Capitolo Sette

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*Tyler*

Non so come, ma ero finito nel solito posto, le gradinate del campo di football. Di solito questo era un posto tranquillo. Quando non c'era alcuna partita in programma le uniche persone che ci venivano erano le coppiette che volevano stare da sole. Ma per fortuna in quel momento non c'era nessuno. C'ero solo io, su di una panchetta umida, perso nei miei pensieri. Non pioveva più, ma piovigginava leggermente, quanto bastava per rinfrescarmi. Tenevo gli occhi chiusi e le mani intrecciate, scrocchiando ogni singolo osso. Era proprio quello di cui avevo bisogno, un momento per staccare da tutto e schiarirmi le idee.

Una campana risuonò attraverso il cortile, interrompendo il mio momento di riflessione. L'intervallo. A momenti i ragazzi mi avrebbero bombardato di messaggi chiedendomi dove cavolo fossi finito, e oltretutto stavo cominciando ad avere fame, quindi decisi che avrei fatto meglio rientrare. Mi sentivo molto meglio ora!

Mi presentai a tutte le lezioni rimanenti, anche se passarono in fretta. In realtà ogni lezione era per la maggior parte del tempo un'ora introduttiva all'anno scolastico, non un'effettiva ora di lezione. Non mi dispiaceva star lì a far niente, finché non mi resi conto di quanto ero isolato rispetto al resto dei miei compagni di classe. Nessuno dei miei amici era in classe con me, quindi non potevo contare su nessuno, e nonostante tutti gli allievi dei corsi conoscessero il mio nome, nessuno mi parlava. Quindi alla fine ero l'unico della classe che invece di parlare e chiacchierare delle proprie vacanze, stava seduto al banco a fare ripasso. Ero in mezzo a così tanta gente, eppure completamente solo.

Non mi feci buttare giù dal primo giorno di scuola, mi affrettai a raccogliere la mia roba appena fu il momento. Dovevo lavorare dopo scuola, e a dir la verità non vedevo l'ora. Probabilmente è strano che a uno piaccia lavorare, ma a me piaceva. Mi buttai lo zaino sulle spalle e uscii nel corridoio principale. Ero sicuro che niente avrebbe potuto guastarmi l'umore, fin quando non vidi una sagoma familiare che spingeva qualcuno contro gli armadietti. Come diavolo faceva a pestare così tante persone nel suo primo giorno di scuola? Non riconobbi la persona spinta, ma chiunque fosse non meritava di essere trattato così da lui. Nessuno se lo meritava. Caspar si voltò di scatto, il suo viso si illuminò un momento quando mi vide.

"Hey, Ty! Vieni un po' ad aiutarmi a dare una lezione a questo moccioso." Feci un lungo respiro, avvicinandomi non troppo convinto. Odiavo il fatto che fosse quasi scontato che aiutassi Caspar con quel bambino che neanche conoscevo. Non sapevo neanche perché fosse in quella situazione, ma a quanto pare il motivo non era importante.

"Botte! Botte! Botte!" Non sopportavo i cori che sentivo, e mi si rivoltava lo stomaco al pensiero di dover far male a uno sconosciuto solo a causa della mia amicizia con Caspar. Mi chiedevo se gli altri si accorgessero di quanto ci stavo male, ma credo proprio che si vedesse. Sospirai, affiancandomi a Caspar.

"Colpiscilo, Tyler! Ha chiamato tua madre una poveraccia." Sbarrai gli occhi, puntando il mio sguardo contro lo sconosciuto, mentre mi avvicinavo a lui. Sembrava grande per la sua età, i capelli lunghi ricci gli ricadevano davanti agli occhi.

"É la verità?"

"Beh vivevate in una roulotte quindi in pratica è vero, ma io-" Ne avevo abbastanza della sua spiegazione. Spinsi Caspar da parte, per fargli capire che me ne sarei occupato io. Gli tirai un forte pugno sulla mascella, e mi godetti le urla di incitamento che sentii arrivare dalla folla attorno a noi. Feci un passo indietro, vedendo il ragazzino scappare in bagno. Caspar cominciò a gridargli dietro minacce su minacce, facendosi forte del fatto che tutti lo stessero guardando. Ma io lo ignorai, anzi me ne andai proprio, spingendo tra la folla per passare. Magari se fossi scomparso velocemente, nessuno si sarebbe preso la briga di chiedersi dove stessi andando.

Freak (Troyler au) ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora