•Secondo•

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-No Dante, non possiamo veramente accettare, sai quanto denaro dovrei restituirti poi...- ribatté Anita, mentre camminava in cerchio sul terrazzo della sua abitazione, proprio davanti alla loro porta di ingresso che adesso era bloccata da delle catene di metallo.

L'uomo si poggiò con i gomiti alla ringhiera, con un vacuo sorriso sul volto curvato verso l'alto.    -Non farti problemi sul come contraccambiarmi, ci penseremo più avanti. E poi dove avresti intenzione di dormire la notte? Non hai abbondanti scelte.- gli accennò Dante, ed Anita lo esaminò per un po' immobile, per poi rilassare le spalle e abbassare il suo sguardo acquiescente. 

-Hai ragione, va bene. Ma lo faccio solo per mio figlio... io non voglio causarvi problemi o sottrarvi tempo o risorse e-

-Anita, va tutto bene. E' stata una mia proposta, no? Mi assumerò tutte le responsabilità.- concluse il professore, per poi incamminarsi verso i gradini e scenderli con ritmo incalzante, tenendo ancora gli occhi fissi sulla donna dai capelli castani e disordinati, e le occhiaie scavate sotto i suoi occhi scuri stanchi e avviliti.

-Prenditi cura di te stessa e di Manuel, il resto me lo vedo io- affermò con espressione confortante fermandosi sull'ultimo scalino, aspettando una qualsiasi replica.

Anita abbozzò un sorriso rasserenato, quell'uomo era davvero fuori dal mondo. 

-Il tuo mestiere non era aiutare gli studenti? Io sono una donna adulta e dovrei saper badare a me stessa- gli chiese stringendosi nelle spalle ed incrociando le braccia, per poi avvicinarsi alla ringhiera e sporgersi leggermente per guardarlo meglio.

Dante inarcò le sopracciglia e ridacchiò, mentre si dirigeva verso la sua moto per infilarsi il suo casco nero. -Sono disposto ad aiutare chiunque, e poi ci sono piaceri che ti devo, Anita.- furono le ultime parole che disse, prima che la conversazione si interrompesse e salisse alla guida della sua moto per ritirarsi a casa. Ci aveva messo ben due ore e trentasette minuti a convincere la donna e a dissipare i suoi sensi di colpa, ma ne era valsa la pena.

Anita rimase per un po' lì ferma ad osservare la sua moto che si precipitava verso la strada rumorosamente, poi emise un sospiro, ringraziando il signore di conoscere una persona come lui.

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Dante si occupò di trovare qualcuno disposto ad aiutarli con il trasloco (a spese sue, ma non era inderogabile che Anita lo sapesse.) 

Si permise di distrarre un attimo Simone dallo studio, per farsi aiutare mentre spostavano alcuni dei loro averi che avevano avuto occasione di recuperare all'interno della villa, ma presto questa semplice richiesta di aiuto divenne una gara padre/figlio su chi fosse più fisicamente forte.  

-Fallo portare a me quello più pesante pa', o la tua schiena ne risentirà- insinuò Simone stuzzicando il padre, mentre sollevava senza problemi un mobile di legno scuro dall'aspetto piuttosto ponderoso per trasportalo all'interno.

Dante si sentì sfidato, quindi innalzò un arredo (stavolta di metallo), e raggiunse il figlio a passo svelto. -Non preoccuparti, il tuo vecchio non si è ancora infiacchito- esordì con un ghigno soddisfatto, per poi riporre l'oggetto sul pavimento e ripulirsi le mani strofinandole sul jeans scuro.

Simone si finse sorpreso ed annuì col capo, per poi applaudire caustico. -Complimenti. Mi domando da sempre da dove derivi questa forza- domandò il ragazzo, ponendo le mani sui fianchi.

Dante si passò una mano tra i capelli ricci e fece un sospiro. -Diciamo che il tempo trascorso in carcere ha avuto i suoi benefici- ammise, per poi scostare una sedia da sotto il tavolo per accomodarsi su di essa. In effetti era stanco dopo tutto quel lavoro, ma non avrebbe osato ammetterlo accontentando il figlio e tradendo la sua fierezza. 

•'Sta dannata legge morale•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora