Artemisia guardava Berenice e Zeno andare via con la loro scorta, colpiti da una violenta pioggia. Da quando aveva saputo cos’era successo a Helios non faceva altro che guardare il cielo: non si vedeva il sole da più di una settimana e le foglie degli alberi non erano più di quel verde brillante a cui era abituata. Sapeva di essere rimasta completamente sola; certo, Berenice aveva provato ad aiutarla facendole compagnia, ma l’unica persona che la capiva davvero non c’era più.
Prisca era diventata sempre più insopportabile. Aveva spedito centinaia di lettere ad Adone e ai genitori del ragazzo, voleva che il cadavere di suo figlio venisse restituito alla sua famiglia semplicemente per apparire come una madre amorevole agli occhi degli altri; Prisca in realtà sapeva già che suo figlio era troppo debole emotivamente per sopravvivere o addirittura per vincere una guerra e lo considerò morto non appena partì.
A quelle lettere non arrivava mai risposta: Adone sembrava essere scomparso e il cadavere di Helios era introvabile, ciò che rimaneva di lui era il suo cavallo, riportato al palazzo dal generale. Quest’ultimo aveva detto che i nemici avevano portato via il defunto, ma Artemisia non credeva alle parole di quell’uomo: le sembrava quasi che fosse felice della morte del re. Sospettava che tutti i soldati si fossero messi d’accordo e avessero lasciato Helios a marcire in quel deserto. Artemisia non avrebbe mai scoperto la verità se fosse rimasta dentro quel palazzo che da rifugio era diventato una prigione.Una notte, con la pioggia che continuava a picchiettare sulle finestre del palazzo in modo esasperante, Artemisia decise di fare i bagagli, far preparare il suo cavallo e dirigersi verso il deserto in cui Helios aveva perso la vita.
Stava per uscire dal portone principale del palazzo quando sentì la voce di Prisca provenire da dietro: “Una vera regina non dovrebbe abbandonare il suo popolo.” Artemisia si girò, le valigie in mano, e con tono seccato rispose: ”Invece di ostacolarmi potresti approfittare della mia assenza per riprendere il trono che tanto desideri.”
“Oh no, cara. Helios voleva che tu fossi la regina e infatti lo sarai dopo il matrimonio.”
“Cosa?”
Alla parola matrimonio Artemisia lasciò cadere le valigie che teneva in mano, pensando subito a Helios; avevano fantasticato tanto sul loro giorno speciale; ma scacciò subito il pensiero, poiché non era possibile che fosse tornato in vita. Eppure, solo per un momento, nel cuore di Artemisia si riaccese la scintilla che si era spenta poco tempo prima.
“E chi sarebbe il mio futuro marito?”
Prisca cominciò a ridacchiare, avendo l’ennesima prova che Artemisia non apparteneva a quella realtà così regale: “E’ ovvio che dovrai sposare Adone.”
Artemisia sbiancò. Colui che aveva causato la morte del suo uomo ora doveva sposarla e, probabilmente, generare più di un figlio insieme a lei. Dopo un breve istante di sbigottimento, Artemisia riprese le valigie e fece per uscire. “Mi dispiace, ma devo declinare l’offerta.” Non appena finì di pronunciare quella frase, entrambe le donne sentirono una carrozza fermarsi davanti al portone. Prisca cominciò a scendere l’ampia scalinata appoggiandosi al corrimano: “Mi dispiace cara, ma è troppo tardi.”
Adone era già arrivato, proprio durante la notte in cui Artemisia avrebbe potuto riportare Helios, o almeno quello che ne restava, a casa.Prisca ordinò alle guardie di aprire il portone principale del palazzo per far entrare il nuovo sovrano. Adone entrò, per nulla sorpreso dall’aspetto del luogo: già in tenera età era stato in compagnia di Helios e per questo era abituato a tutto quell’oro. A dir la verità, tra le famiglie dei due ragazzi, all’epoca bambini, non scorreva buon sangue e spesso si incontravano nel palazzo d’oro per arrivare a compromessi in modo da non far scoppiare guerre per motivi inutili. Tuttavia, mentre il re di Aura e il re di Ebur cercavano in tutti i modi di contenere l’odio reciproco che provavano e di non trafiggere l’altro con una spada, i loro rispettivi figli sembravano andare particolarmente d’accordo.
Col passare degli anni, quelle riunioni lunghe ma poco frequenti non cessarono e fu così che Adone capì di essersi innamorato di Helios. Non c’era niente che non gli piacesse di lui e gli si spezzava il cuore ogni volta che Helios gli confessava di sentirsi solo in quel palazzo così grande e così vuoto. Ogni volta che Adone tornava nel palazzo di suo padre, a Ebur, si rintanava nella sua camera e, guardando la pioggia cadere, pensava a cosa scrivere nelle lettere da mandare a Helios, nascondendo l’operato non appena entrava qualcuno. Ad Adone però non giungeva mai risposta e questo poteva significare che Helios non apprezzava tutte quelle attenzioni da parte di un ragazzo. Tuttavia Adone decise di credere alla seconda ipotesi: Helios avrebbe voluto leggere le lettere, ma non aveva il tempo di farlo.
Passarono anni e ora Adone si trovava a capo del regno del suo migliore amico (dopotutto, anche il palazzo a Ebur era triste e vuoto). Aveva costantemente in testa l’immagine di Helios morente, accasciato davanti a lui, con le mani al petto e con quegli occhi che lui tanto amava. “Vorrei tanto nuotare nei tuoi occhi” aveva scritto in una delle ultime lettere, che però non gli aveva mai spedito. E infatti gli occhi di Helios sembravano delle vere e proprie piscine di miele, il motivo per cui Adone viveva per gli sguardi che lui ed Helios si scambiavano ogni volta che ce n’era la possibilità.
Nonostante i suoi forti sentimenti, il figlio del re di Ebur non ebbe mai il coraggio di parlare dei suoi sentimenti per Helios: era sicuro che suo padre non l’avrebbe mai appoggiato e Berenice, un’amica di vecchia data nonchè sua cugina, con cui aveva passato il tempo a gran parte di quei tristi ricevimenti in cui i nobili di altri regni portavano le loro figlie con la speranza che l’erede al trono volesse sposarle, si era allontanata nell’ultimo periodo. Ovviamente non poteva dirlo esplicitamente ad Helios perchè sapeva che il rapporto più bello che si fosse mai creato tra lui e un’altra persona avrebbe potuto sbriciolarsi. E fu proprio il silenzio di Adone che contribuì alla crescita di quella rabbia che l’aveva portato ad uccidere la persona che più amava.
STAI LEGGENDO
just thinking
Randomscrivo quello a cui penso film mentali alcune cose sono ispirate da materiale già presente su Internet, quindi peace and love, non voglio nè copiare nè litigare con nessuno