𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐐𝐔𝐈𝐍𝐓𝐎.

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Aziraphale non era minimamente malato, ma aveva contratto qualcosa di peggiore dell'influenza...perché si era infatuato del suo professore (sposato)! E per guarire da ciò non bastava una Tachipirina 1000 per adulti...

oh no. Era quasi tentato dall'andare a farsi confessare nella chiesa del paese, se solo non si fosse sentito così patetico. Il prete a cui avrebbe confessato i suoi peccati aveva appena bussato alla porta della sua stanza, con in mano una busta contenente del sushi dal suo All You Can Eat favorito. Era Muriel e il sushi non era l'unica cosa fresca che aveva portato con sé, aveva anche molti gossip da raccontare.

Aziraphale sorrise, prima di lasciarla entrare e richiudere la porta. I due presero posto sul letto disfatto, cominciando quella conversazione che sarebbe durata per le prossime cinque ore.

«Belz e Gabriel stavano limonando duro in cortile, li ho beccati stamattina!»

«Cheee?!...Devi aver visto male, quei due sono come cane e gatto.»

Aziraphale la guardò incredulo, mentre inzuppava un nighiri nella salsa di soia, stringendo le bacchette di legno tra i polpastrelli. Muriel mandò giù qualche chicco di riso che le era caduto nella vaschetta di plastica, posandosi la mano libera sul petto, all'altezza del cuore.

«Te lo giuro, per un pelo non ho vomitato la colazione sull'asfalto.»

Aziraphale rise, quasi rischiando di strozzarsi con un sorso di Coca Cola, cingendosi lo stomaco con un braccio. Muriel era la sua migliore amica per un motivo: non solo era esilarante, sapeva anche fargli tornare il sorriso nei momenti più tristi e neanche tutto il sushi del mondo sarebbe bastato per ringraziarla. Al contempo, sperava in cuor suo d'essere a sua volta un buon amico per lei.

Muriel vedeva Aziraphale come il fratello maggiore che non aveva mai avuto, l'unico che le avesse rivolto la parola dal primo giorno che aveva messo piede in quell'aula dopo il suo trasloco dall'America. Aziraphale, quella volta, aveva persino tentato di imitare l'accento americano per farla sentire più a suo agio ma con scarsi risultati; tra una risata e l'altra il disagio tra di loro sparì così com'era arrivato.

Non appena furono pieni e con pieni intendo dopo aver lasciato due vaschette ancora piene, imbustate, Muriel gli offrì un sorso della sua birra.

«Che male ti fa? Non ci ubriachiamo mica.»

L'aveva rassicurato lei, ma testardo com'era e forse anche un po' impaurito, scosse energicamente in capo in risposta.

«Muriel, lo sai che non posso, cosa direbbe mia madre se lo scoprisse?»

Aziraphale rabbrividì allo scenario palesatosi nella sua mente, di lui chiuso in un convento magari a produrre ostie...

«Vedi tua madre qui? Bevi, che la vita è una sola e i 22 anni non sono eterni.»

Aziraphale deglutì titubante, allungando una mano verso la bottiglia di vetro verde, «Scommetto che fa anche schifo...» borbottò tra sé e sé, mentre mandava giù brevi e sconnessi sorsi.

Finché non svuotò interamente la bottiglia, tutto da solo.









«Si è fatto tardi, meglio che vada, ci vediamo domani.»

Muriel si alzò dal letto con uno sbadiglio, passandosi una mano sul viso prima di dirigersi verso la porta.

Aziraphale la seguì, augurandole la buonanotte con un bacio sulla guancia, un po' arrossata dall'alcol. Quelle di Aziraphale non erano rosse...sembravano più bordeaux, accompagnate dagli occhi lucidi. Ora sembrava davvero influenzato. A volte barcollava anche. Chiuse la porta, sbadigliando a sua volta con una mano davanti alla bocca, deciso a cambiarsi nel suo pigiama per andare a dormire mentre si asciugava distrattamente le ciglia umide col pugno chiuso. Le sue intenzioni vennero interrotte da un secondo bussare. «Mmmh?...» mormorò, inclinando di poco il capo di lato. Riaprì la porta e non sapeva se fosse un effetto collaterale dell'ubriachezza o della malattia che aveva contratto, ma il suo cuore iniziò a battere all'impazzata quando il suo Professore gli si fu palesato davanti.

Mr. Crowley's boy.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora