25. Zac

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La mattina si apre con Dick che si trascina dietro un piede di porco, Harry che dice che non apriranno la cassaforte nemmeno con quello, Shannon che vorrebbe urlare e invece si morde la lingua, e Ivo che continua a fare richieste sulla nostra colazione.

«Si può avere dello sciroppo d'acero?»

«Per che cosa?», chiede Owen che ci sta porgendo i caffè con un grembiule addosso sembrando più buffo che pericoloso.

«Per i pancakes». Ivo risponde come se la cosa fosse ovvia.

Owen (e pure io) mostra un'espressione confusa. «Non ci sono i pancakes».

«Oh, allora si possono avere anche quelli? E con della cioccolata. Mi da la carica giusta per affrontare la giornata. Credeteci o no, se non mangio molto a colazione, sono uno zombie per tutto il giorno», se la ride. Quest'uomo non ha la minima cognizione di quella che sta accadendo. E forse è meglio così.

Sentiamo un frastuono provenire dallo studio di Harry, ma nessuno osa fiatare, piuttosto mandiamo giù i nostri caffè guardando il pavimento. Owen sparisce in cucina, e dall'odore che sento immagino stia veramente cucinando i pancakes. L'unica nota positiva è che ci hanno slegati per fare colazione, per il resto l'umore è rasente terra.

«Moriremo così», spunta fuori d'un tratto Amber. «Tutti. E non ci sarà nulla da fare. Troveranno i nostri corpi decomposti, con la pelle spenta e i capelli sciupati».

«Ma che dici?», fa' Ivo. «Non preoccuparti, Owen è andato a fare i pancakes. Vedrai che sono buoni. Chiediamo anche la marmellata, se ti piace. Ti svolteranno sicuramente la giornata!».

Amber non gli da' minimamente ascolto e comincia a disporre le sue ultime volontà. «Natalie, voglio lasciarti tutti i miei vestiti nel caso io non dovessi sopravvivere e tu sì», la guarda per qualche secondo con velata disapprovazione. «Ne avrai bisogno. E, mamma, a te lascerò la mia collezione di skincare. Peter potrà tenere la mia parte della nostra casa, e ovviamente lo studio di architettura. Riferiteglielo quando sarò morta».

«Amber, piantala», la ammonisce Natalie. «Noi non moriremo».

«Lo dici ora. Ma sarà così. Nessuno ci cercherà e finiremo nell'oblio».

«Non se ne parla», commenta Emily. «Devo andare al club mercoledì prossimo. E giovedì ho appuntamento dal... sì, insomma, ho un appuntamento», si ravvia i capelli.

«Dove Emily?», la punzecchio io.

«Dalla, ehm, parrucchiera», si schiarisce la voce lei.

Copro il sorriso che mi spunta dietro la tazza di caffè e, visto che sono slegato, mi avvicino a Natalie trascinandomi sul pavimento.

«Come stai?»

Lei sospira con la drammaticità che contraddistingue chiunque nella sua famiglia. «E come vuoi che stia? Sequestrata e tradita. Uno schifo».

«Natalie», la riprendo con tono morbido. «Non crederai davvero a quell'assurdità che si sono inventati, vero?»

La osservo posare gli occhi in giro, inquieta. Si mordicchia le labbra come fa quando qualcosa la preoccupa. «Non lo so. Dico solo che magari, insomma tu... Cioè noi...»

«Natalie, io non ti tradirei mai. Nella vita ho poche certezze, ma una è sicuramente questa. Io ti amo. Ti ho sposato, non ti basta?»

«Sì, solo», sospira, «a volte ho paura che ti possa stancare di me. Passiamo poco tempo insieme per colpa del lavoro e... non abbiamo mai parlato di tante cose. Ci sono giorni in cui mi preoccupo che la vita con me non ti basti».

Natale sotto sequestroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora