L'origine

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Mi svegliai.
Ero molto confusa e mi girava la testa.
Aprii gli occhi.
Mi trovavo in un locale al chiuso, era abbastanza buio.
In lontananza si poteva sentire la familiare musica della festa.
I miei occhi si dovevano ancora abituare a tutta quell'oscurità, ero ancora spaventata e non sapevo cosa mi sarebbe successo in quel momento.
Ma davanti a me, apparve una figura, della quale riuscii a distinguere solo la sagoma.
Quella, lentamente e quasi insicura, cominciò ad avvicinarsi a me.
Cominciai ad agitarmi e per non vedere l'assassino, che mi avrebbe ridotto come i miei amici, chiusi gli occhi.
Ma non mi succedette niente.
Riaprii lentamente gli occhi e quella parlò.
- Tranquilla, non voglio farti del male, sei al sicuro qui- mi disse
Mi sentì più serena e mi rilassai un po', anche se non sapevo per certo chi era.
- Sono Mark, il barista del bar.-
Si avvicinò e  lo riconobbi, potei notare dei dettagli che prima non avevo notato.
Era alto, aveva capelli biondo cenere ed era vestito con camicia e cravatta molto probabilmente la sua divisa da lavoro.
Ci fu una lunga pausa, nella quale nessuno dei due parlò.
Non riuscivo a muovere un muscolo o aprire la bocca dal terrore, che ancora dominava la mia mente.
- Ti ho portata qui dopo che.. beh dopo quello che è successo insomma.. Dopo che ho sentito delle urla sono subito uscito a cercarvi.
Dovevo mettere un divieto di entrare laggiù..- Disse lui con voce roca.
- Tu.. Tu sai chi è stato ?- Riuscii a chiedere
-Purtroppo sì.. e non è affatto piacevole quello che ti aspetterà d'ora in poi..-
Sentii il battito del mio cuore accelerare.
Cos'altro poteva accadere?
Il peggio non era già passato?
- So che hai già altre situazioni da affrontare,
per questo non te lo devo spiegare per forza oggi.- Mi disse.
- No, voglio sapere, voglio sapere cosa mi aspetta, tanto non credo che possa essere peggio di quello che già mi è capitato- Ribattei.
E allora mi feci forza, non dovevo abbattermi ed essere debole, ma affrontare la situazione da  persona coraggiosa, persona che avrebbe vendicato la morte dei suoi amici e combattuto per uccidere chiunque avrebbe ammazzato altra gente innocente.
-Sei sicura..?- Si interruppe, perché si era reso conto di non sapere il mio nome.
-Kendall, mi chiamo Kendall. E sì, sono sicura- Gli dissi convinta
- Ok, Kendall, accomodati è una storia lunga-
Così mi sedetti su una poltrona poco più in là e Mark cominciò a raccontare
- Come hai potuto vedere, le ferite sui corpi dei tuoi amici non sono state inflitte da esseri umani, ma da creature soprannaturali che principalmente non dovrebbero esistere.
La leggenda narra infatti di queste creature chiamate 'incubi', perché sono in grado di infiltrarsi nella mente umana, creando delle allucinazioni per distrarre la vittima, per poi   squarciarla. 
Queste creature sono state create per volontà delle divinità, per portare scompiglio nel mondo e per punire le persone che commettevano ingiustizie.
Ma con l'andare del tempo la cosa è degenerata e gli dei non riuscirono più a controllarli, così fu un vero e proprio massacro.
Ma qualcuno doveva rimediare a quelle morti.
Così dodici comuni mortali, si raggrupparono  per combatterli, sacrificando loro stessi.
Andarono in un antica cripta, piena di magia, dove avvenne lo scontro.
Sacrificando le dodici anime, si aprii un varco nel pavimento dell'antica cripta che risucchiò tutti i mostri.
Non sarebbero mai state revocate, a meno che una magia talmente potente, sarebbe stata in grado di rompere il sigillo che li teneva rinchiusi.
Dopo quasi due secoli, circa cinquant'anni fa , delle persone che volevano riportare il male e il caos, escogitarono un modo per trovare della magia potentissima. 
E purtroppo ci riuscirono, portando alla luce un manufatto, a noi sconosciuto, ritrovato sotto le macerie di una struttura in Norvegia.
Da quel momento, ogni giorno, ci furono numerose vittime, tutti casi che la polizia insabbiò, perché nessuno è a conoscenza di questi mostri.
Se non in particolare una setta segreta, un gruppo che combatte questi esseri e li conosce: sa come sconfiggerli e sa i loro punti deboli.
Questo si è creato vent'anni dopo la loro liberazione e vengono detti 'Jagerfly' che in norvegese significa combattente.
Ed ecco come ora arriviamo a te.-
Concluse così la storia.
Rimasi molto sorpresa dalle sue conoscenze avanzate e informazioni che sapeva riguardo agli incubi.
Volevo sapere come funzionava, ma non feci in tempo a fare nessuna domanda, che cominciò a spiegarmi la struttura e l'organizzazione del gruppo.
-La setta include tutti coloro che sono stati aggrediti e sono sopravvissuti ad un loro attacco.
I casi di aggressione sono stati studiati da alcuni membri e avvengono tutti a partire dalle sei di sera.
Le vittime sono tutte persone deboli o disarmate dov'è facile insediarsi nella mente.
Per questo, nel gruppo, si fanno diversi allenamenti per prepararsi a combattere e soprattutto per vincere la possessione mentale per non essere uccisi.
Tutti noi siamo come 'scelti', il nostro destino è quello di essere combattenti per il bene del mondo.
E insomma che tu lo voglia o no dovrai farne parte.-
Ero un po' spaventata all'idea di combattere perché era pericoloso, e avrai potuto soffrire o non essere all'altezza della situazione.
Ma non avevo chiare alcune cose.
- Ma quindi cosa mi dici dell'energia che sento ogni volta che tocco un corpo?- Chiesi.
- Quello è come lo zampino, la firma su un documento, per segnare che sono passati di lì, e per segnalare che sono potenti, perché infatti l'energia è così forte che è come se ti teletrasportassi in un altra dimensione.
È questa la potenza del loro potere.-
- Quando devo entrare? Nella setta, intendo -
- Diciamo che dovrai farne parte il più presto possibile perché è per la tua sicurezza, ma ora penso che dovrai prima affrontare la situazione della morte dei tuoi amici.. e dovrai cercare di trovare un alibi convincente da raccontare alla polizia.-
- La polizia è qui?!- dissi meravigliata - Pensavo fosse una questione interna!-
Ci mancava solo la polizia, dovevo affrontare molte situazioni, e la polizia non me la sarei mai aspettata.
- Infatti lo è, per questo deve rimanere nascosto, ma i genitori denunceranno la scomparsa e la fine che hanno fatto, si scoprirà molto presto- disse lui.
E così si concluse la storia sull'origine degli incubi e la questione sulla setta.
Tornai gradualmente alla realtà, ricordandomi quello che mi avrebbe aspettato quella notte e il giorno seguente.
Ero molto assonnata ed ero ridotta davvero male: avevo il vestito strappato in diversi punti, avevo numerosi tagli sulle braccia,
probabilmente causati dai ramoscelli degli alberi.
- Dovrei darmi una sistemata, non vorrei farmi vedere in queste condizioni, specialmente ad una festa- dissi a Mark.
- Assolutamente, certo. Nello sgabuzzino, là dietro, ci sono dei vestiti, guarda cosa ti sta meglio e raggiungimi poi al bancone della festa.-
Così Mark si allontanò e uscii per dirigersi alla festa.
Io diedi un'occhiata ai vestiti nella scatola abbandonata su uno scaffale, e tutti erano o troppo grandi o troppo corti.
Così ne trovai uno non troppo brutto, nero e sopra misi una giacchetta leggera per coprire i graffi, nonostante il gran caldo.
Mi diedi inoltre una sistemata ai capelli, anche se non avevo certo intenzione di continuare la serata, ma era per non sembrare sospetta, specialmente se già si trovava la polizia sul posto.
Uscii da quella che sembrava una piccola capanna di fronte al locale della festa.
Dirigendomi lì, diedi un rapido sguardo al boschetto e mi tornarono in mente gli attimi prima del disastro.
Varcai la porta
La festa stava continuando come se niente fosse, e la gente ubriaca ballava ancora sulla pista da ballo.
La musica mi sembrava più alta rispetto a prima, o forse ero semplicemente stordita dal pulsante mal di testa che avevo.
Raggiunsi il bancone e inizialmente non vidi Mark, così restai seduta sola, aspettando.
Ad un certo punto si avvicinò un uomo, puzzava di alcool e a stento si teneva in piedi.
Lo sconosciuto si avvicinò molto a me e ubriaco com'era non prometteva niente di buono.
- Lasciami in pace, vattene- gli dissi decisa.
L'uomo sembrava non avermi sentita.
-Ei amico, hai sentito, vattene- Intervenne Mark.
-Grazie, ci mancavano solo i tipi ubriachi stasera..-
- Tutto ok? - Mi chiese il ragazzo
- Si.. Vorrei solo tornare a casa..- Dissi timidamente
- Certamente, hai bisogno di riposare. Vuoi che ti accompagni?-
- No, grazie. Ho la macchina parcheggiata a due passi da qua e poi sono a un paio di isolati da qua- risposi.
- Va bene, allora.. Ah aspetta, tieni-
Prese un tovagliolo, ne strappò un pezzo e prese una penna con la quale cominciò a scrivere.
- Questo è il mio numero, così possiamo restare in contatto per quanto riguarda la situazione, d'accordo?- Mi disse il ragazzo.
- Grazie Mark, ci si vede- E così mi alzai lentamente e mi diressi all'uscita, quasi malinconica.
Uscita dal locale, arrivò tutta insieme un ondata di emozioni, emozioni che avevo tenute nascoste tutta la notte e riaffiorarono così, tutte insieme.
Mi sentivo persa.
Vuota.
Dovevano venire fuori quelle maledette.
Così urlai e gridai per svuotarmi, ma scoppiai a piangere e non riuscii a fermarmi.
Le lacrime non smettevano di scorrermi sul viso, mi misi le mani nei capelli disperata.
Raggiunsi la macchina in questo modo e quando la aprii, mi ci sedetti e lì continuai a piangere.
Avevo perso i miei amici.
Il mio divertimento, cosa che non mi sarei più potuta permettermi da quel momento in poi, perché  fu cosi che mi resi conto di quello che la vita mi avrebbe riservato. Un destino da cacciatrice. Un destino da assassina.
Una cosa che non mi sarei mai aspettata nella vita e che dovevo prendere e accettare come tale.
Per il bene di tutti.
Con la poca forza e lucidità che mi era rimasta, accesi l'auto e con calma mi diressi a casa mia.
Dopo il breve viaggio dal locale a casa, parcheggiai, scesi e entrando in casa notai che la porta era aperta.
Entrando notai i miei genitori in pensiero, seduti sul mio divano, dove c'era la giacca di Jane e alcuni trucchi di Kail sul tavolino proprio lì davanti.
Inevitabilmente vedendoli, qualche lacrima attraversò il mio viso e per la prima volta dopo tempo, mi andai a rifugiare nelle braccia dei miei genitori, che erano stati già avvisati dell'accaduto dalla polizia e che mi accolsero a braccia aperte.

La cacciatrice di incubiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora