17. Via de' Chiari

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Ha appena ricominciato a piovigginare. Marzia aziona i tergicristalli e, per un breve tratto, le due mezze curve umide sul parabrezza distorcono le luci dei lampioni, rendono tutto confuso al suono stridulo del loro strusciare. Poi, la distribuzione dell'acqua si uniforma. La Twingo esce dal parcheggio e imbocca Viale Angelo Masini.

«La cintura.»

Erica sbatte le palpebre, come rinvenisse da uno stato d'ipnosi. Una luce rossa, al di là del finestrino, le investe parte del volto e lei, con un movimento fluido, afferra un lembo della cinghia alle sue spalle, la srotola morbida sul petto e ficca la linguetta d'aggancio dentro la fibbia. I suoi occhi, però, non si distolgono mai dalla carreggiata. È paralizzata dal terrore.

Marzia pesta la frizione; muove la leva del cambio, in avanti, poi a destra, poi in avanti. La strada è sgombra, davanti a lei c'è solo una Cinquecento che la precede ad almeno trenta metri di distanza. Attorno a lei, fuori dall'abitacolo, il silenzio – o, almeno, così pare – oltre al borbottio del motore e al picchiettare della pioggia sul telaio.

Un sussulto: Falena, di colpo, prende a rumare nelle tasche del suo cappotto. Estrae il telefono, accende lo schermo e digita un numero sulla tastiera.

«Ti prego...» Tutta ingobbita in avanti, ha il cellulare appoggiato all'orecchio. «Ti prego... No... No... Dai... Amo...»

Semaforo rosso.

Stop. Marzia mette la prima.

Si sfiora la tempia, le sue dita tremano.

«Che succede...?» le chiede.

«Ha il... Il cellulare spento...»

«Iacopo?»

Ma Erica non risponde. Il suo viso, rischiarato dallo schermo acceso, è nascosto dalle ciocche dei capelli scuri.

Passa al verde.

L'auto riparte.

«E quel... Quel Righini...?» prova a suggerirle. «Si chiama così...?»

«Non ho il suo numero, non...» Erica lascia morire la frase a metà.

«Ma sono loro due e basta? C'è... C'è qualcun altro che potrebbe essere con loro? O che abita lì vicino, o che potrebbe passarti il numero di questo Mattia...?»

Erica non dice nulla.

«Erica...?»

Sta piangendo.

Un altro semaforo. Stavolta, però, è già verde. Marzia ruota appena lo sterzo, per passare a destra di Porta Mascarella.

Le spalle di Erica sono scosse dal pianto, ma la sua bocca non emette alcun suono. È come se trattenesse il respiro. Marzia fa del suo meglio per astrarsi da lì, per tenere i nervi saldi e gli occhi fissi sulla strada.

Entrano in Viale Carlo Berti Pichat.

«Erica...»

E lei inspira dal naso. Il muco gorgoglia nel buio.

«Hm...»

Alla loro destra, corrono le basse muro di Bologna. Marzia sospira.

«Ho detto all'operatrice che avrei lasciato la linea libera, ma... adesso sto guidando, perciò... dovrai rispondere tu, se richiameranno. D'accordo?»

«S-sì...»

«Però... c'è comunque caso che loro arrivino lì prima di noi, e che trovino il campanello senza il nostro aiuto.»

«S-sì... Sì...»

«Tu, comunque, prova a pensare se c'è qualcuno che potrebbe dirti il numero civico di questo Mattia... Perché... non si sa mai. Magari, arrivati lì, potrebbero averne bisogno... Così, nel caso, tu glielo dici...»

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