Domina

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Ci ritrovammo a salire le scale, Livia mi precedeva per mano, poi Giorgio e il fido Gino.
Giorgio aveva una faccia da condannato alla forca, ansia da prestazione, da bullo che sta per essere portato davanti al preside.
Gino col suo anello fallico la cappella a vista, non riusciva a togliere gli occhi dal mio sedere: desideroso perso, lottava con se stesso e i suoi istinti: non avevo ancora capito se quel ruolo da passivo e sottomesso era una condizione a lui naturale o imposta per amor di coppia.
Livia mi ispirava tanta sicurezza, aveva indosso quel profumo di sesso romantico, che bastava semplicemente annusarlo per attivare tutte le proprie percezioni sessuali e sentirsi bagnata.
Giungemmo in camera mia, Giorgio chiuse la porta, Gino ritto come un palo appoggiato al muro stava mano nella mano coprendo il suo arnese. Ero inebriata da quell'aria densa di sesso, rinvenni quando, facendo mente locale mi resi conto dello specchio, scattai, recuperai dal cassettone un grande lenzuolo e lo usai per coprire lo specchio.
Livia intimò Gino - Non ti permettere a toccarti, non farti nemmeno venire l'idea di eccitarti. Sta lì fermo! -
Poi passò a Giorgio, cercò di metterlo a suo agio, cambiò passo, linguaggio e approccio: molto più docile, romantica, morbida; la luce soffusa della abat-jour spostata dietro il comodino contribuiva a rendere quella situazione più ovattata, i corpi apparivano diluiti nell'aria. Mi piazzai sulla poltrona in attesa che la domina componesse il suo quadro.
Aveva una flemma consona al momento: accompagnò Giorgio sul letto lo bendò e poi accarezzandolo minimamente sulle braccia lo baciò. Giorgio riuscì a scaricare quasi immediatamente la sua ansia da prestazione, il suo sesso richiamava sangue dal corpo; Livia giocava con la sua testa in un coinvolgente massaggio, portava con sè quella testa disegnando sul suo corpo tratteggi di baci che dalla bocca scendevano ai seni e di nuovo su.
Punta contro punta, lingua e seno, sembravano produrre scintille erotiche in tutti noi.
Il mio sesso diventato un lago, inebriata da quella danza, Gino teso come una corda, sofferente, immobile, schiavo.
Giorgio fu messo in ginocchio a raccogliere gli umori della domina, la reazione dei seni testimoniavano la giusta musica arpeggiata li sotto. Per la prima volta vidi Livia chiudere gli occhi e abbandonarsi, ma solo per un momento.
Poi riportò lo strumento del suo piacere sul letto, lo fece sdraiare, e ricambiò l'arpeggio, lento, morbido, in sintonia. In quel silenzio ovattato i respiri, gli spasmi, i mugolii del mio amico vibravano coinvolgevano tutti.
Gino solleticava la punta con le dita, sudava freddo, cercava di distrarsi inutilmente.
Livia mi guardò era il mio momento, mi alzai andai al letto, spostammo Giorgio, legammo mani e piedi alla struttura ferrosa del letto, poi la domina si mise dietro me, una mano sull'addome e mi condusse in quel ballo: salimmo carponi sul letto, accarezzai quel corpo inerme caldo, teso eccitato, la cappella pulsante sintomo di uno sfogo imminente.
La mia bocca sul corpo di Giorgio, la mani ai fianchi, lui che tremava, io che gocciolavo lungo la gamba. Ero un misto di imbarazzata ed eccitata per quel continuo flusso; ubriaca, estasiata da quella situazione proseguivo con la mente appannata, spinta dal solo istinto, perfettamente istruita e comandata da un legame mentale con la domina. Si la domina, toccava leggermente il mio corpo, pressava punti lungo la schiena e le spalle, pressioni blande e calde provocavano scariche lungo il mio corpo: scariche che saettavano dal collo passando per i seni, per poi tornare alla schiena e giungere al mio sesso. Lo scoppio di quelle scariche: fiotti di umori incontrollabili, elettrici, prolungati. Sfiancavo ad ogni scarica, perdevo le forze, ma, appena terminavano, ricaricavo e proseguivo nella stimolazione di quel corpo legato.
Mi accorsi solo dopo tempo che Livia non era più su di me, il mio corpo aveva memorizzato reagiva a ricordo, o forse Livia mi comandava a distanza?
Solo quando mi ancorai a Giorgio poggiando le mani sulle sue ginocchia, riuscì ad aprire gli occhi: in quella penombra la domina era sulla poltrona, una gamba sul bracciolo, l'altra divaricata, il fido Gino in ginocchio si dissetava degli umori; lei guardava sembrava che i suoi occhi comandassero i nostri corpi: Giorgio gemeva, io gridavo ad ogni spinta, i suoi occhi nei miei ipnotizzata, aumentai la cavalcava, impazzivo, gemevo, tremori dentro me, Giorgio che gridava pregava di fermarmi, continuai, il mio ritmo aumentò: un fiotto caldo, mi solleticó dentro, un fiotto caldo spinsi all'esterno.
Caddi, abbandonata su quelle gambe; il piacere si sgonfiò e scivolò fuori da solo.
Attimi di silenzio, di immobilismo.
Quando i nostri respiri tornarono alla normalità Gino venne a servirci, mi mise comoda, raccolse i miei umori, poi ripulì Giorgio, la domina si affacciò al letto, schioccò le dita, Gino tornò sull'attenti e insieme sparirono fuori dalla camera.

I segreti dietro lo specchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora