Capitolo 2

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NIKOLAI

"cosa farai se non mi presento?" dico a telefono con mio padre, sorridendo per il suo imminente tono infastidito che però non arriva.

"ti mando il Sergente" risponde con calma. Sospiro frustrato, mentalmente perché col cazzo che gli do la soddisfazione di sapere di aver rovinato il mio umore, e accenno un "ok ci sarò" prima di chiudere la chiamata. Il Sergente, nonché mia madre... mi percorre un brivido al solo pensiero di mia madre che entra in casa e mi tartassa con i suoi discorsi infiniti sul rapporto non tanto amichevole che abbiamo io e mio padre e bla bla bla. Sul serio, mia madre sa essere una delle persone più delle dolci del mondo, ma quando si tratta di parlare del rapporto tra me e mio padre diventa, per l'appunto, IL Sergente.

Mi rifiuto di assumermi la colpa del rapporto difficile che ho con quell'uomo. Se non accetta di avere un figlio gay cercando addirittura di buttarmi qualsiasi bella donna addosso, perché dovrei accettare io un padre omofobo troppo codardo da accettare la sessualità del proprio figlio.

Mi butto sul divano e i ricordi della sera precedente iniziano ad apparirmi in testa come un dannato film che si è trasformato in horror dopo aver scoperto il mio partner sessuale.

L'unica cosa che mi ero promesso di fare è avere a che fare il meno possibile con gli affari di mio padre, e ciò comprende anche il non farmi nessuno della squadra di hockey, di cui la compagnia di mio padre è uno dei più importanti sponsor. E non ho scelto un semplice giocatore di hockey, ma fottutamente Blaine Williams, la nuova stella esordiente che tutti stanno tenendo d'occhio per il suo smisurato talento.

Mi alzo da dove mi ero sdraiato e decido di andare nella mia libreria, la stanza più bella della casa. Affiancato alle scale che portano ai piani superiori, c'è una piccola porta che conduce nel mio angolo felice. In contrasto con la modernità di questa casa, c'è una stanza, circondata su tutte le pareti da migliaia di libri catalogati per genere e tempo che incorniciano due piccoli divanetti accompagnati da un tavolo in legno scuro. Questa stanza occupa due piani della casa, su una delle librerie c'è una scala, sempre in legno, che porta al piano di sopra dove altri libri fanno la loro comparsa. Anche al primo piano c'è una specie di salotto con un divanetto e un tavolino, perfetto per poter leggere.

Arrivo al centro della stanza e mi siedo su uno dei due divanetti prendendo dal tavolino il libro che stavo leggendo "narciso e boccadoro" di Herman Hesse. Mi è stato comunicato di scrivere una recensione riguardo il libro per uno dei corsi che sto seguendo per ottenere il mio master in giornalismo ed editoria. Sono alla mia seconda laurea, dopo aver terminato quella in legge per volere di mio padre.

È il fondatore di una delle associazioni bancarie più influenti di New York e sperava che suo figlio potesse continuare il suo lavoro, ma a quanto pare ha avuto la disgrazia di avere me, un figlio gay che non vuole avere nulla a che fare con i numeri e i conti.

In realtà non è proprio così, non sono stupido. E se si concentrasse meno a sbraitarmi contro riguardo i miei fallimenti ed errori, si renderebbe conto che contribuisco alla sua stupida società più di quanto immagina. Passo almeno due giorni della settimana negli uffici per assicurarmi che i conti di tutti i nostri maggiori clienti siano a posto e mi aggiorno sempre su tutti i nostri nuovi partner e bla bla bla. La cosa che fa più ridere è che mi assicuro che mio padre mi veda tutte le volte che entro in ufficio, ma lui vincendo tutte le volte la nomina di "pezzo di merda" fa finta di nulla.

Mia madre dice che mi vuole bene ed è fiero di me, solo che non sa come esprimerlo. Certo come no, mamma.

La mia voglia di leggere scompare del tutto ogni volta che mi ricordo la faccia di mio padre e quindi decido di chiamare Camryn, il mio raggio di sole in momenti del genere.

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