capitolo 3^

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Guardai per terra, il mio sguardo cercava la custodia del mio violino, pregando che non sia rimasto aperto e quindi, rotto.

La trovai sotto un cumulo di bicchieri rotti, per fortuna che non lo avevo aperto, quindi il violino era intatto. Lo presi, indossai il mio lungo cappotto e mi misi la sciarpa, nel mentre che gli altri si stavano preparando.

Avevamo deciso di partire, ma non tutti ci avevano seguito. Chi come Dolores, aveva deciso di restare nel paese, dopotutto aveva una famiglia e una casa, con un lavoro; non poteva abbandonare tutto, anche per Fatima.

Eravamo rimasti in pochi, 6 per l'esattezza, non avevamo niente da perdere; eravamo la nostra famiglia, dovevamo contare l'uno sull'altro, soprattutto in momenti come questi.

Lasciare tutto.. si che è stata dura, ma non è che avessimo avuto molte altre scelte.

Camminammo per qualche ora, seguendo stradine e sentieri sterrati che solo noi conoscevamo, dove era difficile incontrare soldati. Gli alberi avevano perso quasi tutte le foglie, la nebbia lasciava un piacevole odore di pioggia nell'aria, e il rumore degli spari e dei camion era ormai lontano, invertito invece, da quello dei nostri scarponcini che pestavano le piccole pozzanghere, e le nostre chiacchere per tirarci su il morale.

Finalmente arrivammo nella vecchia casa abbandonata di un'anziana coppia che ormai era morta da tempo. La casa era ancora in condizioni decenti, l'unico problema era il freddo e le finestre rotte a causa dei vandali o eventi atmosferici.

Entrammo e preparammo un piccolo fuoco di fortuna dentro il camino nella sala da pranzo, prendemmo i nostri sacchi a pelo, li avevamo posizionati vicini tra di loro per scaldarci. Avevamo mangiato qualcosa e stavamo cantando felicemente attorno al camino, quando, sentii uno strano presentimento.

"Vado in bagno torno subito" dissi alzandomi e dirigendomi fuori dalla casa, non curante se mi avessero creduto o meno. Una volta fuori, stetti in silenzio per qualche secondo per poi, vedere un piccolo fuoco nel giardino sul retro. Cazzo erano quei militari.. della task force 141! ma che ci facevano qui?

Mi diressi verso di loro con tono deciso e un espressione aggressiva "Che ci fate voi qui?! ci state seguendo?" mi intromisi nella loro conversazione.

"Milady! why don't you just join us?" Uno di quei tizi mi disse in inglese

"Shut up, why are you here?! stop following us!" gli urlai conto, facendoli rovesciare quello che sembrava whiskey. L'uomo si alzò da terra e venne verso di me con fare minaccioso.

L'uomo con la maschera da scheletro lo fermò, e senza dire niente, lo fece sedere a terra nuovamente, poi disse "Vi stiamo solo proteggendo tutto qui, una pistola in più non fa mai male di questi tempi" disse pacato. Il fatto ce conoscesse l'italiano mi stava innervosendo ancora di più.

"Non ve l'ha chiesto nessuno, non vogliamo la vostra protezione, ci sappiamo difendere da soli"

"Come prima al bar? se non ci fossimo stati noi, ora tutti, sarebbero morti." disse pacato il soldato.

Odiavo ammetterlo ma era vero; se non ci fossero stati loro probabilmente saremmo già morti da tempo, ma non farò mica provare questa soddisfazione a qualcuno, figurati se ad un soldato.

"Ripeto che nessuno ve l'ha chiesto, non mi sentirò in dovere di ringraziare, ora, non seguiteci più!"
Dissi incrociando le braccia e camminando via, dentro la casa.

"Stupid brat.. she didn't even look at us" disse uno di quei soldati

Tornai dentro la casa, come se niente fosse, non avrei mai lasciato che quegli uomini mi vedessero debole o a guardia abbassata.
Presi il mio violino, e con tutti i miei amici, cantammo e suonammo qualcosa. C'era ancora del buono nel mondo, come la musica, o l'amicizia, che non ci aveva ancora portato alla follia.

Fiducia  \  Simon "Ghost" Riley x fem readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora