Capitolo 8

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8. Mamma di cuore


Rebecca


"Becca sei sveglia?" la voce di Ludovica, composta, modulata, mai fuori posto, sempre giusta nella situazione in cui si inserisce, mi desta dal sogno ad occhi aperti che stavo vivendo in prima persona.

"Sì, ero solo sovrappensiero, scusami. Scendo subito" lei mi sorride sincera, io mi forzo di far arrivare il mio sorriso agli occhi ma non so fingere e lei lo sa bene. In questi 17 anni ha scrutato ogni mia piccola smorfia, sa se qualcosa non è al suo posto prima ancora che io trovi il modo di renderla partecipe. Succedeva ad ogni caduta dalla bicicletta, quando Matteo mi guardava da lontano tentare di mantenere un equilibrio fisico che per lui era inutile rispetto a quello mentale che curava con dedizione e scrupolo già da bambino. O quando un incubo mi svegliava nel cuore della notte lasciandomi con occhi di ghiaccio e cuore in tumulto, quando le parole per un po' non facevano parte del mio quotidiano e qualche ragazzina mi prendeva in giro senza rendersi conto che il mio mutismo era un grido d'aiuto inespresso. In quelle occasioni Ludovica tentava ogni cosa, con tutti i mezzi in suo possesso, per confortarmi con quell'amore di cui era stata dotata alla nascita e che per cause a me ignote aveva deciso di riversare solo su di me, incondizionatamente, senza chiedere mai nulla in cambio. Da mamma si potrebbe dire. Ma nel mio bagaglio di vita, nelle pile di panni che ho indossato e poi messo via, tra scarpe strette e tacchi che non uso e continuo a trascinarmi dietro, ho imparato che quell'amore prima di tutto deve essere destinato a te stessa per poter poi arricchire gli altri di quel plus che solo una donna che si ama può dare a chi sceglie, più o meno volontariamente, di amare per la vita. Nel nostro caso però lei ama solo me. Forse vuol davvero bene a Giacomo che l'ha sempre adorata silenziosamente, senza gesti plateali ma con i piccoli fatti che fanno crescere una figlia un po' sui generis come me, convinta che l'amore di un uomo debba essere devozione assoluta, rispettoso e mai soffocante.

Questi pensieri dovrebbero strapparmelo un sorriso, ma Ludo ha già iniziato a parlare composta ed io devo necessariamente manifestarle il mio malessere. Non posso aspettare oltre. Ha il diritto di sapere a cosa penso da mesi, senza doversi sentire sbagliata proprio lei che ha solo messo me avanti a tutto, fin da quel primo abbraccio al profumo di talco come mi ha raccontato tra le lacrime, le prime che le ho visto versare, quando ho scoperto tutto ed ho chiesto ogni più piccolo dettaglio.

"Ho visto che non smetti di far girare le rotelline dentro la tua testa Becca, ma dovresti darti tregua altrimenti rischi di non essere lucida."

"A cosa mi servirebbe?" mi sento dire, senza riuscire a controllarmi.

"A prendere giuste decisioni, nel tuo interesse. Non sempre presi da un dolore riusciamo a vedere chiaro ciò che abbiamo davanti agli occhi. Fidati, so di cosa parlo. Io ci ho provato tante volte a raccontarti qualcosa o a scorgere qualche sfumatura che mi era sfuggita, per rivederti col sorriso, quello vero" sospira, "non questa piccola smorfia che mi dedichi solo perché pensi che io me lo aspetti."

"Non lo faccio con cattiveria, ne sono sprovvista lo sai"  viene fuori come un sussurro sconfitto in partenza.

"E sicuramente non l'avrà fatto nemmeno lei così" tira su col naso soffocando un singhiozzo sul nascere e si gira per andare alla porta della mia stanza. Scappa da ciò che non è consono alla situazione, ma non posso far finta di nulla. O ora o mai più mi dico per incoraggiarmi.

"Mamma..."

Sgrana gli occhi sorpresa ma si riprende subito con un "Sì tesoro, dimmi" un po' tremolante ma vero, di quella semplicità che ho da sempre sotto il naso e forse non ho mai espresso a parole quanto sia importante, la stabilità in un caos che non so riordinare.

Non la chiamavo cosi da tanto, e non lo merita lo so. Non ho preso la decisione di non farlo, non ci ho mai nemmeno pensato su. È l'ennesima cosa che è partita in automatico, dalla pancia, senza chiedermi mai perché ascoltare quella sensazione invece che star lì a ragionarci. Credo sia stata una reazione alle bugie che ho sempre odiato, al senso di tradimento che ho avvertito scoprendo una vita finta, scelta su un catalogo.

Ma tutto questo era prima. Ora mi sento di aver ferito le uniche persone che mi hanno voluta fino ad assumersi le responsabilità di ogni mio respiro. Che idiota sono stata!

"Non è colpa tua se sto cosi. Ho solo bisogno di trovare delle risposte, ed ho davvero troppe domande da aver mal di testa. Ma non so come trovare i pezzi mancanti, è questo che mi fa allontanare. Non da te, o da papà, ma da tutto..."

"Tranne che da Matteo" sorride, asciugando svelta una lacrima sfuggita al suo controllo, "...ma ne sono felice. Non avrei potuto saperti completamente sola con te stessa e restare al mio posto senza provare a consolarti"  un'altra lacrima sua, un sussurro mio "come quando mi sbucciavo le ginocchia?" continuo la frase per lei. "Come quando urlavi in silenzio qualcosa che non abbiamo mai saputo spiegare, quando i mostri sotto al tuo letto non ero in grado di farli a pezzi ma potevo metterli sotto al tappeto e cullarti fino a sentirti respirare piano."

Si siede sul letto, mi sfiora una mano e alza lo sguardo sui miei occhi pieni di lacrime di nostalgia. "Questo è stato per me essere la tua mamma. Non contava non aver sentito il tuo primo calcio in pancia, ma tutte le volte in cui l'ansia o la paura di non essere abbastanza quel ventre l'hanno abitato prepotentemente. Non era necessario aver sentito il tuo primo pianto quanto invece evitare nuove lacrime. Non credo di averlo mai spiegato a qualcuno cosa volesse dire per me averti nella vita e nel cuore, ma se dovevo tirarlo fuori era con te che avrei voluto farlo. Tu vali anche questo piccolo sforzo fuori dai miei schemi."

"Grazie" e l'abbraccio come non facevo da tanto.

Lei sussulta e poi mi accoglie tra le sue braccia.

Avevo bisogno di questa certezza che non mi ha mai abbandonata, la stessa che qualche volta ho sentito come un laccio troppo stretto sul cuore e che solo ora capisco era un modo per amare più di chi quel diritto non ha dovuto conquistarselo con ogni forza e al di là di dubbi, commenti, sussurri alle spalle, lacrime ingoiate e pugni stretti.

Manca un pezzo, ma quello più importante sono senz'altro io, adesso lo so con certezza. Ho solo voglia di capire come ci sono arrivata fino a qui.

"Mi aiuti a far pace con quello che non so?"

"Sono qui, dimmi come e faremo luce su tutto ciò che vorrai scoprire bambina mia."

La mamma ce l'ho sempre avuta, non sarò una sua copia esatta e questo un po' mi spaventa, ma so come si ama gratuitamente grazie a lei e ne farò tesoro.

Ancora un tratto di strada percorso, un pezzo di vita aggiunto al bagaglio che mi ha resa quella che sono. L'ennesima piccola conquista di chi sa di essere il risultato di tutto questo e di molto di più. Devo solo scoprire come trovare l'incognita di questa equazione che mi fa sorridere perché ha il sapore di Matteo, lo stesso che sento ancora sulle labbra da ieri sera.

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