Capitolo Quattro

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*Tyler*

"Mamma" le sussurrai, scuotendola dolcemente. La sua sveglia era suonata venti minuti fa, ma mi era sembrata così stanca che l'avevo spenta e l'avevo lasciata dormire ancora un po'. Non sapevo se ne sarebbe stata felice o no, ma sapevo per certo che ne aveva bisogno. Si rigirò, agitandomi un braccio contro.

"Ty? Che vuoi?" brontolò, rigirandosi con la faccia nel cuscino.

"È ora di alzarsi! Ti ho preparato la colazione, è in cucina."

"Cosa hai preparato?" mi chiese scettica, alzando la testa quanto bastava per guardarmi. Non potei fare a meno di ridere, con i capelli scompigliati sugli occhi sembrava più un ispido cagnolino randagio che mia madre. Mi sedetti al bordo del letto, incrociando le gambe.

"Uova e pancetta. Devo andare via tra poco, ho scuola. Ma ti alzerai, vero?" le chiesi, con fare deciso. Mi stette un attimo a guardare, prima di sbuffare.

"Ugh, okay." Mormorò, alzandosi a sedere e buttando a terra le lenzuola. "Ma solo perché voglio vedere il mio piccino che va al suo ultimo primo giorno di scuola."

"Mamma!" protestai. Quando mi abbracciò mi divincolai un po', ma poi mi arresi, lasciando che mi abbracciasse. Posai la testa sulle sue spalle e mi si chiusero gli occhi. Non ero abituato ad alzarmi così presto.

"Sei felice di rivedere i tuoi amici? Non si può dire che tu li abbia frequentati molto quest'estate." Osservò, passandomi la mano sulla schiena. Feci spallucce, anche se sapevo benissimo la risposta. Temevo il momento in cui sarei dovuto tornare a stare assieme a quella gente, quindi non ero certamente entusiasta.

"Erano sempre occupati. Sono tutti ricchi, sono sempre in viaggio."

"Scusami." Raddrizzai la schiena, guardandola interrogativo.

"Per cosa?"

"Per non poterti far vivere le stesse esperienze." Disse, con gli occhi bassi. Mi sentii troppo in colpa a sapere che la mia bugia l'aveva fatta intristire. Le ha sempre dato fastidio vedere bambini più agiati di me. Voleva che avessi tutto, e si sarebbe piuttosto ammazzata di lavoro se non le avessi continuato a dire di non preoccuparsi. Ero felice con ciò che avevo. Avevo un tetto sulla testa, da mangiare e la madre più comprensiva che potessi chiedere. Quindi che importava se dovevo andare ai negozi di usato e non potevo invitare a casa i miei amici? Lì avevano più scelta, e di amici non ne avevo.

"Non starci male, fai di tutto e di più per me, me ne rendo conto." Le risposi, cingendole le spalle. Lei sospirò, evitando il mio sguardo. "Seriamente, mamma, non ci sono neanche posti in cui vorrei andare."

"Che balla, Tyler. Ho visto le immagini che hai appeso in camera, potresti diventare un nomade da quanti posti vuoi visitare." Alzai gli occhi al cielo, sapevo che aveva ragione. Ma avrei voluto visitarli più in là, quando avrei potuto mantenermi da solo. Mi alzai lentamente, dirigendomi verso l'ingresso. Mi fermai un attimo dalla porta, sorridendole.

"Ci vediamo quando torni da lavoro, e sta attenta agli schizzi di olio bollente."

"Ce la posso fare, ma anche tu fa' il bravo a scuola."

"Ovvio che, faccio il bravo! Sono un angioletto!" ribattei, incorniciandomi il volto con le palme delle mani. Lei alzò gli occhi al cielo, ma non avevo tempo di rimanere a casa a parlarle ancora a lungo. Non ero di fretta, ma non avevo comunque tempo da perdere. Volevo essere in ritardo, ma solo per farmi notare quando entravo in classe, perché non volevo perdermi niente di importante. Raccolsi le chiavi dal tavolo, urlandole di sbrigarsi prima che la sua colazione si freddasse. Uscii per andare in macchina, rabbrividendo all'aria umida.

Freak (Troyler au) ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora