Parte 1

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Austerlitz, 1° dicembre 1805

I generali e gli ufficiali dei principali corpi d'armata erano disposti in cerchio intorno alle carte del territorio in attesa di Napoleone. L'interno della tenda, che fungeva da quartier generale, era illuminato solo dalla luce fioca di alcune lampade ad olio che rendevano l'aria pesante e l'attesa fastidiosa. Alcuni tra gli ufficiali più giovani borbottavano parole dubbiose riguardo alle scelte strategiche prese negli ultimi giorni e creavano un fastidioso bisbiglio di sottofondo.

Il brusio si interruppe immediatamente e tutti si irrigidirono facendo il saluto quando l'imperatore fece il suo ingresso con passo deciso, sguardo fiero e divisa impeccabile. Napoleone portava sotto il braccio quella che sembrava essere una tavola quadrata.

"Buonasera signori" disse rivolgendosi a tutti gli ufficiali prima di poggiare sulle mappe quella che si rivelò essere una scacchiera.

"Conoscete il gioco degli scacchi?" chiese mentre faceva cenno al suo attendente di porgergli due sacchetti in pelle finemente decorati.

Gli ufficiali si guardarono a vicenda senza capire cosa c'entrassero gli scacchi la sera prima di una battaglia importante come quella che dovevano affrontare. Napoleone alzò lo sguardo dalle due borsette e passò in rassegna tutti i presenti in attesa di una risposta che però non arrivò.

"Gli austriaci vi hanno forse mangiato la lingua? Non li credevo capaci di tanto..."

Alla fina fu Murat a prendere la parola.

"Ma sire, non capisco cosa c'entrino gli scacchi. Noi pensavamo di essere qui per ricevere gli ordini ed il piano per la battaglia di domani..." disse perplesso.

"È proprio questo il punto mio caro Murat" rispose Napoleone sorridendo.

"Gli scacchi sono un gioco che permette di simulare l'arte della guerra, essi danno lustro al genio di un uomo e favoriscono gli audaci. Credo che un buon comandante, per potersi definire tale, dovrebbe saper quantomeno giocare a scacchi" continuò spostando lo sguardo sui vari ufficiali per poter cogliere i loro pensieri. Osservando le espressioni degli uomini che aveva intorno si rese conto che era necessario usare un approccio diverso da quello che aveva in mente all'inizio.

"Come ben sapete abbiamo passato questi ultimi giorni nel tentativo di far credere al nemico di essere impreparati, dei ragazzini impauriti pronti a tornare in Francia: abbiamo ceduto l'altopiano di Pratzen ritirandoci in modo disordinato proprio per dare questa impressione agli austriaci e ai russi. Loro hanno occupato le alture, come era prevedibile, e adesso non vedono l'ora di fiondarsi addosso a noi" chiosò con un sorriso beffardo.

"Ma il Pratzen era una posizione favorevole sire, non capisco il motivo di questa ritirata" disse rispettosamente il generale Legrand.

"Prima della battaglia delle armi viene la battaglia della mente: loro ci credono deboli e disorganizzati e questo li porterà a sottovalutarci, ho già in mente un piano che porterà la Francia ad una delle più grandi vittorie della sua storia" disse con decisione l'imperatore.

"Stasera ho intenzione di illustrarvi la nostra situazione con gli scacchi: il mio è un piano molto semplice ma sono convinto che sia anche altrettanto efficace" continuò rovesciando i due sacchetti contenenti i vari pezzi.

"Questo sono io e quest'altro è lo Zar Alessandro" disse prendendo in mano i due re per poi posizionarli ai lati opposti della scacchiera.

"Non mi piacciono molto i re ma per questa volta faremo un'eccezione..." continuò Napoleone scatenando le risate di tutti gli ufficiali.


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