7. Il corpo

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Neri i mocassini, nero il foulard, neri il giaccone e il berretto a tesa larga che nasconde la ricrescita grigia alla radice dei suoi capelli. Marzia ci ha anche provato, a cercare parcheggio in Via della Certosa, poiché, a dispetto delle apparenze, c'è ancora un briciolo di ottimismo sotto al cumulo di disillusione che compone la sua personalità e che sorregge la sua visione del mondo. Ci ha provato, anche se era già preparata ad affrontare l'inevitabile disappunto. E ora, dopo un lungo tratto a piedi percorso fuori dal complesso dell'ex-monastero, dopo essersi lasciata alle spalle il grande arco dell'entrata principale e il cimitero ebraico sulla destra, supera il portico del cortile e si ritrova affacciata sul sagrato della Chiesa di San Girolamo di Casara.

Sono quasi le due e venti di mercoledì pomeriggio. Il sole è ancora alto nel cielo, appena un poco spostato verso occidente, e lambisce una sola delle quattro facce del campanile.

Giunta all'altezza dei tre cipressi Marzia blocca, sgomenta il passo sul selciato. Quasi come se quelli fossero il bordo di una piscina, e lei dovesse decidersi a darsi la spinta prima di iniziare a nuotare dove non si tocca. 

A una ventina di passi di fronte a lei, c'è già un piccolo manipolo di uomini in giacca e cravatta e di donne in abito scuro, raccolto in un tetro silenzio davanti al portone aperto della chiesa. Ma mancano ancora tre quaranta buoni all'inizio della cerimonia funebre, e lei non è qui per questo. 

La salma rimarrà esposta nella camera ardente ancora per dieci minuti; dopodiché la bara verrà chiusa, celando in sé le risposte a tutte le domande che frullano nella testa di Marzia da ieri sera.

Punta lo sguardo di fronte a sé, e attraversa il cortile fino a sbucare dal lato opposto. E continua a camminare a passo spedito, avanti, avanti, poi a sinistra, a sinistra, finché non si ritrova in Campo Carducci.

La camera mortuaria è un edificio giallo, con le rifiniture grigie, appena sopraelevato rispetto al terreno. Appoggiate alla ringhiera in ferro, ci sono numerose ghirlande di fiori, che alcuni addetti si stanno già accingendo a trasferire altrove.

Le serve un momento per farsi coraggio. Sapeva già da prima di partire che si sarebbe sentita di troppo, come una perfetta estranea che non ha alcun diritto di trovarsi lì, imbucata in un intimo momento di dolore. Un conto, però, è saperlo in astratto; un altro conto dover combattere con la voce interiore che ti suggerisce di girare i tacchi e tornare verso la macchina. 

Ieri, appena rientrata in casa insieme ad Alice, ha telefonato al Frittelli per avvisarlo che si sarebbe presa un giorno di malattia. La parte ironica di tutta la situazione è che non ha dovuto neanche mentire. Stava male davvero: aveva un forte mal di testa, il fiato corto e forse anche qualche linea di febbre. O almeno, così le pareva. 

Martino non aveva avuto nulla da obiettare. Suo figlio Claudio, che già si trovava al banco della reception per il pomeriggio, si sarebbe fermato anche dopo le dieci per coprire il turno di Marzia, e tutto sarebbe andato liscio come l'olio. Lei avrebbe dunque potuto approfittarne per riposare, per riprendersi da quell'assurdo shock e da tutto il resto dei disturbi psicosomatici che ne sono conseguiti. 

Ma così non è stato. L'intera nottata le è sfuggita via mentre lei, ingobbita di fronte allo schermo del computer – la testa un macigno sempre più pesante, le occhiaie solchi sempre più profondi – si affannava in una morbosa ricerca su quell'uomo, Armando Sirio Gavotto. L'uomo che, la notte prima, era comparso di fronte al motel dopo un blackout, aveva chiesto una stanza e poi era... sparito nel nulla, almeno in apparenza. Ed ricomparso il giorno dopo su un manifesto mortuario in pieno centro di Bologna.

Armando Sirio Gavotto. Quarto di sette fratelli, ha iniziato a lavorare a sedici anni come operaio tessile in una piccola azienda del modenese. Nel 1978 ha fondato la Sanel's, un'azienda di abbigliamento femminile che, allo stato attuale, conta più di duecento dipendenti, nonché alcune decine di punti vendita disseminati tra la provincia di Reggio Emilia e quella di Ravenna. Il nome fu un omaggio alla moglie Santina ("San-") e alla cara sorella Elvira ("-el"), entrambe appassionate di moda. Lavoratore instancabile, ma al contempo amorevole padre di famiglia, ha fatto fronte con sapienza alla crisi economica del 2020 e, pur ritrovandosi a dover chiudere alcune succursali, si prepara a lanciare la nuova collezione invernale entro la fine del mese di ottobre. Si preparava. 

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