3. Elaborare

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Manuel si infila la t-shirt e poi allunga il braccio sotto il letto, dove è certo che siano finite le sue scarpe. Infatti, un attimo dopo, le Nike trasandate che gli ha regalato suo padre qualche mese fa, ricompaiono proprio lì dove era certo di trovarle.

E dove, da due settimane a queste parte, finiscono sempre.

"Hai perso le scarpe di nuovo?"

La voce di Vittorio fa capolinea alle sue spalle.

"Sfotti poco, l'ho trovate" risponde Manuel, sporgendosi per sciogliere il nodo dei lacci e rifarlo daccapo. "Devo annà, se non torno pe' cena mi madre e il compagno suo me menano a sto giro."

"Addirittura?"

"Eh, già pe colpa tua so' arrivato a casa tardi ieri."

A queste parole, Vittorio si muove tra le lenzuola e poi fa scivolare le braccia lungo le sue spalle, facendolo rabbrividire un po'. "Non mi sembrava che ti dispiacesse, eh."

"E daje, Vittò" sussurra Manuel. "Nun comincià a fa' così. E poi devi annà a lavoro, eh."

"E tu non cominciare a diventare scorbutico come fai sempre dopo il sesso" gli dice Vittorio, strofinando il naso contro il suo collo. "Mentre lo facciamo sei stupendo, poi appena vieni, dopo la doccia sei di nuovo il pesantone che ho conosciuto quella sera. Prima che raggiungesse in bagno, ovviamente."

Manuel non risponde, si limita a guardare nel vuoto mentre i pezzi di queste ultime due settimane si mettono insieme qui, davanti ai suoi occhi, come un puzzle che lui ha cercato di tenere incompleto a tutti i costi.

Ha perso il conto di quante volte abbia fatto sesso con Vittorio, da quando quel giorno si è presentato alla sua porta. E anche se, come dice lui, ogni volta prova ad essere scontroso a distante, il giorno dopo avverte di nuovo quello stesso impulso della prima volta, che lo spinge a salire sullo scooter e a guidare fino a qui.

"Manuel. Ci sei?"

"Seh."

"Senti, mi dispiace" continua Vittorio, stavolta decisamente più serio di poco fa. "Mi rendo conto che sono stato un po' superficiale nel modo in cui mi sono approcciato a te, è che... l'ho capito subito che non eri davvero etero e ammetto che queste situazioni a lavoro mi divertono. Però mi sono trovato bene in queste due settimane, lo vedo che in fondo sei un bravo ragazzo e che questa situazione tra me e te ti sta tormentando, quindi sono serio, Manuel. Se posso esserti di aiuto in qualche modo, io..."

"Tu che, Vittò?" sbotta Manuel, girandosi così bruscamente che Vittorio si ritrae, finendo in ginocchio sul letto e con lo sguardo perso quando incrocia il suo. "Non sai gnente della vita mia. Che poi fà pe me?"

"Ascoltarti, tipo. Essere tuo amico."

"Me fai così disperato? Guarda che ho n'sacco de amici io."

"Sì, e ci parli con almeno uno di loro?"

Colpito e affondato.

"Manuel" lo richiama Vittorio, in un sospiro. "Ci siamo passati tutti e - "

"Oh, no" lo interrompe Manuel, alzandosi di scatto e voltandosi per fronteggiarlo con un sorriso ironico. Non ha intenzione di stare qui a sentire discorsi sull'accettazione di se stessi e altre cazzate di questo genere. "Io non sto passando proprio gnente."

"Ah no? Sono due settimane che vieni a letto con me."

"Non me pare che te dispiacesse" gli fa il verso.

"Non è questo il punto, Manuel" continua Vittorio, cercando di mantenere la pazienza. "Certe volte è molto più facile parlare con uno sconosciuto che con qualcuno che conosci molto bene. Raccontarmi quello che ti sta succedendo, come stai affrontando questa cosa, potrebbe aiutarti a rimettere tutto in ordine."

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