𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐐𝐔𝐀𝐑𝐓𝐎.

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...Alla fine, per chissà quale bontà divina, non furono beccati. Il guardiano aveva sbadigliato, prima di rilasciare un grugnito poco convinto e uscire dalla biblioteca.

Aziraphale e Crowley tirarono un sospiro di sollievo trattenuto, allontanandosi con uno scatto; l'imbarazzo visibile sui loro visi. Aziraphale arrossì, tentando con tutte le sue forze di non abbassare lo sguardo oltre la cintura del suo professore, mentre si portava un ricciolo albino dietro l'orecchio.

«Allora...buonanotte.»

Aveva mormorato, prima di guardarlo negli occhi un'ultima volta e correre via dalla biblioteca, stando sempre attento a non farsi vedere o sentire.

Crowley allungò un braccio verso la sua schiena, come se avesse voluto raggiungerlo, ma strinse il pugno in una presa vuota rilasciando un ringhio gutturale prima di prendersela con dei libri, scostandoli con una manata dal tavolo più vicino fino a farli cadere sul pavimento, non curandosi d'altro. Si passò una mano sul viso, chiudendo gli occhi, mentre cercava di non pensare all'erezione che gli pulsava nei pantaloni fin troppo stretti. Si posò l'altra mano sul fianco magro, uscendo a sua volta dalla biblioteca a passo spedito.

Il bagno del dormitorio non si sarebbe mai aspettato di vedere un uomo masturbarsi alle sei del mattino.

CASA CROWLEY.

«Si può sapere dove diavolo sei stato?!»

Gli strilli di Eve si udirono in tutto il vicinato e suo marito si passò esausto le mani sul viso, prendendo posto sul divano. Divaricò le gambe, piegandosi col busto in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia.

Sua moglie l'aveva atteso tutta la notte solo per beccarlo in flagrante quando sarebbe rientrato, in cerca di una qualche traccia di adulterio.

«Te l'ho detto...ero in riunione, non è colpa mia se mi hanno chiuso dentro.»

Rispose poi, mantenendo un tono composto mentre si sfilava gli occhiali da sole, abbandonandoli accanto a sé sul divano.

Bugia.

Non voleva tornare a casa, non voleva vederla. Le catene del matrimonio cominciavano a stringersi attorno al suo corpo come un pitone che strangola la sua preda prima di inghiottirla. Non ne poteva più, ma al contempo, l'amava troppo per lasciarla.

«Non ti credo, mi stavi tradendo, non è così?»

E scoppiò in un pianto incontrollato al sol pensiero, nascondendo il viso nella piega del gomito.

Rieccola, la stessa scena che si ripresentava ogni giorno. Crowley continuava a cascarci, ogni giorno...

Si alzò dal divano, sul suo volto un'espressione di pietà, mista al dispiacere. Scostò delicatamente il suo braccio, prendendole il viso tra le mani. Le asciugò delicatamente le lacrime dalle guance lentigginose coi pollici, mentre lei tirava su col naso.

«Come potrei mai? Io ti amo, come dal primo giorno.»

Sorrise.

Eve, però, non rispose. Avvolse le braccia attorno al suo collo ed in punta di piedi lo baciò sulle labbra, mentre le venivano poggiate le sue mani sui fianchi. Era ormai da qualche mese che i suoi ti amo, non venivano ricambiati e anche se lo nascondeva molto bene, lo feriva profondamente. Non importava il momento, la situazione o il tono, non veniva ricambiato. Aveva il terrore di chiederle il perché, di sentirsi dare una risposta, preferiva continuare così: tenere sua moglie tra le braccia e soffrire in silenzio.

Per un attimo si chiese se Aziraphale avrebbe ricambiato.

Al sol pensiero rabbrividì. Che diavolo andava pensando?

Mr. Crowley's boy.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora