi su di me. Non era uno sguardo perverso o lussurioso, ma freddo e neutrale, come se non ci fossero emozioni dentro di lui. La maschera che copriva il suo volto non aiutava. Era l'unico che ne portava una così integrale. Un passamontagna nero con sopra una semplice maschera di un teschio, gli occhi? Marroni, tendenti a una tonalità molto scura.

Erano in 7, seduti in un tavolo circolare, chi più giovane chi più vecchio, facevano tutti parte dello stesso gruppo.

Finito, ci furono un paio di applausi dalle persone che popolavano il bar, sempre le solite, quelle che non erano state prese o uccise. Anche quei strani militari ci applaudirono, insomma, un applauso in più fa sempre piacere no?

Gianluca, il barman, nostro amico di vecchia data ci offri qualche drink e ci fermammo a parlare e chiacchierare fra di noi.

Ad un certo punto, due dei sette dei militari si alzarono e vennero verso di noi, provando goffamente a instaurare un dialogo.

"Hey ragazci.. bella performance!" Dissero in un italiano storpiato, con un fortissimo accento inglese, suonava parecchio divertente alle nostre orecchie.

Mi girai e li squadrai da testa a piedi prima di posare il bicchiere sul bancone e appoggiare la schiena ad esso, schiarendomi la gola.

"What do you want?!" Dissi con un tono che effettivamente era leggermente irritato.

"Nothing nothing.. just, just congratulate for your beautiful performance!" Dissero felici di aver trovato qualcuno che parlasse inglese.

"I don't need your congratulations, leave us alone" rispondo freddamente mentre non li guardo neanche in faccia, come se si meritassero la mia attenzione.

Quando mi girai nuovamente verso di loro per vedere se fossero ancora lì ad importunarci notai che l'uomo con la maschera da teschio si era alzato ed era dietro ai due soldati. Sussurrò qualcosa ai due e tornarono a sedersi in silenzio.

Alzai lo sguardo per incontrare il suo ma mi stava già guardando. Il mio cervello entrò in difesa per un attimo e borbottai "what are you looking at?!"

"Nothing" disse freddamente e tornò a sedersi con gli altri al tavolo. La sua voce roca e molto bassa, ma non trasparevano emozioni, solo, brividi.

Fiducia  \  Simon "Ghost" Riley x fem readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora