«Come vuole lei "Boss".» rispose Eijirou facendo l'occhiolino al verdino che si apprestava ad avvicinarsi a Katsuki ancora intento a fissare l'altro.
Quella parola, pronunciata volutamente con un inflessione sensuale, segnò la fine della conversazione del corvino che afferrò la sua giacca per posarsela in spalla prima di andarsene.
«Tu invece vatti a cambiare.» disse il biondo rivolto ad Izuku, afferrandolo per la vita e spalmarselo contro il corpo, infilando fra le sue gambe una coscia, così da strusciarla contro il suo sesso, «La serata è finita e ti voglio nella mia stanza entro mezz'ora.»
«Kacchan, ma non c'era un'altra canzone da cantare?» chiese il verdino sfiorando con mani titubanti il petto del maggiore, giocando con il bavero della giaccia, toccando i piccoli bottoni bianchi della camicia.
«Ti voglio nella mia stanza entro mezz'ora. Cosa non ti è chiaro di questa frase?» domandò prendendogli un gluteo con forza, il movimento fece sfregare il membro, stretto in quella biancheria femminile che il biondo gli faceva indossare sotto quei vestiti, contro il pizzo e le paillette dell'abito.
«Scusami.» rispose trattenendo un gemito che sarebbe solo servito ad abbreviare quel poco tempo che aveva per prepararsi e si apprestò ad avviarsi, non senza però che la mano del boss lo fermasse, afferrandolo per il polso e spingendolo poi contro il muro che faceva da divisorio dal dietro le quinte e il palco.
«Cosa...» provò a chiedere Izuku, ma la sua bocca venne coperta da una delle mani callose del biondo che si avvicinò al suo collo, baciandolo e leccandolo, «No, ti prego...poi rimarranno dei segni.» protestò lui cercando di allontanarlo, ma i suoi polsi vennero spinti in alto, stretti nella presa del maggiore.
«Mi ha fatto parecchio incazzare sentirti cantare quella canzone.» disse Katsuki staccandosi per fissare quelle guance rosse e le labbra schiuse dove s'intravedeva la lingua umida.
«Ti ho chiesto scusa.»
«Lo sai benissimo in che modo voglio che mi chiedi perdono.» continuò il biondo staccandosi da lui, «Quindi vai e preparati.»
Eijirou nel frattempo si era recato in una delle stanze appartate del locale, riservate agli affari più importanti e che richiedevano, una delicatezza che non si poteva trovare in un luogo affollato.
Quella stanza, se possibile, era ancora meno illuminata del locale e su uno dei divanetti, con le braccia stese sullo schienale, vi era un uomo poco più che ventenne. Il capo, coperto da quel cappello che ormai indossavano tutti, era rivolto al soffitto dove un modesto lampadario di cristallo svettava, pronto per essere acceso per illuminare l'ambiente.
«Non sono una persona avvezza ad aspettare.» disse lo sconosciuto sul divano, afferrando il sigaro fumato a metà che aveva in bocca e facendo cadere la cenere a terra con fare arrogante.
«E io sono una persona a cui non frega nulla se gli altri aspettano.» rispose Eijirou facendosi avanti e andandosi a sedere nel divanetto davanti a lui, riuscendo a vedere finalmente il volto di colui che lo aveva reclamato per quella sera.
Era incredibilmente bello, dai tratti nobili e delicati, unica pecca erano gli occhi di due colori diversi, cosa che di sicuro avevano causato non pochi problemi, testimoniati dalla vistosa cicatrice rossa che svettava sul suo lato destro.
«Devi essere una persona di buona famiglia se sei così sprezzante da dire certe cose in questo ambiente.» disse il corvino, posando sul tavolino che li divideva una bottiglia scura che si era fermato a raccattare prima di giungere lì, «Altrimenti, una persona più assennata, non avrebbe parlato così.»
«Davvero? E cosa avrei dovuto dire?» domandò sollevando le braccia dallo schienale e posando ora i gomiti sulle ginocchia, gli occhi fissi in quelli rossi del pianista.
«Inanzi tutto, avresti dovuto farti trovare in piedi.» disse e aspetto che l'altro si alzasse in piedi, «E solo quando mi avresti visto seduto dove sono adesso, ti saresti dovuto avvicinare per sederti qui.» e nel dirlo gli indicò la sua grossa coscia.
«Così?» chiese l'ospite, appoggiandosi appena con le gambe a dove gli era stato detto.
Immediatamente una mano di Eijirou afferrò il fianco dell'altro, per scostargli con l'altra, il cappello che ancora indossava, rivelando dei capelli alquanto particolari per l'epoca, una parte rossi come le fiamme ardenti, l'altra bianchi come la neve appena caduta.
«Perfetto.» rispose il corvino, sorridendo in quel modo dolce che poco prima aveva portato serenità nell'animo di Izuku.

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Get Out Here
FanfictionNew York sta affrontando gli anni del proibizionismo e la malavita risolve alla mancanza di alcool aprendo locali di malaffare. È lì che si svolge la nostra storia. Storia brevissima, pochissimi capitoli.