•Settimo•

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⚠️scene spinte, molto spinte.


Simone non ci pensò due volte ad inseguire Manuel di sopra, precipitandosi sulle scale e rischiando persino di cadere su uno dei gradini.

Si guardò attorno nel lungo corridoio esaminando ogni porta, finché non si accorse che quella della sua stanza era semiaperta, e gli bastò per intuire che Manuel si trovava lì.

Spinse la maniglia e varcò la soglia, e la prima immagine che si trovò davanti fu il ragazzo con i pugni ferrati, che tirava un calcio alla gamba sul letto. Il suo volto era contratto in un'espressione vorticosa, nervosa ma al contempo distrutta.

Simone gli corse incontro e da dietro gli afferrò le braccia, per prevenire che quella reazione negativa sfociasse in qualcosa di peggiore. Manuel provò ad opporre resistenza per un po' tra vari respiri affannati, ma poi si abbandonò alla sua presa sentendosi inerme di fronte a ciò che era appena successo.

Il suo respiro diventava sempre più debole e irregolare. Simone gli girò attorno fino a posizionarsi davanti a lui, per poi poggiargli le mani sulle spalle accarezzandole con delicatezza.

I suoi occhi erano lucidi, stava chiaramente reprimendo le lacrime.

Quell'immagine provocò in Simone un vuoto nel petto. Era raro vederlo in quelle condizioni, sull'orlo di scoppiare e in un momento di fragilità.

Il problema d Manuel era che qualsiasi sua emozione si tramutava istantaneamente in rabbia, causando degli atteggiamenti impulsivi che non facevano altro che peggiorare le cose.

Simone si chiedeva se potesse fare qualcosa per impedirlo, e per aiutarlo ad affrontare almeno questa volta l'uragano che probabilmente aveva all'interno.

Afferrò il il capo del ragazzo e lo avvicinò al suo petto, mentre lo stringeva in un abbraccio.

Rimasero entrambi in silenzio per un po', mentre Simone gli accarezzava i capelli e le sue dita che annodavano tra i suoi ricci scuri ben definiti.

L'unico suono in quella stanza era il respiro incostante di Manuel.

-Mi dispiace, ho letto l'ultima parte della mail, tua madre te ne avrebbe dovuto parlare e-

-Peffavò 'n te ce mette pure tu, risparmiate 'e commenti.- borbottò l'altro zittendolo, mentre affondava il viso nella sua maglia, trovando conforto nel profumo del ragazzo.

Simone annuì e si ammutolì, mentre gli sfiorava il dorso con dolcezza.

Dopo un po' Manuel si staccò e provò ad asciugarsi gli occhi in maniera fallimentare, perché il peso nel suo petto diventava sempre più difficile da ignorare ed aveva quasi la necessità di gettare tutto fuori.

Però odiava mostrarsi ed essere vulnerabile, se solo Simone non lo avesse fermato, avrebbe rilasciato le sue emozioni con la rabbia come faceva di solito.

-Vogliamo parlarne?- gli domandò Simone con tono pacato, mentre si avvicinava al bordo del suo letto per accomodarsi.

Manuel lo fissò per un po', prima di imitarlo ed annuire.

-Nicola Brandi è mi padre. Quell'uomo ricco sfondato è mi padre, e io ho campato senza 'na lira pe' tutta 'a vita mia. Ma perché mi madre non m'ha detto? Lei sapeva quanto volessi 'n padre, e quell'uomo poteva aiutarce, risparmiarce lo sfratto...- si lamentò il ragazzo parlando velocemente, mentre Simone provava a stare dietro al suo discorso ascoltandolo attentamente.

La sua gamba che rimbalzava freneticamente e le mani tremolanti parlavano tanto, e raccontavano quanto la notizia lo avesse stravolto e quanto non riuscisse a metabolizzarla.

•'Sta dannata legge morale•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora