capitolo 2^

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Tutto stava andando per il meglio. Stavamo felicemente bevendo, nel senso, i miei amici stavano bevendo. Io no, non perché non mi piaccia bere, ma perché preferisco rimanere vigile; soprattutto se ci sono soldati intorno.

improvvisamente, uno dei nostri amici entrò nella locanda, aveva il respiro affannato e si vedeva che aveva fatto una lunga corsa per venire qui. Aveva delle gocce di sudore che gli scendevano dalla fronte, le ginocchia sbucciate e i pantaloni stracciati dalle probabili cadute.

"Gio tutto bene?" chiesi arricciando il naso e avvicinandomi a lui

"I fascisti.. stanno arrivando anche qui! hanno scoperto cosa facciamo.. ci uccideranno!" urlò con voce ansiosa, quasi piangendo.

ci allarmammo tutti, non era la prima volta che passavano dei militari, ma solo perché vedevano un comune bar in mezzo ad un paesino.. se avessero scoperto che facevamo parte della resistenza, ci avrebbero uccisi, o peggio, catturati.

Io e Marissa, la mia migliore amica, conducemmo tutti i presenti nel retro del bar, spostammo una vecchia libreria e facemmo entrare tutti.

"Mia figlia la mia bambina! Fatima!" una donna urlò, in cerca di sua figlia.

Era Dolores, la panettiera del nostro paesino, e Fatima era sua figlia, aveva solo 5 anni, ed era rimasta l'unica dopo che suo fratello maggiore era partito per la guerra, dove era deceduto. Dolores aveva provato un vuoto indescrivibile come tutti noi, dopo tutto ci conoscevamo, ed ogni volta che qualcuno ci lasciava in quel terribile modo era un lutto per tutti.

Si era unita al nostro piccolo gruppo di resistenza contro il regime, tentando di vendicare suo figlio. Non potevamo lasciare che anche Fatima si facesse male o addirittura morisse senza almeno aver provato a salvarla.

"Mari, assicurati che tutti siano al sicuro, vado a prendere Fatima" dissi prima di correre nel bar nuovamente. Erano tutti o scappati, o nascosti nel retro; gli unici rimasti erano quel gruppo di militari, pronti a difendersi visto che avevano sentito delle macchine e degli spari arrivare, e la povera Fatima, che stava piangendo in un angolino.

Improvvisamente, sentii uno strattone ad un braccio, mi girai di scatto, pronta ad attaccare se ce ne fosse avuto bisogno, ma per mia sorpresa era quell'uomo con la maschera da scheletro.

"Vai a nasconderti ragazzina" disse con la sua voce roca. Per mia sorpresa sapeva l'italiano.. non credevo. Anche se il suo accento era molto.. inglese.

"Non posso devo prendere Fatima!" gli urlai contro e provai a dimenarmi per liberarmi dalla sua presa. Appena notò la bambina mi lasciò il braccio e corsi verso di lei. Mi chinai, presi le sue mani per rassicurarla, ma nello stesso momento, ci furono dei rumori fuori dal bar, e poi, qualcuno bussò alla porta.

"Dai Fatima dobbiamo andare dalla tua mamma vieni" dissi con un tono gentile, cercando di non spaventarla vista la situazione. La presi in braccio e la feci entrare nel retro del magazzino. Contemporaneamente si sentii un forte rumore, avevano spaccato la porta con un calcio.

Cazzo il violino

Il solo pensiero che il mio violino potesse venire distrutto da quei barbari mi fece quasi vomitare. Tornai indietro e vidi il mio violino. Era dentro la custodia, per fortuna non era stato aperto o danneggiato da nessuno.. non potevo permettermelo, non me lo sarei mai perdonato.

Feci una corsa, presi la custodia, ma lanciai un urlo quando qualcuno mi prese per i capelli, tirandomi a se e facendomi cadere a terra. "AH! Lasciami lasciami!"

"Cosa abbiamo qui ragazzi?" disse il ragazzo che mi teneva per i capelli, un colpo basso.

"Lasciatemi brutti bastardi!" urlai indietro, non mi facevano paura.. almeno era questo che volevo esprimere

"Coraggiosa la ragazza! ma non tanto quando avrà una pallottola piantata in fronte" si mise a ridere con gli altri lo stronzo.. Dalla voce non sembrava affatto adulto, anzi, un ragazzino poco più che maggiorenne.

"Che voleva prendere? una valigetta? ah no è un violino!" un altro esclamò prendendo la custodia del mio violino da terra

"Non provare a romperlo! ti ammazzo figlio di puttana!" Cominciai a dimenarmi, ma più che ci provavo, più la presa del ragazzo si stringeva, facendomi un male cane.

"Stai zitta troia! farai meglio a tapparti quella bocca che ti ritrovi o finirai per non parlare proprio più!" Disse dandomi uno schiaffo; poi, sentii la fredda canna della pistola premere contro la mia nuca, e un brivido di puro terrore mi trapassò la colonna vertebrale, facendomi bloccare contro il pavimento.

"Non parli più eh? così va meglio.. forse dovremmo portarla con noi.. potrebbe esserci utile, se sai cosa intendo" sghignazzò il ragazzo, facendo intendere il palese doppio senso.

"Meglio morta che diventare una di voi!" Riuscii a dire nonostante il terrore che stava screscendo in me.

chiusi gli occhi, preparandomi al peggio, poi.. uno sparo. Passarono alcuni secondi di silenzio; secondi che sembravano interminabili, aprii gli occhi, non ero morta?

alzai lo sguardo e vidi con orrore il corpo morto del ragazzo che mi stava per uccidere, steso a terra in una pozza di sangue, qualcuno gli aveva sparato alla testa.

A seguire, non capii cosa stesse succedendo, ricordo solo spari, urla e.. tutto sfocato. Quando sentii un secondo silenzio che stava durando più del primo, alzai la testa e vidi una distesa di corpi morti sul pavimento del bar. Bottiglie rotte, tavoli, sedie a terra, come se ci fosse stato un uragano.

Una mano mi prese il braccio e mi tirò su, era ancora l'uomo con la maschera da scheletro.

"You're ok?" mi chiese con il solito tono neutrale. La sua uniforme era sporca di sangue, ma la sua espressione era sorprendentemente calma; come se uccidere tutte quelle persone non lo avesse minimamente destabilizzato

"Sto bene sto bene.." dico velocemente, spostandomi ad una distanza di sicurezza da lui.

"OLIVIA! STAI BENE!?" Marissa urlò, correndo verso di me e abbracciandomi forte, la abbracciai indietro e la rassicurai "sto bene non preoccuparti"

Oh no, non stavo per niente bene, le mie mani stavano tremando, era già tanto se riuscivo a stare in piedi o parlare senza scoppiare in lacrime. La sensazione della canna della pistola che premeva sulla mia testa.. una sensazione che avrei augurato a poche persone. L'odore di morte che avevo sentito poco prima degli spari.

"Dobbiamo andarcene.. chiameranno altri fascisti, se stiamo qui moriremo di sicuro" dissi schiarendomi la voce, strofinandomi la guancia che era ancora rossa per lo schiaffo del soldato.

"Olivia!" una vocina mi chiamò e abbassai lo sguardo quando Fatima mi abbracciò forte la gamba, visto che era troppo bassa essendo una bambina.

Sorrisi leggermente, quel piccolo gesto era riuscito a farmi sorridere, nonostante tutto, si erano salvati.

Fiducia  \  Simon "Ghost" Riley x fem readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora