Capitolo nove: Socrate

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Atene 406 a.C.

Dal primo istante in cui era arrivato in quell'epoca lontana e piena di misteri, il panico aveva iniziato ad assalirgli ogni singolo arto. A breve si sarebbe bloccato, permanentemente. Doveva andarsene da lì. Era l'unica cosa di cui era sicuro. Quel luogo non era di certo il posto giusto per provare a salvare il mondo. Milioni di domande gli frullavano in testa, ma nessuna giungeva ad una vera risposta.

Cosa avrebbe fatto ora? E se avesse incontrato una persona di quell'epoca? E se quest'ultima avesse capito che lui non parlava la sua lingua? Che cosa gli sarebbe successo? Lo avrebbero condannato a morte?

Si tastò le tempie, già doloranti per l'enorme sforzo che la mente stava facendo in quel momento. Avrebbe voluto avere l'aiuto di Gabriel, oppure proprio del padre. Quel luogo, quell'era storica portava con sé un bagaglio di usi, costumi e tradizioni di cui non era minimamente a conoscenza. E se avesse fatto uno sgarro? Come avrebbe fatto a far capire agli altri che non conosceva le regole del posto? Doveva tornare indietro, ormai era chiaro. Posò lo sguardo per l'ultima volta su quella minuscola città dai colori antichi e opachi e si voltò dall'altra parte. Magari, correndo avrebbe attivato il bracciale. Forse. Gli alberi sfrecciavano a gran velocità, a volte accarezzando lievemente col proprio fogliame la pelle del giovane affannato. Sul terreno c'erano una marea di funghi, velenosi e non. Alcuni, con un bel cappello rosso e puntini bianchi, altri marroncini. Ogni tanto, una volpe color rosso fuoco gli tagliava la strada con velocità fulminea. Effettivamente, quel posto era un vero e proprio paradiso, sarebbe stato bello vivere lì. Ma non era la sua epoca, non poteva far altro che scappare. Al momento era confuso, non sapeva da dove partire per iniziare la sua missione. Figurati se fosse rimasto in un luogo estraneo in ogni suo punto. Chiuse un attimo gli occhi, poi li riaprì. Un uomo comparve nel suo campo visivo.

"Oh, cazzo!" esclamò, scansandolo e ruzzolando per terra.

No, no non ci voleva! E ora? Quello chi era? Alzò la testa e, massaggiatosi la fronte dolorante, osservò la persona che aveva davanti. Era un uomo, quasi calvo e con una folta barba bianca. Indossava una tunica dello stesso colore, interrotta sulla vita da una cintura. Dei sandali completavano il suo stravagante stile.

"Guarda, guarda... - disse tra sé l'uomo anziano - uno straniero?"

Che aveva detto?! Ryan si guardò attorno, confuso e imbarazzato, in cerca di una via di fuga da quella situazione. Non capiva la lingua del suo interlocutore. Era nella merda.

"Mhh... uno straniero muto, allora?" si chiese il vecchio, con pollice e indice sul mento barbuto.

Si avvicinò lentamente, allungando una mano verso Ryan.

"Ehi, no fermo, aspetta! - esclamò il ragazzo - Posso spiegare, ma lasciami stare!"

L'uomo ritrasse la mano, facendo qualche passo indietro. La sua espressione facciale era inquietante, sembrava colpito, ma al contempo spaventato a morte. I suoi occhi erano così sbarrati che pareva che i bulbi oculari avessero deciso di farsi un giro fuori dalle orbite. La sua bocca era nascosta dalla barba, ma anche quella doveva essere spaventosamente aperta per lo stupore.

"Meraviglioso... e tu chi saresti? Sei sceso per caso dall'Olimpo? Sto ascoltando la lingua degli Dei?"

Ryan rimase bloccato ad ascoltarlo, pur non capendo una parola di quel discorso.

"Persiano non puoi essere, Lacedemone nemmeno... questo accento non l'ho mai sentito... - spostò lo sguardo sul corpo di Ryan - persino senza chitone e sandali. Ma chi sei?"

Toccò la corteccia di un albero gigantesco, probabilmente un faggio, analizzando la consistenza di un pezzetto e, poco dopo, gettandola sul terreno.

"Ogni giorno che passa - riprese, staccando un altro pezzo di corteccia - sono sempre più sicuro della mia ignoranza. - deglutì, strappando un funghetto marroncino dal terreno erboso - L'unica cosa di cui sono certo è che so di non sapere."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 17, 2023 ⏰

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