Per Simone, quella notte fu difficile dormire.
Per quanto si sforzasse, la sua mente tornava sempre su quelle parole pronunciate dal ragazzo: "Voglio te, Simò".
Sospettava si trattasse solo di una cazzata detta perché aveva assunto chissà quanto alcol alla festa, ma sentire quelle cose dette ad alta voce faceva comunque uno stranissimo effetto.
Una strano effetto che faceva anche molto male, pensando che non gliele avrebbe mai sentite dire in maniera sincera.
Il mattino seguente fu il primo ad alzarsi e a scendere al piano di sotto per fare colazione.
Appena raggiunse la cucina, si rese conto che suo padre era l'unica persona sveglia in casa eccetto lui. Si trovava davanti la macchinetta del caffè che preparava rumorosamente la bevanda, rilasciandola all'interno di una tazzina di ceramica celeste.
-Buongiorno- esordì con voce leggermente roca, mentre si accomodava su uno sgabello.
Il padre ricambiò il saluto con un cenno del capo, e dopo aver afferrato la tazzina dal manico si poggiò sul bancone davanti il quale Simone era seduto.
Guardò il figlio negli occhi, rimarcando il suo sguardo stanco e perso nel vuoto.
-Tutto bene? E' successo qualcosa alla festa ieri sera?- domandò con un cenno di perplessità nella sua voce, mentre girava attorno al bancone per sedersi accanto a lui.
Simone gli lanciò un'occhiata ma non osò incrociare il suo sguardo. Con un padre laureato in filosofia era davvero impossibile nascondere le proprie emozioni.
-No, niente di importante. Perché chiedi?- affermò provando ad atteggiarsi in maniera neutra, fallendo miserabilmente.
Dante sorrise, divertito dall'ostinazione del figlio che però ai suoi occhi era così scontato.
-Perché hai la faccia sconvolta. Coraggio, se vogliamo migliorare il nostro rapporto dobbiamo iniziare a fidarci l'uno dell'altro.- lo incoraggiò dandogli una gomitata amichevole, ma Simone trattenne qualsiasi reazione.
-Io mi fido di te.- dichiarò con scarsa credibilità.
-La fiducia si costruisce, non si afferma. Avanti, parlami, da chi puoi ricevere consigli migliori se non da tuo padre professore di filosofia?-
A Simone scappò un sorrisetto. Apprezzava che il padre si stesse sforzando, ma non lo entusiasmava affatto l'idea di parlargli di una cosa per lui così intima e delicata. I sentimenti che provava per Manuel li teneva racchiusi in una teca di vetro sottile, e spesso nemmeno lui osava sfiorarla.
-Manuel ieri ha bevuto, e mi raccomando, non dirlo ad Anita...- specificò prima di iniziare a parlare.
Dante alzò le mani con atteggiamento di incolumità. -Bocca serrata.- dichiarò mimando il gesto.
Simone alzò gli occhi al cielo sorridendo. -...Quindi si è ubriacato, e quando l'ho portato a casa gli ho chiesto se volesse qualcosa per alleviare la nausea, ma mi ha dato una risposta che mi ha lasciato... smarrito.- confessò, incrociando lo sguardo del padre per vedere la sua reazione.
-Sarebbe?- domandò Dante, coinvolto dal discorso che stava seguendo attentamente.
-"Voglio te, Simò"- Ricordava perfettamente le parole, il tono, e la posizione in cui le aveva espresse. Era un'immagine che era rimasta incisa nella sua mente.
La replica iniziale di Dante, fu inarcare le sopracciglia con gli occhi leggermente sbarrati. Dopodiché i muscoli del suo viso si rilassarono, e spostò lo sguardo altrove.
STAI LEGGENDO
•'Sta dannata legge morale•
FanfictionLa legge morale serve a farci agire in maniera giusta ed equa, ma per due adolescenti come Simone e Manuel è difficile capire cos'è davvero giusto per smettere di rincorrersi in cerchio senza sosta ed essere felici assieme.