Capitolo VII - Deprimenti accordi al pianoforte

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CAPITOLO VIIdeprimenti accordi al pianoforte

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CAPITOLO VII
deprimenti accordi al pianoforte

14 settembre 2021, martedì — San Diego, CA ■

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14 settembre 2021, martedì — San Diego, CA

«Noah Jerome!»

Nello stesso istante in cui il trillo acuto della voce di Rowena riecheggiò tra le pareti silenziose della camera da letto di Noah, la porta della stanza si aprì con uno scatto improvviso, costringendo il ragazzo a sobbalzare. Sdraiato sul suo letto, con il cellulare stretto tra le mani e sollevato davanti al viso, lo spavento gli fece perdere la presa sullo smartphone che cadde, inesorabile e doloroso, dritto sul suo naso.

«Gesù!»

Sorpresa, Rowena sollevò leggermente le sopracciglia. Sembrò sentirsi vagamente in colpa per un istante, ma quello dopo aveva già recuperato la sua compostezza e, con le braccia incrociate sul petto, fissava il figlio. «Voglio sperare che tu sia pienamente consapevole del fatto che, se sei abbastanza grande da ignorare tua madre quando ti chiama, sei anche abbastanza grande da andare a vivere da solo.» dichiarò, mentre dava uno sguardo alla stanza. «Cos'è questo porcile?»

Masticando brontolii soffusi, Noah si sedette a gambe incrociate sul letto, massaggiandosi il naso con una mano. Per un istante, l'ironia della situazione lo colpì: diverse ore, Ashlynn gli aveva telefonato, chiedendogli se poteva anticipare l'orario di rientro e andare a prenderla da Balboa Park, per via di un'epistassi improvvisa che aveva deciso di rovinarle non solo il suo primo giorno libero da settimane, ma anche i pantaloni che aveva indosso; adesso, lui, rischiava di farsi sanguinare il naso per via di un cellulare un po' troppo pesante e di una madre che amava mettere in scena entrate particolarmente teatrali.

«Stavo giusto per mettermi a sistemare la camera.» dichiarò con un mugolio nasale. Poi batté le ciglia scure, sfoderò il sorriso più amabile che aveva in repertorio e rivolse alla madre uno sguardo ruffiano. «Mi hai chiamato, mammina mia adorata?»

«Giusto un paio di volte, figliuolo mio adorato.» Rowena stava ancora rivolgendo alla stanza di Noah una serie di occhiate critiche, e lui quasi si sorprese di non vedere la pila di vestiti, che aveva appoggiato sulla sedia della scrivania, prendere vita e iniziare a piegarsi da sola.

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