6. Zero sedici

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La malattia che mi blocca il respiro,
la paura che mi inghiotte,
il tuo incessante sbattere,
le parole ignoranti e che cerco di ignorare,
il tuo sguardo assente.
La tua sottile e involontaria cattiveria, quella che mi destabilizza e mi ferma, qui.

Ci si può ammalare anche solo di un ricordo
che fisso e impertinente, torna.
Non ti lascia.
Non mi lascia
ma striscia addosso.

Le vedo le tue mani tremare e vorrei fermarle.
E c'ho provato, cristo se c'ho provato.
Le ho prese tra le mie.
Le ho strette, forte.
Le ho guardate le nostre mani tremare all'unisono.
Ed ho avuto paura.
Paura che niente sarebbe stato più lo stesso.
E mi sento bambina, perché adesso, ora, niente è più lo stesso.
E' un continuo evolversi intorno ad un male che si diverte a fare il girotondo.
E lo so che non si torna indietro. Lo so che non si può.

Ogni momento sarà un attimo buono dove i tuoi occhi torneranno a guardarmi e a vedermi.
E le tue mani tremeranno per il loro fremere naturale.
Ed io, in quel momento, le prenderò, le stringerò per dirti che mi manchi.
Che il mondo è ingiusto.
Che non è possibile averti perso così da un giorno all'altro.
Che nonostante tutto sei e sarai.
Che.

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