WORK 136

CAPITOLO 26

POV'S GRACE

Le mie ginocchia stanno iniziando a cedere. Sono sola in casa, magari posso approfittarne per alzarmi e fare colazione dato che Carter non mi ha fatto mangiare neanche un biscotto.
Approfitto di questo momento e vado a prendere il cellulare per chiamare mia madre.
<Fatti sentire più spesso eh!> sento dire scherzosamente dall'altra parte del telefono dopo qualche minuto di conversazione. È mio padre, deve aver finalmente metabolizzato del tutto il fatto che Mr Young mi abbia buttata fuori dal suo studio a calci. Ora è più calmo. Ma nonostante ciò sento comunque di non star facendo abbastanza per loro e per mio fratello Taylor.
So che sono i miei genitori e che dovrebbero cercare di mantenere loro me, ma con i debiti di mio padre e la disoccupazione di mia madre avvenuta qualche mese fa l'unica persona che può e che sente il dovere di aiutarli in ogni modo possibile sono io.
In realtà mi piace lavorare.... Beh solo se il mio capo non sia Young... O Carter, non so chi dei due sia peggio. Ma su Carter voglio andare a fondo, so che sotto la corazza dura che mostra si nasconde un lato tenero e sensibile. In realtà non lo so, ma sotto ne sono convinta.
Cerco da mangiare ed effettivamente non c'è nulla a parte quel pacco di biscotti di stamattina.
L'unica cosa da fare è aspettare che Carter torni, sperando che a quel punto mi faccia mangiare. Approfitto del fatto che non sia ancora tornato e salgo al piano di sopra. Esito per qualche secondo una volta davanti alla porta della sua camera, ma decido di entrare, pur sapendo che se lo verrà mai a scoprire ci saranno delle conseguenze.
La stanza di Carter è stupenda, ha un letto altissimo a due piazze e vicino al grande televisore che occupa tutta la parete frontale al letto c'è l'armadio. Ha uno specchio su una delle ante. Decido di aprirlo e noto con mia grande sorpresa che non è tutto oro ciò che luccica. È disordinatissimo. È incasinato come la testa di Carter.
Tolgo i tacchi che mi stanno uccidendo i piedi, li appoggio a terra vicino al suo letto e mi viene in mente di risistemare tutto il disastro che quel ragazzo ha combinato in questo armadio.
Di Carter ancora nessuna traccia. Passano dieci, venti, trenta minuti e la montagna di panni si trasforma in file ordinate di vestiti divisi per tipologia e colore. Adoro sistemare, anche se pensare in qualche modo di star "aiutando" la persona che in questo momento sta stravolgendo completamente i miei pensieri e mi sta rendendo più vulnerabile che mai mi porta a voler rimettere tutto in disordine.
Prima però che il pensiero di voler mettere quell'armadio di nuovo sotto sopra diventi realtà, sento dal piano di sotto la porta aprirsi.
<Cazzo...> mormoro a bassa voce.
Chiudo l'armadio, accosto la porta della camera di Carter cercando di rimanere il più silenziosa possibile e senza farmi vedere sgattaiolo in bagno.
Da giù lo sento sbuffare e borbottare cose che da qui non riesco a sentire.
Prima o poi dovrò uscire da questo bagno ma, poco prima di mettere piede fuori, mi accorgo che ho dimenticato i tacchi in camera sua.
Troppo tardi. Mi ha vista.
<Cosa stai cercando di fare Bennett?> mi dice guardandomi in alto sopra le scale.
È calmo, troppo calmo.
Balbetto, non so cosa dire, sono una stupida.
<Mi vuoi rispondere o no?> mi dice.
<I-Io.. Stavo solo...>
Devo inventarmi qualcosa.
<Il fatto è che, m-mi stavo sentendo male e sono dovuta correre in bagno...>
<Aah. E dimmi...Come mai sei senza scarpe?>
Non mi da neanche il tempo di rispondere.
<Va bene Grace. Non preoccuparti.> risponde socchiudendo gli occhi e facendo un gesto con le mani.
Continua ad essere fin troppo calmo e sono alquanto confusa.
<Tanto che importa, vero? Giuro su Dio non ho mai avuto così tanta pazienza nella mia vita.>
Inizia ad alzare la voce.
<In questo momento io dovrei mandarti via! E inve..>
<E invece cosa!> lo interrompo urlando.
Mi guarda negli occhi. Riesco a percepire il suo sguardo nell'iride anche se siamo abbastanza lontani. Tira un sospiro profondo e risponde <E invece non ci riesco.>

——
Eii, vi piace?♥️