Capitolo cinque: Senza meta

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15 febbraio 2023 Chinatown

"Sicura? Vuoi che ti lasci qui da sola?"

"Certo... – annuì Mikasa – la ringrazio, signor Eric."

"Mh... - mugugnò qualcosa, muovendo la testa sia a destra che a sinistra – se vuoi posso acc..."

"No, davvero – lo interruppe Mikasa – ha già fatto troppo, non voglio creare problemi ad un agente di polizia – deglutì – d'ora in poi me la vedrò da sola."

Eric assentì, sospirando. Aveva accompagnato quella povera ragazza fino a casa. L'unico problema era che la strada che avrebbe dovuto percorrere a piedi era buia come un profondissimo abisso oceanico, e tutto questo nonostante fossero accese le classiche lanterne cinesi del quartiere. Incuteva timore. Come se il re Oscuro di una dimensione a parte avesse deciso di dominare tutta la Terra. Spostò il suo sguardo nuovamente su Mikasa e si rassegnò. L'avrebbe lasciata libera. Se l'avesse obbligata a fare cose che non voleva, avrebbe solamente peggiorato la sua già disperata situazione.

"Va bene – si morse il labbro, mentre prendeva un foglietto dalla tasca del suo giubbone nero – se ti servisse aiuto chiamami, ok?"

Mikasa lo afferrò con energia e fece un cenno di assenso col capo.

"Grazie, signor Eric. G-Grazie..." – disse commossa.

Eric le sorrise e la salutò, lasciandola sola in quell'inferno di oscurità. Mikasa scoppiò in lacrime. Le immagini della testa esplosa di suo padre correvano crudeli nei meandri della sua mente. Non si sarebbe mai dimenticata quel giorno. Ora lo avrebbe dovuto dire a sua madre. Chissà che reazione avrebbe avuto. Forse si sarebbe persino tolta la vita. Sbuffò, provando a non pensare a quella spaventosa eventualità. Fortunatamente c'era il suo fratellino Kim. Aveva tre anni ed era sempre col sorriso in volto. Avrebbe trovato rassicurazione in lui. Si tirò su il naso e si mosse verso casa, liberando la mente da qualsiasi altro pensiero. Più proseguiva, più capiva perché Eric avesse chiesto di accompagnarla fino a destinazione. L'intero quartiere di Chinatown sembrava essere sprofondato in un profondissimo sonno. Le lanterne appese tra un palazzo all'altro illuminavano con fatica le strade, lasciando creare creature tenebrose nella sua mente. Che diavolo stava succedendo? Quello non era più il suo quartiere, era qualcos'altro. Si mise a correre, non facendo più caso a cosa avesse intorno. Qualche secondo dopo, inciampò su qualcosa, capitolando di faccia a terra sul marciapiede.

"Ma...!? Che cazzo!?"

Si voltò, ancora a terra.

"OH...! OH, NO ODDIO!" – esclamò, alzandosi su in fretta e riprendendo a correre.

Non era certa se quello che aveva visto lo avesse creato la sua immaginazione a causa dell'oscurità, o se fosse vero. Il suo piede aveva colpito il corpo di una donna, esanime e sporca di sangue. Per quale motivo c'era una persona morta in strada? C'era un killer a piede libero? Ancora il criminale senza nome?

"Merda, merda, merda!"

Arrivata davanti al portone di casa, non citofonò neanche. Entrò e basta.

"Ehi, mamma! – urlò, con le lacrime agli occhi – Mamma ci sei!?"

Arrivata in cucina, rimase paralizzata. All'elettrica luce fredda e glaciale di quella stanza, sua madre era a terra con un enorme coltellaccio conficcato nel petto. Il suo fratellino Kim, invece, era sul seggiolone, con la testa sul tavolino removibile e con una grande quantità di rigurgito bianco accanto alla bocca. Mikasa cadde a terra e perse i sensi per lo shock.

...

Gabriel e Benjamin si arresero. Ryan era sparito, volatilizzato. Jacob, invece, aveva preso la macchina, sperando di trovarlo più avanti o addirittura all'esterno del quartiere. Rose si era chiusa in casa a disperarsi.

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