𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐒𝐄𝐒𝐓𝐎.

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«Aziraphale...ma tu sei ubriaco.»

«Eeehhh...forse?»

Rispose Aziraphale, sorridendo imbarazzato e prima che il professore potesse esprimere il suo disappunto, lo vide portarsi una mano sulla bocca e correre in bagno a vomitare. Stava riscontrando la prima conseguenza della prima sbronza della sua vita.

Il mattino seguente si svegliò con un martellante mal di testa, lo stomaco sottosopra e ricoperto da uno strato di sudore.

Non ricordava come si era ritrovato disteso nel suo letto con indosso il pigiama, aveva la mente...vuota?

percepì un saporaccio salirgli dalla gola fino in bocca e si ricordò di quella maledetta bottiglia di birra.

Emise un grugnito, passandosi una mano sul viso stanco e appuntando mentalmente di rimproverare Muriel non appena l'avrebbe rivista.

Allungò a tentoni una mano verso il comodino, in cerca del telefono per constatare l'orario ma percepì al tatto solamente un bicchiere di vetro, probabilmente pieno. Si tirò seduto sul letto, rivolgendo lo sguardo sul comodino, vedendo il bicchiere d'acqua con di fianco un'aspirina.

Chi diavolo era entrato in camera sua?!

Qualche ora più tardi...

Lavato, vestito e imbottito di aspirine era uscito dalla sua stanza per passeggiare nel cortile dell'Università, sperando di riuscire, nel mentre, a far riaffiorare i ricordi della sera precedente.

Punto 1: qualcuno doveva essere certamente entrato, ma non poteva essere Muriel perché ricordava che quando lei era andata via aveva ancora i vestiti addosso.

Punto 2: questo qualcuno doveva averlo spogliato per essersi ritrovato in pigiama quella mattina e al solo pensiero rabbrividì con inquietudine.

Punto 3: o possedeva una copia delle chiavi della sua stanza (impossibile), o l'aveva fatto entrare di sua spontanea volontà e in tal caso doveva essere qualcuno di sua conoscenza.

Sospirò con frustrazione e andò a sedersi all'ombra di una quercia, poggiando la schiena contro il tronco di essa. Si portò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e alzando lo sguardo verso il cielo.

Scorse una buffa nuvola, vagamente a forma di serpente tra i grovigli dei rami che lo coprivano parzialmente dal sole. Quell'animale gli aveva sempre ricordato il suo professore, soprattutto per il tatuaggio che aveva e al ricordo sorrise.

In lontananza si sentirono le campane della chiesa del paese suonare a mezzogiorno come ogni giorno; peccato non risuonarono anche nella testa di Aziraphale, che se solo fosse stato più attento avrebbe captato il messaggio dell'universo inviatogli attraverso quella nuvola.

Decise di chiudere gli occhi per qualche minuto, magari un po' di riposo l'avrebbe aiutato a ricordare meglio e così fece. I minuti divennero ore e si risvegliò quando si sentì picchiettare ripetutamente la spalla da un dito.

Sobbalzò con ancora la bava alla bocca, mettendo a fuoco la vista sul viso di Muriel.

«Che brutta cera che hai...stai bene?»

«Magnificamente!»

Ribattè sarcasticamente Aziraphale, prima di imbronciarsi e girare il viso dall'altro lato, chiaramente infastidito da qualcosa.

Muriel sospirò e si sedette sull'erba, al suo fianco.

«Ascolta, se sei arrabbiato per ieri mi dispiace, non credevo reggessi così male l'alcol.»

Mr. Crowley's boy.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora